Descrizione
Barbara Lanati
The Village Generation
Arte e dissenso nel Modernismo americano. Greenwich Village, Provincetown e Taos
The Village Generation è un viaggio nel tempo, all’inizio del secolo scorso, alla (ri)scoperta di alcune figure chiave dei movimenti artistici, letterari e sociali che diedero forma al Modernismo e a nuove espressioni artistiche negli Stati Uniti. Il libro ripercorre le storie di una generazione di giovani donne e uomini, artisti e scrittori, pensatori e innovatori nati negli ultimi decenni dell’Ottocento che, dal cuore pulsante di New York, contribuì ai cambiamenti culturali e sociali dell’America di inizio Novecento. Un racconto di vite individuali che si sono intrecciate, nei salotti e nei bar, nei teatri e nelle piazze, negli atelier e nelle gallerie d’arte, muovendosi insieme oltre il confine delle convenzioni, oltre la cultura mainstream, per le strade di New York, sulle spiagge di Provincetown, nelle colonie di artisti, fino al deserto di Taos nel New Mexico. È la “Village Generation” che scelse di esprimere la propria creatività attraverso la partecipazione, schierandosi dalla parte delle minoranze, per difendere la libertà (di espressione, di parola e anche sessuale) e i diritti civili. Giovani, precursori dei movimenti di protesta, ambientalisti, pacifisti, promotori della parità di genere e del femminismo, ma anche pionieri del giornalismo di inchiesta, di nuove forme d’arte, della pubblicità e degli happening teatrali.
Questo percorso narrativo di Barbara Lanati vuole stimolare la memoria degli appassionati di letteratura angloamericana rivolgendosi soprattutto ai lettori più giovani, a coloro che si avvicinano alla letteratura degli Stati Uniti e alle arti figurative in questo nuovo millennio, per rivivere insieme “la magia dei luoghi” attraversati da quella prima generazione di “Rebels with a cause” per scoprire come molte delle loro battaglie siano ancora attuali e ricche di spunti.
Barbara Lanati è professore emerito di Letteratura Anglo-americana all’Università di Torino. Ha pubblicato presso Einaudi, Feltrinelli e Tallone Editore. Tra i suoi lavori più importanti, la raccolta di poesie di Emily Dickinson, Silenzi (1986) e Il Diario di Eva di Mark Twain (1983). Ha curato Le Lettere di Edgar Allan Poe (2017) e le Lettere di Emily Dickinson (1982). Vita di Emily Dickinson, uscito nel 1998, è stato finalista al Premio Commisso (2000).
UN ASSAGGIO
Indice
9 Ringraziamenti
11 Parte prima
Incipit, 13; New York, New York: nel cuore del Village, 15; Le voci del Village, 18; Alfred Stieglitz, 28; New York-Paris solo andata: Rue de Fleurus, 33; Paris-New York: 291 Fifth Avenue, 41; L’Armory Show, 44; Il Paterson Strike Pageant, 53; John Jack Reed, 57; Emma “la rossa” Goldman, 67; La stravagante Mabel Dodge, 76; The way they were, 87; Rebels with a cause, 91; P.Town e i Provincetown Players, 98; Mary Heaton Vorse O’Brien, 103; Eugene O’Neill, 108; Susan Glaspell, 111
117 Parte seconda
Alla volta di Taos, New Mexico, 119; Taos and its Artists, 123; Nel cuore del deserto, 126; David Herbert Lawrence, 131; Georgia O’Keeffe. La memoria del deserto, 139; Aldous Huxley. L’arte dello sguardo, 153; La Luce di Taos, 157
173 Postfazione. La magia dei luoghi
Appendice
Personaggi e interpreti, 179; Alcuni degli scioperi con maggiore risonanza a livello nazionale, 238; Poesie di William Carlos Williams, 239
Incipit
Iniziò tutto nelle grandi capitali europee, Londra, Parigi, Berlino e Zurigo, là dove era nata l’urgenza di mettere in discussione l’ordine composto e composito di un mondo saldamente attestato sulla roccaforte dell’etica vittoriana e dell’economia capitalista, nei cui confronti il circuito culturale della sperimentazione avanzava guerrigliero. Lotta impari, che l’artista “moderno” americano – quello preso in considerazione in questo studio – si ritrovò a combattere in un paese che andava accelerando nella Progressive Era. Ormai conquistati gli spazi di frontiera del Selvaggio West, il processo di industrializzazione e urbanizzazione di quello che gli europei consideravano il “Nuovo Mondo” era in piena ascesa e apriva (selettivamente) le porte a milioni di immigrati che fuggivano da povertà e persecuzioni.
Lotta che una nuova generazione di scrittori, artisti e intellettuali si ritrovò a condurre a New York, lungo le strade del Village, sulle spiagge dell’Atlantico, a Provincetown, e in seguito a Taos, nel deserto del New Mexico, con “piccole armi”, ritagliando spazi di solitarie comunità, le cui idee, come si vedrà, circolavano, spesso attraverso l’autofinanziamento, grazie a case editrici indipendenti, riviste e gallerie, piccoli teatri o atelier, ricavati nelle abitazioni o in luoghi dismessi. Il pubblico, lo stesso gruppo, una cerchia di amici, compagni, collaboratori, intellettuali militanti: una sorta di famiglia allargata.
Un filo sottile legava le vite di chi si batteva perché al “moderno” si facesse strada mentre i contatti sotterranei si andavano organizzando tra gruppi, da una parte e dall’altra dell’Atlantico. Due mondi lontani, accorpati dalla politica e dall’economia in un unico grande spazio di cui la Prima guerra mondiale avrebbe rinsaldato i destini.
La nuova sperimentazione correva sottotraccia, passava attraverso incontri all’apparenza casuali che sarebbero diventati seminali, non solo per le esistenze di chi ne fu protagonista, ma soprattutto per la storia e la cultura del Novecento che si stava spalancando ai drammi e alle guerre che lo avrebbero segnato. Quei primi decenni, lontani nel tempo, ma ancora straordinariamente attuali, erano abitati da figure che, a distanza di un secolo, vale la pena ricordare e guardare più da vicino. Per il loro attivismo, per l’ostinazione con cui inseguirono i loro sogni, si avvicinarono gli uni agli altri, relegando al passato l’idea che l’esistenza individuale potesse prescindere da quella della collettività, schierandosi su posizioni (allora più che mai) rivoluzionarie, anticonformiste, contro l’establishment, contro la guerra, contro le diseguaglianze e le discriminazioni, inseguendo con tenacia sogni forse smisurati, ma necessari.