Descrizione
Silvia Federici
Reincantare il mondo. Femminismo e politica dei «commons»
Traduzione, prefazione e cura di Anna Curcio
Il volume raccoglie i contributi di oltre vent’anni di riflessione e impegno militante che Silvia Federici ha dedicato ai temi dell’accumulazione capitalista, del lavoro riproduttivo e delle lotte per i commons. Dagli anni della militanza in “Midnight Notes” e delle battaglie contro la globalizzazione fino al suo più recente impegno nel movimento Ni Una Menos, passando per l’esperienza di Occupy e delle insorgenze arabe, un filo rosso unisce i saggi qui raccolti: la critica ai rapporti sociali capitalistici, esercitata attraverso un continuo corpo a corpo con Marx e il vasto dibattito sui commons, che l’autrice ha il merito di estendere alle attività che riguardano la riproduzione della vita quotidiana e della forza lavoro, ancora prevalentemente svolte dalle donne. Tra Africa, America Latina, Stati Uniti ed Europa i testi offrono un prezioso spaccato sulle sfide politiche del presente, sull’emergere di un nuovo movimento femminista e, più in generale, sulla profondità storica e geografica delle trasformazioni sociali e produttive, a cominciare dalla crisi e dal regime del debito. Il libro si rivela uno strumento prezioso non solo per “comprendere” il mondo, ma anche per “reincantarlo”, ovvero per “reinventare la vita”, imparando a riconoscere una logica diversa da quella dello sviluppo capitalista e costruire società fondate sull’uso comune delle ricchezze naturali e prodotte. “Questo aspetto della politica dei commons – scrive Federici nella sua introduzione – è da anni al centro del mio interesse perché sono convinta che la costruzione di forme più cooperative di riproduzione sia la condizione non solo per una ‘vita degna di essere vissuta’, ma anche per poter resistere all’avanzare dei rapporti capitalistici e creare una società non subordinata alla logica del profitto e del mercato”.
Silvia Federici ha insegnato all’Università di Port Harcourt in Nigeria, ed è stata Professore Associato e poi Ordinario di Filosofia politica e Studi Internazionali al New College dell’Hofstra University (NY). Cofondatrice del Collettivo internazionale femminista e del Comitato per la libertà accademica in Africa, nel 1995 ha cofondato la Radical Philosophy Association, progetto contro la pena di morte. Tra le sue pubblicazioni: Calibano e la strega. Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria (Mimesis, 2015) e per i nostri tipi: Il punto zero della rivoluzione. Lavoro domestico, riproduzione e lotta femminista (2020 sec. ed.).
Rassegna stampa
Commonfare
I commons reincantano il mondo
Serata molto partecipata e intensa quella del 29 maggio scorso, alla Casa delle donne di Milano, in via Marsala 8, in occasione della presentazione del libro di Silvia Federici, Reincantare il mondo. Femminismo e politica dei commons, (Ombre Corte, 2018).
Oltre alla autrice erano presenti la curatrice del volume, Anna Curcio, Elvira Vannini della Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, Silvia Fabrizio per Non Una di Meno Milano e Cristina Morini della rete Effimera e del progetto europeo Commonfare. L’incontro è stato aperto da Anita Sonego, presidente della Casa, che ha esordito dicendo che quello stesso spazio va inteso come territorio comune, reinventato dalla agency collettiva di molte donne e di molti gruppi di donne che lo attraversano, risignificandolo continuamente.
Mentre Elvira Vannini ha ricordato che anche l’arte (l’immaginazione) è un bene comune di cui appropriarsi/riappropriarsi, Anna Curcio ha sottolineato come la questione della accumulazione originaria venga intesa da Federici quale processo che va ben oltre il solo sfruttamento del lavoro salariato, comprendendo l’espropriazione di corpi e ricchezza comune (sociale e della terra), comprese le forme associative di riproduzione.
Cristina Morini, partendo dalla frase “la lotta per i commons è dappertutto intorno a noi”, tratta dal saggio “Femminismo e politica del comune” compreso nel libro, ha fatto l’esempio della ricerca sul campo e della mappatura operata dal progetto europeo Commonfare Pie News, anche attraverso la piattaforma del progetto: nella sempre più impoverita Europa (il 25 per centro della popolazione europea è a rischio di povertà) noi osserviamo una spinta di estrema resistenza della vita che si esprime, pure tra molte difficoltà, nella ricchezza di un tessuto sociale dove esistono decine di realtà di welfare dal basso dalle quali nascono nuove relazioni e nuovi processi di soggettivazione. Nuove forme di vita e di immaginazione.
