Riflessi di Guerra

 18.00

Giacomo Traina

pp. 190
Anno 2024 (novembre)
ISBN 9788869483004

Ordina
Collana: . Tag: , , , . Product ID: 3902

Descrizione

Giacomo Traina
Riflessi di guerra
Storia e antirealismo nella narrativa di Viet Thanh Nguyen

Viet Thanh Nguyen, nato in Vietnam nel 1971 ed emigrato in California con la famiglia dopo la caduta di Saigon, è noto al pubblico italiano soprattutto per The Sympathizer (Il simpatizzante), da cui è stata tratta di recente una miniserie HBO. Storia, guerra e memoria sono il perno attorno cui ruota la sua opera. Per darne una lettura critica, è quindi imprescindibile prendere in esame il contesto storico-culturale da cui essa trae le mosse. È la direzione seguita da Giacomo Traina in Riflessi di guerra, il primo saggio italiano sulla narrativa di Nguyen.
Il libro legge l’opera dell’autore californiano alla luce della storia del Vietnam e della diaspora dei vietnamiti d’America. Riflessi di guerra dimostra come quello di Nguyen sia un antistoricismo consapevole, in cui il passato diviene una lente per osservare la contemporaneità. La sua è una vera e propria poetica dell’inautentico, resa da soluzioni testuali d’avanguardia, che vanta illustri antecedenti nel canone americano sul conflitto. La storia del Vietnam diviene così un gioco di rimandi sotterranei, nel quale vittime e carnefici si passano a vicenda il testimone, la violenza diventa indistinguibile dalle sue rappresentazioni e le guerre di oggi si trasformano nel riflesso distorto di quelle di ieri.

Giacomo Traina ha conseguito un dottorato in Letterature, lingua e traduzione inglese presso Sapienza Università di Roma e l’Università della Silesia di Katowice (Polonia) nel 2023. Nel 2019 ha ricevuto il Premio Agostino Lombardo dall’Associazione Italiana di Studi Nord-Americani, e nel 2022 il Premio Emory Elliott dalla International American Studies Association. Ha pubblicato articoli su “Ácoma. Rivista Internazionale di Studi Nordamericani”, “Leviathan: A Journal of Melville Studies” e “RIAS-Review of International American Studies”.

RASSEGNA STAMPA

“il manifesto” – 4 gennaio 2025

In Vietnam, tra rimandi duplici e sotterranei
SCAFFALE «Riflessi di guerra», per Ombre Corte il volume di Giacomo Traina sull’opera di Viet Thanh Nguyen
di Umberto Rossi

«Vietnam, Vietnam, Vietnam, siamo stati tutti lì»: così si chiude Dispacci, di Michael Herr, canonico reportage-memoriale che ispirò una pietra miliare del cinema americano, Apocalypse Now. Bisogna dare ragione a Herr: il Vietnam lo ha vissuto direttamente o indirettamente chi è nato prima del 1975, quando cadde Saigon e parve finire il massacro, ma anche chi allora non era ancora venuto al mondo, proprio grazie alla profusione di pellicole (prevalentemente statunitensi) che hanno immortalato l’offensiva del Tet, Khe Sanh, l’eccidio di My Lai, e gli altri luoghi geografici e mentali legati a quella guerra nient’affatto fredda. Ma oltre a Hollywood, a rievocare quel tratto di storia bruciato dal napalm sono stati anche artisti vietnamiti, come ad esempio Thi Bui con il suo memoriale a fumetti Il nostro meglio; ha iniziato così a incrinarsi quell’immagine manichea della guerra del Vietnam ereditata dagli anni Sessanta e Settanta, per cui a seconda dello schieramento si potevano osannare come eroi i vietcong o i marines.

