Descrizione
Pier Paolo Frassinelli
Sovvertire i confini
Traduzioni e media: lo sguardo dal sud del mondo
Questo libro rivisita i concetti di confine e traduzione per esplorare la possibilità di creare e immaginare forme di collettività fondate sulla differenza e forgiate nella lotta contro regimi, dispositivi e istituzioni di confinamento. I confini recingono lo spazio sociale e geopolitico e dividono le persone che vi dimorano. La traduzione crea un ponte tra persone separate dalla differenza linguistica. Questa separazione può corrispondere a un confine territoriale o a un confine linguistico che divide le persone che si trovano in uno stesso luogo. Quando traduciamo, presupponiamo che le lingue coinvolte e coloro che le parlano costituiscano entità separate ed esterne l’una all’altra, da cui la necessità della traduzione. E se invece decostruissimo le norme che definiscono tali confini? Cosa dire delle collettività che attraversano e sono attraversate dalle loro linee di demarcazione? Sono possibili altre concezioni e rappresentazioni della traduzione? E se sì, che differenza fanno?
I confini non corrispondono soltanto alle linee di demarcazione dei territori degli Stati sovrani. Sono dislocati su una molteplicità di frontiere e criteri di discriminazione. I confini che inscrivono lo spazio sociale non sono necessariamente fisici o visibili: sono luoghi di regolamentazione, controllo e conflitto non solo del movimento delle persone, ma anche di diverse modalità di inclusione ed esclusione. Queste linee di confine possono essere tracciate in modi differenti, a seconda dei discorsi e dei progetti sociali, politici e culturali a cui sono asservite. Inoltre, l’esperienza che se ne fa è diversa a seconda della posizione che viene assegnata o che si assume in termini di nazionalità, etnia, classe, genere, razza e altre divisioni e segni della nostra identità sociale.
Pier Paolo Frassinelli (1968-2021) è stato professore di Communication and Media Studies all’Università di Johannesburg e visiting professor al Johannesburg Institute for Advanced Studies. Da ultimo, aveva una fellowship al Stellenbosch Institute for Advanced Studies per lavorare a un progetto dal titolo in progress di “African Cinemas: Spaces, Technologies, Audiences and Genres”. Tra i suoi lavori, la cura (con Ronit Frenkel e David Watson) di Traversing Transnationalism: The Horizons of Literary and Cultural Studies (Brill, 2011).
UN ASSAGGIO
Indice
7 Ringraziamenti
9 Nota sulle traduzioni
11 Prefazione all’edizione italiana
19 Capitolo primo. Lo sguardo dal sud
Sud e nord; Confini; Politiche della traduzione; Multimedialità e convergenza dei media
51 Capitolo secondo. Verso sud
In teoria; Viva Riva! e District 9
72 Capitolo terzo. Temporalità intersecanti, (in)traducibilità culturale e l’estetica del cinema africano
Temporalità intersecanti; Scene di traduzione; (In)traducibilità culturale
90 Capitolo quarto. Vivere in traduzione
Letteratura, convergenza mediale e migrazione; Confinare la letteratura; Passare il confine; Vivere in traduzione
112 Capitolo quinto. Reinquadrare l’arcobaleno
I confini dell’arcobaleno; Nazionalismo, cittadinanza e xenofobia; Benvenuti a Hillbrow; Man on Ground; Per una politica dell’immaginazione
147 Capitolo sesto. Segni dei tempi
Marikana; L’uomo con la coperta verde; La creazione dell’uomo con la coperta verde; Da Marikana a #RhodesMustFall; Sud-nord: uno sguardo alternativo
167 Bibliografia e filmografia
Prefazione all’edizione italiana
Questo libro, che sono felice di offrire alle lettrici e ai lettori italiani, è stato scritto nell’era a.C. (avanti Covid). I temi e i concetti di cui tratta, a partire da quello di confine, andrebbero per molti versi rivisitati alla luce degli sconvolgimenti portati dalla pandemia. Dopotutto, di fronte alla diffusione di un virus che ha assunto immediatamente una dimensione globale la risposta è stata perlopiù a livello nazionale o addirittura locale: confini nazionali, regionali e locali sono stati irrigiditi e rafforzati allo scopo di limitare i contagi – confini volti a ostacolare o bloccare gli spostamenti non solo tra nazioni ma anche tra regioni e città; distanziamento fisico e sociale; poi quello che è stato chiamato il nazionalismo dei vaccini, e con esso le divisioni nord-sud, per cui nel momento in cui scrivo si prevede che nel continente africano i vaccini saranno largamente disponibili solo a partire dal 2022. Sono queste alcune delle risposte di governi, stati e autorità alla pandemia che ci rimandano ai temi di Sovvertire i confini.