Silvia ed Elena di Non Una di meno Milano si sono interrogate sulla analisi femminista dell’accumulazione originaria, sulle interpretazioni di Marx indicate da Federici e sul rapporto tra i commons e la storia. Detto che le mappature individuano l’esistenza di una “molteplicità moltitudinaria” di quelle che si potrebbero chiamare “istituzioni del comune”, quando tale potenza si trasforma davvero in potere?
Silvia Federici è intervenuta dopo ciascuno degli interventi e ha risposto a molte domande provenienti dalla affollatissima sala, restituendo il senso del suo lavoro di ricerca militante imperniato sulla critica dei rapporti sociali capitalistici, riportando esperienze di forme cooperative di riproduzione dall’Africa al Sud America, in questo aiutata anche da Emanuela Borzacchiello, ricercatrice e attivista del movimento Ni Una Menos in Messico.
“Nessun comune è possibile finché non rifiutiamo di vederci separati dagli altri. Se la nozione di commoning ha un significato deve essere quello della produzione di noi stessi come soggetti comuni. La comunità deve però essere intesa non come una realtà segregata, un raggruppamento di persone unite da interessi esclusivi o separati dagli altri, come nelle comunità fondare su base religiosa o etnica. “Comunità” deve essere intesa come una qualità dei nostri rapporti, come principio di cooperazione e responsabilità: tra di noi e rispetto alla terra, le foreste, i mari, gli animali” (Reincantare il mondo. Femminismo e politica dei commons, pag. 127). >> anche qui <<
Alla Casa delle donne di Milano mercoledì 29 maggio alle ore 18, Silvia Federici presenta il suo libro “Reincantare il mondo. Femminismo e politica dei commons (ombre corte, 2018). Dialogano con l’autrice: Anna Curcio, curatrice della pubblicazione, Cristina Morini (Commonfare, Effimera), NonUnadiMeno di Milano. Introduce Elvira Vannini (hotpotatoes). Coordina Anita Sonego (copresidente della Casa delle donne)
>>> Qui il video <<<
PER UN’ALTRA CITTA’ – 17 giugno 2018
Reincantare il mondo con Silvia Federici
di Gilberto Pierazzuoli
Se con diversi degli altri testi da noi recensiti abbiamo visto come il capitale si stesse, tra le altre cose, appropriando dei beni comuni, con il lavoro di Silvia Federici vediamo come la loro ri-appropriazione sia non soltanto un atto dovuto di legittima difesa, ma anche una forma di risposta e di lotta. Beni comuni dunque come strategia da mettere in campo per resistere all’avanzare dei rapporti capitalistici in vista di una vita degna di essere vissuta. Scoprire che il mondo è un luogo ormai del disincanto, trovando però, in questo nuova consapevolezza, le forze e le motivazioni per “reincantarlo”.
L’autrice usa il termine anglosassone di commons che la traduzione mantiene in riferimento a un senso più complessivo rispetto a quelli che in italiano vengono denominati “beni comuni”; data questa puntualizzazione useremo qui beni comuni nell’accezione dell’inglese commons.