INFINE È ARRIVATO Viet Thanh Nguyen, che con il dittico di romanzi Il simpatizzante (2015) e Il militante (2021), la raccolta di racconti I rifugiati (2017) e il memoriale Io sono l’uomo con due facce (2023), cui va aggiunto l’imponente saggio Niente muore mai (2016), ha definitivamente messo in crisi i semplicistici paradigmi con i quali eravamo abituati a pensare la guerra del Vietnam e ciò che ne è scaturito.
Proprio sull’opera di Nguyen si concentra Riflessi di guerra: Storia e antirealismo nella narrativa di Viet Thanh Nguyen di Giacomo Traina (Ombre Corte, pp. 190, euro 18,00), un saggio di notevole chiarezza espositiva e ricchezza di documentazione. L’autore ricostruisce nella prima parte le vicende del Vietnam dall’inizio del XX secolo, attingendo ampiamente a materiali pressoché inediti in Italia, nella convinzione che «l’idea italiana del “popolo vietnamita” è in larga parte il frutto delle memorie “industriali” mediate da Hollywood, delle reminiscenze dei movimenti pacifisti degli anni Sessanta-Settanta, o al limite dei souvenir e delle foto scattate durante una vacanza». Si parte dai movimenti indipendentisti che dai primi del Novecento tentarono di scalzare la dominazione coloniale francese, risalendo alla Seconda guerra mondiale, alla disfatta dei francesi, all’intervento americano, tenendo fermo il concetto chiave di guerra «dei» Vietnam, per decostruire il concetto ormai insostenibile della lotta del popolo vietnamita monoliticamente unito contro la dominazione straniera. La guerra fu vissuta in modo diverso al sud e al nord, fu condotta diversamente dai vietcong e dall’esercito del Vietnam del Nord; soprattutto non si chiuse con la caduta della città allora chiamata Saigon, e non ci fu alcun lieto fine perché, dopo la vittoria del Nord, si ebbe un’autentica fuga di massa da un paese devastato e impoverito, col sud «punito» dal governo del Nord ora diventato nazionale. Tutto questo lo ritroviamo nei romanzi di Nguyen, che Traina riconnette al contesto storico, mostrando come dettagli apparentemente marginali e nati dall’immaginazione dell’autore rispecchino in realtà, mutato nomine, eventi ben precisi.

LA SCRITTURA DI NGUYEN, in realtà, costruisce la sua narrazione con un mosaico di fatti e finzione, e tiene sempre fede alla sua prospettiva di membro di una famiglia del nord Vietnam costretta a emigrare al sud, e poi fuggita negli Stati Uniti; quella di un ex-cittadino di una nazione abolita; quella di un uomo, come recita il suo memoriale, dalle due facce, contemporaneamente americano e vietnamita, romanziere e saggista accademico. La duplicità diventa così l’asse portante del Simpatizzante e del Militante; opere al confine tra saggistica e narrativa; ed è illuminante l’interpretazione del dittico romanzesco di Nguyen come appropriazione dei kiem diem, i memoriali che i detenuti dei campi di rieducazione del Vietnam riunificato erano costretti a scrivere e riscrivere finché il racconto della loro vita non esprimeva i valori della società riformata, tesa al «luminoso futuro socialista».

UN ASSAGGIO

Indice

7 Prefazione

13 Capitolo primo. Il presente come terra straniera. La guerra e l’America vietnamita

1. Tra mito e storia; 2. La Guerra “dei” Vietnam; 3. La guerra dopo la guerra; 4. La letteratura dell’America vietnamita; 5. Viet Thanh Nguyen

83 capitolo secondo. L’incubo della storia. The Sympathizer

1. Il romanzo; 2. Le fonti; 3. Un thriller allegorico; 4. Strategie dell’impossibile; 5. Uomini di carta; 6. Teatri perversi; 7. La crociata dei folli. War Years; 8. Fantasie di vendetta; 9. The Green Berets, regia di Francis Ford Coppola?; 10. Apocalypse Now, regia di John Milius?

171 Bibliografia e filmografia
187 Indice dei nomi


 