Sono i migranti, donne e uomini che vivono vite spesso precarie e in movimento – per molti versi i protagonisti di questo libro –, a pagare i costi più alti per la chiusura dei confini. Non solo. L’inasprimento delle stratificazioni sociali causate dalla crisi economica prodotta dalla risposta alla pandemia ci rimanda a questioni che nelle pagine che seguono si legano anch’esse al tema della proliferazione di confini, barriere e divisioni nell’ordine mondiale neoliberale. E lo stesso vale per il ruolo sempre più centrale assunto nelle vite di molti di noi dai media digitali nell’era della pandemia – quando la distanza fisica ha imposto che si affidino a questi strumenti gran parte delle attività comunicative con il mondo esterno alle nostre abitazioni –, accentuando così non solo i divari digitali preesistenti ma anche la percezione dei limiti affettivi e relazionali della socialità mediata dalla rete.
Non posso certo affrontare questi temi in una breve prefazione, né ho ritenuto opportuno riscrivere il testo. Ho solo voluto segnalare, in modo breve e stenografico, alcuni dei mutamenti sopravvenuti dalla sua prima stesura in lingua inglese. Sottolineo, però, che per quanto radicale sia stata la cesura segnata dal virus sarebbe scorretto designare il 2020 come l’anno zero. Come indicano le questioni che ho appena elencato, la diffusione del Covid-19 ha intensificato divisioni e conflitti sociali e geopolitici che precedono il suo arrivo. Detto questo, è altresì indubbio che la pandemia e la sua gestione abbiano portato mutamenti profondi, specialmente rispetto alla mobilità e ai limiti che a essa sono posti, e più in generale rispetto alla nostra vita sociale e affettiva. Il testo che segue può così essere letto come una discussione e analisi di temi e questioni che precedono l’arrivo del Coronavirus ma sono direttamente legati a come il nostro mondo politicamente diviso e socialmente striato lo ha affrontato. Spero così che il mio intervento possa aiutare a leggere in controluce, da un punto di osservazione situato a sud del continente africano, alcuni aspetti della storia del nostro presente.
Lo sguardo che Sovvertire i confini proietta verso il mondo è uno sguardo da Johannesburg, la metropoli in cui vivo, lavoro, penso e scrivo da oltre quindici anni. Ma è anche un punto di vista mobile, in transito. Mi sono trasferito in Sudafrica nel 2003 e specialmente negli ultimi anni sono spesso venuto per brevi periodi in Italia. Questi soggiorni sono stati molto importanti per ripensare il concetto e la pratica della traduzione a partire da esperienze concrete. In questo contesto, ho imparato molto dagli scritti di Naoki Sakai, in modo particolare dalla sua teorizzazione dell’indirizzo eterolinguale, che designa un regime di traduzione che si smarca dall’idea di traduzione come transfer di significati tra due comunità etnolinguistiche omogenee. L’indirizzo eterolinguale postula un regime di traduzione nel quale ci rivolgiamo gli uni alle altre come parte di comunità linguistiche eterogenee e non aggregate. Ho fatto mia questa teorizzazione per interrogare criticamente l’assunto della normalità e della possibilità stessa di una comunicazione trasparente. Credo che, qualunque valore vi sia in questo libro, questo dipenda dalla mia posizione in transito di traduttore che mette in comunicazione luoghi e interlocutori diversi, con la consapevolezza di non appartenere completamente a nessuna delle comunità con cui mi metto in relazione.