C’è una discrepanza, una crepa, una frattura tra il sentire della maggioranza delle popolazioni del mondo e le politiche istituzionali, tra interessi di tutti e egemonia del privato, tra terreni comuni (in senso astratto, ma anche concreto) e espropriazioni-appropriazioni tramite enclosures, quelle recinzioni indispensabili all’accumulazione originaria, che così si rinnova riproducendo il sistema. E in questa crepa, dice Federici, come l’erba che cresce tra quelle del cemento urbano, nascono e devono moltiplicarsi le nostre capacità di cooperazione in difesa dei beni comuni, commons che occorre anche rigenerare ri-mettendo in comune ogni riappropriazione e ogni nuova conquista. Ma non è questa una prospettiva da costruire tutta ex novo, perché è in questa direzione che, a partire dagli anni Novanta, si sono sviluppate innumerevoli lotte. E il punto di vista con il quale l’autrice guarda a queste lotte è globale con esempi dall’Africa, dall’Asia e dalle Americhe. > continua a leggere >
Presentazione di “Reincantare il mondo.Femminismo e politica dei commons” – video
Reincantare il mondo. Oggi incontriamo Silvia Federici! – video
il manifesto – 18.05.2018
Al di fuori dei vincoli del capitale
di Paola Rudan
TEMPI PRESENTI. «Reincantare il mondo», un volume di Silvia Federici per ombre corte. A proposito di femminismo e politica dei commons, le pratiche di lotta sono orientate verso il futuro. La prospettiva comunitaria potrebbe essere messa alla prova dell’esperienza di milioni di donne. Il nesso ineludibile e da discutere è tra accumulazione originaria e riproduzione
C’è un rapporto tra il weberiano «disincantamento del mondo» e la violenza contro le donne. L’intensificazione di questa violenza può essere considerata la leva di un processo di riorganizzazione del capitalismo su scala globale, la pratica che fa strada al dominio della tecnica e della razionalizzazione del lavoro che il sociologo tedesco riconosceva come cifra del capitalismo e della sua organizzazione politica nello Stato. La sfida di Reincantare il mondo, di pensare insieme femminismo e politica dei commons muove la riflessione di Silvia Federici nella recente raccolta di saggi curata da Anna Curcio (ombre corte, pp. 220, euro 19). Come già quelli contenuti in Il punto zero della rivoluzione (ombre corte, 2014), i saggi occupano un vasto arco temporale (dal 1990 al 2017), ma devono essere letti guardando alle dinamiche che strutturano l’ordine neoliberale e alla sollevazione globale delle donne che lo sta investendo.
I MATERIALI RACCOLTI nella prima parte del volume rispondono all’esigenza di comprendere i processi costitutivi del presente, cogliendo il nesso tra accumulazione originaria e riproduzione. A Federici non interessa ritornare sul processo storico avvenuto all’alba del capitalismo, ma affermare che quel processo di cui Marx discute nel primo libro del Capitale si riattiva nelle fasi di ristrutturazione capitalistica, manifestandosi non come separazione dei lavoratori dai mezzi di produzione, ma come «attacco concertato ai mezzi di riproduzione più basilari». Questo attacco ha assunto forme diverse su scala planetaria – piani di aggiustamento strutturale, smantellamento del welfare, debito e finanziarizzazione della riproduzione, guerra che tuttavia sono strettamente legate tra loro e determinano una totale interdipendenza economica, minando alla radice l’autosufficienza delle aree sulle quali intervengono. Nel lungo processo di affermazione dell’ordine neoliberale, le nuove recinzioni sono la chiave di volta per comprendere la globalizzazione capitalistica.
Pur assumendo forme diverse e pur manifestandosi su scala planetaria, per Federici questo processo può essere osservato più chiaramente là dove l’uso comunitario della terra resiste alla ristrutturazione capitalistica. Tra il 1991 e il 2001 in Africa – soprattutto in Ghana, Congo, Zambia, Tanzania e Sudafrica – ventimila persone, per la maggior parte donne anziane, sono state uccise come «streghe» affinché la privatizzazione della terra potesse avere luogo. Questa «caccia alle streghe» contemporanea mostra che l’espansione globale del capitalismo richiede di spezzare i legami di solidarietà comunitaria che permettono di sopravvivere al di fuori dei vincoli del capitale.
LE DONNE sono più colpite dalla violenza della globalizzazione perché, con il loro lavoro, sono le prime responsabili della riproduzione della comunità. La violenza contro le donne è «conseguenza e strumento dei rapporti capitalistici». Essa consente di spazzare via l’«idea non commerciale della ricchezza e della sicurezza economica» che si esprime nell’«economia politica di sussistenza». Il capitale fa leva sul patriarcalismo comunitario per fomentare l’insofferenza delle nuove generazioni all’impoverimento che lo stesso capitale impone.
