Quando Eva bussa alla porta

 10.00

P. Groppo, E. Cangelosi, E. Siliprandi, Ch. Groppo

pp. 174
Anno 2023 (gennaio)
ISBN 9788869482427

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Descrizione

Paolo Groppo, Elisabetta Cangelosi, Emma Siliprandi, Charlotte Groppo
Quando Eva bussa alla porta. Donne, terre e diritti
Prefazione di Laura Cima

Che le donne siano oggetto di molteplici e persistenti discriminazioni variamente legate a ragioni economiche, politiche, giuridiche e culturali, oltre che di classe, etnia, religione, casta, orientamento sessuale, è un dato di fatto che (quasi) nessuno osa più negare.
Per chi lavora e lotta nel mondo della cooperazione allo sviluppo, la discussione negli ultimi anni si è incentrata su due aspetti: da un lato il rapporto con l’ambiente, dall’altro i diritti delle donne in relazione alla terra.
L’ipotesi che guida il percorso e le riflessioni proposte in questo lavoro è che un maggiore e più ampio riconoscimento dei diritti delle donne alla terra sia assolutamente necessario, ma non sufficiente per una vera e reale uguaglianza sociale. Il punto di svolta, in effetti, non risiede nella questione specifica della terra, ma nella dinamica di potere patriarcale (asimmetrico) tra la sfera pubblica (considerata come essenzialmente maschile) e la sfera privata (dove i compiti riproduttivi e della cura vengono considerati come compiti esclusivamente femminili, senza alcun riconoscimento né sociale né economico). Il patriarcato appare quindi come la forma sociale egemone che organizza il pensiero, la cultura e i rapporti di genere nelle società.
Partendo da un inquadramento storico del tema “donne e diritti alla terra”, il libro esplora una serie di tematiche aperte collocandole in un orizzonte di genere per poi presentare alcune risposte in fase di elaborazione e alcune piste di riflessione e di azione per il presente e il futuro.

Paolo Groppo , Fao(r), ha lavorato per trent’anni alla fao sui temi delle riforme agrarie, sviluppo territoriale, conflitti, diritti fondiari delle popolazioni locali, approcci di genere.
Elisabetta Cangelosi, dottoressa di ricerca in scienze sociali, si occupa di giustizia di genere presso la International Land Coalition e collabora con SciencesPo Paris.
Emma Siliprandi, Fao Agroecology Officer, è professoressa, ricercatrice e attivista sociale specializzata in movimenti sociali rurali, specialmente quelli delle donne.
Charlotte Groppo, esperta di genere e le politiche pubbliche, dirige il programma europeo “Gender mainstreaming in public policies and budgeting” per conto di Expertise France.

RASSEGNA STAMPA

UN ASSAGGIO

Indice

7 Prefazione
di Laura Cima

11 Introduzione

15 Capitolo primo. Inquadramento storico

1. L’età dell’oro delle donne contadine: mito o realtà?; 2. Le antenate di Eva; 3. Una visione critica del quadro normativo internazionale

38 Capitolo secondo. Le grandi questioni aperte

1. “Commons”, una prospettiva di genere; 2. Terra e territorio: donne indigene, diritti collettivi e diritti individuali; 3. Contadine e agricoltura familiare; 4. Donne, terre e ereditarietà

72 Capitolo terzo. Risposte in corso e piste per il futuro

1. Il problema di fondo: il patriarcato; 2. Nuovi soggetti politici emergono da una visione femminista dell’agroecologia; 3. Tra uguaglianza legale e uguaglianza reale c’è, a volte, di mezzo il mare

87 In guisa di conclusione


 