Prefazione

Questo lavoro è diviso in due sezioni. La prima parte, dal taglio prevalentemente storico, riassume gli eventi di quella che è comunemente detta la “Guerra del Vietnam”: la parentesi, durata circa vent’anni, di una lunga serie di conflitti armati, combattuti tra fazioni politiche avverse con l’appoggio di attori internazionali in un arco di tempo che va dalla tarda epoca coloniale fino al tramonto della Guerra fredda, e che vede, tra gli altri, gli Stati Uniti d’America scendere in campo a fianco della Repubblica del Vietnam (Vietnam del Sud) contro le forze della Repubblica democratica del Vietnam (Vietnam del Nord) e dei suoi alleati del Fronte nazionale di liberazione (FNL). Rifacendosi a un corpus di studi storiografici ancora poco noti nel nostro paese, questa parte del mio lavoro offre al lettore italiano una ricognizione delle nuove prospettive “Vietnam-centriche”, emerse in anni recenti, che hanno iniziato a (ri)leggere l’eredità della guerra in Vietnam sotto altri punti di vista; in particolare, quello della diaspora dei vietnamiti d’America, nata dalle ceneri del Vietnam del Sud, la cui storia politica è stata a lungo trascurata dagli specialisti. La prima parte del libro intende quindi tracciare un quadro esaustivo di quella che, rifacendosi alle tesi dello storico Christopher Goscha, sarebbe forse più opportuno definire la Guerra “dei” Vietnam, intesa non come un episodio della storia degli Stati Uniti, ma come una lotta fratricida, dal carattere regionale, portata avanti per affermare un’idea della nazione su diverse altre; nonché di quella che chiameremo la “guerra dopo la guerra”, la guerra combattuta di nuovo, nella memoria, a cavallo tra l’arte e i retaggi condivisi delle varie comunità coinvolte.
La scelta di dedicare un’intera sezione di una monografia letteraria a un’analisi di impronta storico-culturale è sorretta da una doppia motivazione. In primo luogo, al netto di pochi e selezionati studi specialistici, il materiale da cui attingo è pressoché inedito in Italia; se vicende come quella del Movimento di Restaurazione della Patria o il dramma dei campi di rieducazione risultano oscure anche per la media dei lettori anglofoni, la storia della diaspora vietnamita americana è nota al pubblico italiano principalmente tramite testi letterari. Per varie ragioni, l’Italia (a differenza di altri paesi europei) non è stata oggetto di un flusso rilevante di esuli sudvietnamiti all’indomani della caduta di Saigon: la comunità dei vietnamiti d’Italia, per quanto ricca di storie e vissuti personali che meriterebbero maggiore attenzione accademica, ammonta a poche migliaia di individui, a fronte di una diaspora che ne conta milioni. Non è scorretto pertanto affermare che, anche in virtù del ruolo estremamente marginale ricoperto dal nostro paese durante la guerra, l’idea italiana del “popolo vietnamita” è in larga parte il frutto delle memorie “industriali” mediate da Hollywood, delle reminiscenze dei movimenti pacifisti degli anni Sessanta-Settanta, o al limite dei souvenir e delle foto scattate durante una vacanza. Se la storia delle guerre del Vietnam, in Italia, è stata recepita in gran parte per mezzo di opere di finzione (letteraria, ma soprattutto cinematografica), e se quella della diaspora è legata essenzialmente a pochi romanzi tradotti negli ultimi anni, è mia opinione che sia quantomeno utile tentare l’approccio opposto; usare, cioè, la storia per comprendere la fiction. Da qui la necessità di ricostruire il Novecento vietnamita in chiave transnazionale, ponendo l’accento sul ruolo e sulla agency degli attori politici locali, in modo da fornire al lettore una chiave interpretativa più approfondita delle opere che lo raccontano. Partendo dalla storia delle Little Saigon d’America, le enclave fondate negli Stati Uniti dagli esuli in fuga dal Vietnam riunificato, questa sezione del libro si propone quindi di offrire uno spaccato della cultura e della letteratura della diaspora, smantellando allo stesso tempo alcuni luoghi comuni prevalenti in quelle narrazioni (storiografiche e non) che affrontano il lascito memoriale delle guerre d’Indocina.
I capitoli dal taglio storico-culturale, però, vanno intesi soprattutto come un’ampia introduzione all’opera dello scrittore e accademico americano Viet Thanh Nguyen, l’autore al centro di questo lavoro. Storia, guerra e memoria costituiscono infatti il perno attorno a cui ruotano i suoi scritti e il suo pensiero. La seconda parte del libro, articolata intorno alla produzione letteraria di Nguyen, rielabora con sostanziali integrazioni ampi stralci della tesi di dottorato in Letterature, lingua e traduzione inglese che ho discusso presso Sapienza Università di Roma, in co-tutela con l’Università della Silesia di Katowice, nel 2023. L’argomentazione centrale è che dagli scritti dell’autore, in particolare il romanzo d’esordio The Sympathizer (2015), i racconti della raccolta The Refugees (2017) e il saggio-manifesto Nothing Ever Dies (2016), traspaia una visione ciclica dei processi storici, che mette al suo centro l’idea dell’America come un disegno imperiale di cui le rappresentazioni culturali non sono che la prosecuzione logica. Il corpus di Nguyen, sostiene questo studio, non è fondato tanto su una disamina politica della guerra, quanto della “guerra dopo la guerra”, i sedimenti memoriali del conflitto in Vietnam a cavallo tra arte e memoria pubblica. L’attenzione alle storie sommerse, alle connessioni latenti tra memoria e potere, ispira in egual misura le opere di fiction e nonfiction dell’autore, che nei suoi scritti dà vita a un progetto ibrido, a cavallo tra teoria e narrativa, in cui i saggi e i romanzi sono gli uni il complemento degli altri. […]