Per appropriarsi privatamente della terra e cederla alle compagnie agrarie e minerarie, i giovani maschi africani diventano la mano armata della nuova caccia alle streghe, eliminando chi ne difende l’uso comunitario. > continua a leggere >
UN ASSAGGIO
Prefazione
di Anna Curcio
Il lavoro teorico-politico di Silvia Federici è molto noto in ambito internazionale, un po’ meno in Italia dove solo negli ultimi anni ha cominciato a circolare con continuità la traduzione di alcuni suoi lavori (si ricordano Il punto zero della rivoluzione del 2014, per ombre corte, e Calibano e la strega del 2015, per Mimesis, nuova edizione di un libro che negli anni Settanta è stato di fondamentale importanza nel dibattito femminista e di movimento). Tuttavia, non servono presentazioni particolari, che peraltro richiederebbero ben altro spazio di approfondimento; il pensiero e la pratica politica di questa pensatrice militante di lungo corso (dagli anni Settanta ad oggi senza soluzione di continuità) sono un riferimento importante per intere generazioni di femministe, anche in Italia. In questa breve nota mi soffermerò su alcuni elementi che, tra molti altri, interrogano il perché di questo libro, ovvero perché il lavoro di Federici si presenta estremamente attuale e utile nel nostro dibattito teorico-politico, mentre assistiamo ad un consistente attacco sul piano delle capacità riproduttive delle donne, fatto di tagli al welfare, violenza di genere e ulteriore mercificazione dei corpi; e, soprattutto, in una fase in cui in Italia come altrove, un movimento di donne articolato sul piano transnazionale sta prendendo forma.
Il lavoro di Federici offre in questo senso spunti preziosi, proponendo una posizione femminista immediatamente materialista, cioè militante e tesa alla trasformazione dei rapporti di potere tra le classi e, al suo interno, tra i generi. Da questa angolazione è particolarmente significativa la sua lettura di Marx, in un continuo corpo a corpo che porta Marx oltre se stesso e forgia proficue chiavi interpretative, dalla inconclusa “accumulazione originaria” fino alla centralità della riproduzione, dalla critica del soggetto astratto universale all’impossibile automazione del lavoro riproduttivo. Non da ultimo, il riferimento al metodo marxiano le permette – come dal titolo di uno dei saggi pubblicati ne Il punto zero della rivoluzione – di riportare il femminismo sui piedi, ovvero nel suo alveo materialista, incarnato nei soggetti e nelle lotte reali. È questo il primo elemento dirimente della centralità e attualità del pensiero di Federici. La sua analisi, cioè, pone radicalmente a critica le spinte emancipazioniste di un femminismo istituzionale tanto ben saldo quanto problematico e consente al contempo di sgomberare il campo, se ancora ce ne fosse bisogno, dai residui identitari e differenzialisti che hanno dominato il dibattito italiano nel corso almeno degli anni Ottanta e Novanta.
L’altro elemento altrettanto centrale del lavoro di Federici riguarda l’oggetto specifico di questo libro: la politica dei commons, o più precisamente la lettura femminista dei commons proposta dall’autrice. Reincantare il mondo è un libro sui commons, che al contempo non esita a confrontarsi con i nodi aperti e i punti di blocco di quel dibattito. Pur muovendosi spesso all’interno del problematico rapporto tra micropolitica e possibilità di rottura, tra anti-modernità e lotta sullo sviluppo, per Federici i commons sono sempre un terreno concreto di produzione di soggettività, nel senso che il fuoco costante della sua riflessione è l’agire delle donne nella costruzione o difesa dei commons. Tale contributo è di straordinaria importanza in un dibattito, mi si lasci dire, ormai un po’ usurato o addirittura abusato, in quanto sempre più spesso attraversato da retoriche e ideologie sganciate dalla materialità delle condizioni di vita, dei conflitti e dei rapporti di forza. Il merito di Federici, al contrario, è proprio quello di evitare retorica e ideologie per proporre un’analisi immediatamente incarnata nella materialità delle lotte e dei processi di soggettivazione. I commons di cui parla non sono mai astratti, ricette intellettuali o strumenti di improbabili statuti giuridici, tutti elementi utili per l’accademia ma non certo per le lotte, che ritornano insistentemente nel dibattito più recente. Per Federici, del resto, i commons non sono una moda passeggera: il suo impegno su questo terreno risale alla fine degli anni Ottanta, come mostrano i saggi raccolti nel volume. E, come lei stessa precisa nell’introduzione, si aggancia immediatamente alla sua esperienza in Africa, mentre i piani di aggiustamento strutturale distruggevano i commons e le lotte, soprattutto delle donne, proponevano importanti ed efficaci momenti di resistenza.