Prefazione
di Laura Cima

Sono grata a Paolo Groppo per avere aperto una importante riflessione storica e politica sull’ecofemminismo nelle comunità contadine e indigene, in cui ha maturato una lunga esperienza, e di avermi permesso di scrivere quanto vicine sento le voci e le proposte di questo libro collettivo, nonostante l’ecofemminismo, che mi ha portata in Parlamento all’epoca di Cernobyl, sia cresciuto dagli anni settanta essenzialmente nell’ambito di grandi città. Ciò significa per me che è maturo il tempo di farlo emergere con forza perché come si legge nel libro “la preistoria è donna” di Patou-Mathis “siamo all’alba di una rivoluzione”, quella ecofemminista. Lo abbiamo scritto un libro di testimonianze collettive dove raccontiamo le radici di quella che abbiamo definito una rivoluzione necessaria. Ovviamente nonviolenta come è stata quella del femminismo nel Novecento, secolo segnato dal sangue di guerre, persecuzioni e rivoluzioni partite dal continente europeo che si era macchiato nei secoli precedenti di un colonialismo dello stesso segno patriarcale.
Oggi la guerra è tornata nel cuore dell’Europa con l’invasione dell’Ucraina da parte di un oligarca e dittatore come Putin che ha ambizioni di imperialismo zarista dopo aver rinnegato il comunismo e dichiarato guerra all’occidente e al sistema di democrazie originato dalle rivoluzioni liberali. La lobby delle armi oggi vince ovunque e sorregge il sistema patriarcale messo in crisi dal suo sviluppo senza freni che ha portato povertà nelle comunità, in primo luogo alle donne che ne fanno parte, e in tutto il mondo, finendo di accumulare tutte le ricchezze nelle mani di pochi uomini che detengono il potere reale nel mondo globalizzato. Un sistema che ha determinato le catastrofi climatiche a cui stiamo assistendo, la siccità mai conosciuta anche nel nostro paese. Responsabile della diffusione di tante nuove malattie e di una pandemia che dura ormai da più di due anni senza che se ne intraveda la fine.
Questo sistema si è retto finora sullo sfruttamento illimitato e la privatizzazione delle risorse naturali e sul lavoro di cura non retribuito delle donne. Quando nella conferenza di Pechino di ventisei anni fa si impegnarono i governi a conteggiarlo nel Pil nessuno riuscì ad attuare questo impegno perché saltava questo modo di calcolare la ricchezza dei paesi e tutti sarebbero andati in deficit se non lo si sostituiva con indicatori che misuravano invece il benessere. Su richiesta del movimento femminista l’Istat ha iniziato a farlo ma governi e parlamento non l’hanno considerato nemmeno nel nostro paese che per primo lo sperimentava. Pensate cosa si scoprirebbe oggi se venisse preso sul serio e se si raccogliessero i dati disaggregati per sesso, come abbiamo da sempre richiesto e mai ottenuto.
Decostruire il sessismo non è sufficiente perchè si rischia il genderwhashing come sta succedendo ai ministri e agli esperti, tutti maschi, a cui Draghi ha affidato la transizione ecologica che si sta rivelando un gigantesco greenwhashing, anche considerato dove finiscono i fondi del Next Generation Eu, mentre i giovani, come le donne, non hanno più riconosciuti diritti fondamentali come a un lavoro e a retribuzioni regolate contrattualmente. Le ecofemministe hanno diritto ad avere responsabilità governative, istituzionali e pubbliche perché ormai il re è nudo e non sa fare altro che esercitare violenza sui loro corpi. Appena può cancella tutto quello che abbiamo ottenuto e noi stesse con le nostre antenate dalla scena pubblica e dalla storia. Occorre che gli uomini, a partire dalle comunità indigene e contadine si ribellino alle leggi e alle consuetudini predatorie del patriarcato e lascino spazio alla grande capacità femminile di curare e riparare le ferite nei corpi e nei territori. Ora siamo ad un bivio che non ci lascia tempo e speranze nel futuro. Lasciamo spazio alle pratiche ecofemministe o le donne smetteranno, come stanno facendo ovunque di fare figli e il malsviluppo patriarcale ci distruggerà. La guerra di Putin, l’Afghanistan, le decisioni della Corte suprema in Usa su aborto e armi, le migrazioni epocali di profughi da guerre e siccità, i femminicidi e gli stupri quotidiani in tutto il mondo, nelle grandi città e nelle comunità contadine, oggi sono visibili e conosciuti attraverso la rete e ci rendono tutte e tutti responsabili.

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