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RASSEGNA STAMPA
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Michele Trotter Pietro Luzzati
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L'occupazione
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Vivere in Palestina
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pp. 65
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€ 12,00
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isbn 978-88-95366-07-4
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a cura del Comitato di solidarietà con il popolo palestinese - Torino e della Rete ECO (Ebrei contro l'occupazione
Il libro
È stato difficile scegliere fra le diverse centinaia di foto, perché ognuna di esse denuncia un aspetto della vita dei palestinesi sotto l’occupazione israeliana, ma nessuna mostra bambini ammazzati o sangue versato: non per questo sono meno vere o meno dure; anzi, sono forse ancora più significative. Da questo punto di vista, l'intenzione dei due fotrografi è proprio quella di restituire l'immagine di una vita semplice, che scorre nella sua quotidianità sotto un’occupazione che non dà tregua.
Quasi tutte le immagini sono state scattate a Hebron. "L'antichissima città dei Patriarchi" potrebbe essere una città prospera, invece è costretta a portare sulle spalle il peso della colonizzazione avvenuta nel cuore del suo centro storico. La sua casbah, un tempo tra le più affascinanti del Medio Oriente, oggi è deserta, spettrale. I negozi sono chiusi, nelle viuzze strette non si incontra nessuno, in molti punti regna un silenzio totale e irreale" [dall'introduzione].
Si tratta insomma di un libro di denuncia che resiste alla seduzione della violenza, inquadrando piuttosto la bellezza e la dignità disegnate sui volti da una resistenza quotidiana ed esplicita.
Gli autori
Michele Trotter (33 anni, fotografo trentino) e Pietro Luzzati (30 anni, videomaker torinese) si incontrano nel settembre 2006 nella città palestinese di Hebron, all’interno di un progetto di cooperazione internazionale denominato MedHebron (http://www.medhebron.net). Da questo doppio incontro, fra di loro e con la realtà palestinese dei Territori Occupati, nasce questo libro, per non dimenticare e per cercare di dare voce a quanto nascosto dalla cronaca di tutti i giorni.
I curatori
Il Comitato di Solidarietà con il Popolo Palestinese (www.palestinalibera.it) e la Rete ECO (Ebrei Contro l’Occupazione - www.rete-eco.it), che da tempo collaborano, hanno proposto il progetto che questo libro aiuterà a realizzare: dotare di un ambulatorio permanente per le mamme e la prima infanzia il villaggio palestinese di Marda, assediato e occupato.
Prefazione
di Tommaso di Francesco e Michele Giorgio
"I miei documenti sono a posto: in ogni tasca un certificato. Perché non mi si rilascia dunque un lasciapassare? Di cosa costui si va informando su di me; chi poi lo dovrebbe informare? Di cosa mi si accusa, che io mi possa discolpare".
Questi versi il poeta Tawfiq Sayegh li mise su carta tanti anni fa, per descrivere la condizione dei palestinesi costretti all'esilio, ad abbandonare, molto spesso con le armi puntate contro, le loro case e villaggi, dopo la nascita dello Stato di Israele. Eppure sono terribilmente attuali. Il popolo palestinese di cui Sayegh, come pochi, ha narrato il dolore, vive ancora disperso per il mondo, relegato in campi profughi, prigioniero nella sua terra, confinato nelle sue città, schiacciato dall'ombra del "muro di separazione" che Israele sta completando in Cisgiordania.
L'ampiezza del dramma palestinese si coglie attraversando il territorio cisgiordano da nord a sud, passando per i posti di blocco, alcune centinaia, allestiti dalle forze di occupazione. "Ragioni di sicurezza", "controlli anti-terrorismo", spiegano i leader politici e militari di Israele, raccogliendo la comprensione di governi e capi di stato stranieri pronti a dimenticare che da quaranta anni i palestinesi vivono sotto il tallone dell'occupante e che invano continuano a chiedere uno Stato sovrano dove poter vivere finalmente liberi, dove poter sognare una vita vera. L'ansia di un vivere quotidiano sempre più difficile, penoso, si legge sui volti stanchi delle donne e degli uomini che silenziosi attendono, più volte in una giornata, il loro turno ai check-point; si coglie tra i bambini dei villaggi lungo il muro che al mattino per andare a scuola, aspettano sotto il sole dell'estate e la pioggia dell'inverno che i soldati israeliani aprano i cancelli delle recinzioni; si intravede in quelle ombre di persone timorose persino di affacciarsi, che rapide appaiono e scompaiono sui vetri delle finestre in Via Shuhada nella zona H2 di Hebron, controllata dalle forze militari israeliane, dove un manipolo di coloni ebrei, giunti in molti casi dall'altra parte dell'Oceano Atlantico reclamando "diritti millenari", tiene in pugno una intera città. Hebron, l'antichissima città dei Patriarchi, nota a tutti i palestinesi per i suoi bravi commercianti e artigiani ed i suoi imprenditori intraprendenti, potrebbe essere una città prospera, invece è costretta a portare sulle spalle il peso della colonizzazione avvenuta nel cuore del suo centro storico. La sua casbah, un tempo tra le più affascinanti del Medio Oriente, oggi è deserta, spettrale. I negozi sono chiusi, nelle viuzze strette non si incontra nessuno, in molti punti regna un silenzio totale e irreale. Molte migliaia di palestinesi hanno scelto di abbandonarla pur di sottrarsi alle violenze dei coloni che, approfittando della compiacenza dei soldati, pianificano e realizzano occupazioni di case arabe mostrando documenti dalla dubbia autenticità. È una vita impossibile, una esistenza vissuta con paura e tensione.
"Ah, se io avessi un domani, se ci fosse anche per te un domani, questo sabato di tenebra non sarebbe uguale ogni settimana", ha scritto ancora Tawfiq Sayegh. Parole che sono scolpite nel cuore di ogni palestinese.
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