Descrizione
Walter Bruno Renato Toscano
Pantere nere, America bianca
Storia e politica del Black Panther Party
Il Partito delle Pantere nere, celebre per la difesa in armi della comunità afroamericana dalla violenza della polizia e simbolo del lungo Sessantotto, per molto tempo è stato considerato dai media e dalle autorità statunitensi al pari di un gruppo terroristico o criminale. Esso fu invece un’organizzazione dalle numerose sfaccettature, capace di mobilitare attivisti contro i paradossi del sistema capitalista statunitense e di denunciare l’emarginazione delle minoranze. Diviso tra istanze rivoluzionarie e riformiste, il Black Panther Party cambiò ideologia senza soluzione di continuità, adattandosi a scenari politici in continua evoluzione. Fu una realtà politica in grado di dialogare con le organizzazioni della nuova sinistra così come con il movimento per i diritti civili e i nazionalisti neri. Il rapporto tra classe, razza e genere si impose così al centro dell’attivismo dell’organizzazione, in quanto fondamento di una rivoluzione sociale che avrebbe dovuto soddisfare i bisogni più profondi degli emarginati in una nazione tuttora divisa dalla linea del colore.
Pantere nere, America bianca ripercorre la storia e l’ideologia del Black Panther Party a partire dai suoi protagonisti, facendo ricorso a fonti statunitensi e introducendo nella storiografia italiana un nuovo punto di vista sulla sua formazione e dissoluzione.
Bruno Walter Renato Toscano è studente di dottorato in storia contemporanea presso l’Università di Pisa e cultore della materia in “Studi intersezionali di genere” presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere della medesima università. Ha pubblicato articoli scientifici per le riviste “Diacronie. Studi di storia contemporanea”, “Sémata. Ciencias sociais e humanidades” e “JAm it! (Journal of American Studies in Italy)”. Ha condotto ricerche presso numerosi centri di ricerca negli Stati Uniti e in Europa e dal 2018 collabora al programma televisivo “Passato e Presente” (Rai Storia-Rai Tre).
UN ASSAGGIO
Indice
7 Introduzione
25 Ringraziamenti
29 Capitolo primo
In un mondo bianco e ostile. Alle radici delle Pantere Nere (1958-1967)
1. Il nazionalismo Nero da Malcolm X al Black Power; 1.1. Malcolm X e gli altri; 1.2. “Burn baby burn”: nascita del Black Power; 2. Huey P. Newton, Bobby Seale e la radicalizzazione della Bay Area; 2.1. Huey P. Newton e Bobby Seale; 2.2. Frantz Fanon, James Boggs e Soulbook; 3. “Mettere a ferro e fuoco il mondo”. Eldridge Cleaver e la radicalizzazione nelle carceri californiane; 3.1. Eldridge Cleaver e la Nation of Islam a San Quentin; 3.2. Folsom Prison Black: Eldridge Cleaver alla ricerca del soggetto rivoluzionario; 4. La nascita del Black Panther Party for Self-Defense e il Ten Point Program; 4.1. Da Sacramento al Ten Point Program; 4.2. In difesa dell’autodifesa: The Black Panther e la diffusione dell’ideologia delle Pantere Nere
90 Capitolo secondo
Tutti gli uomini e le donne del Partito: da locale a nazionale (1967-1968)
1. Crisi e fratture nel movimento del Black Power; 1.1. Il Rally Free Huey!; 2. Il Partito d’avanguardia e le sfide del ’68: 2.1. Vecchi e nuovi martiri della rivoluzione; 2.2. Il nazionalismo rivoluzionario delle Pantere Nere; 2.3. Educare alla rivoluzione: le Pantere Nere e i campus californiani; 2.4. Le elezioni presidenziali e l’inizio dei servizi comunitari; 3. Governare l’ingovernabile. Il Partito tra espansione e centralizzazione; 3.1. Il Comitato Centrale e l’organizzazione del Partito; 3.2. Controllare la California. La sezione di Los Angeles; 3.3. Fuori dallo Stato. Le sezioni ufficiali del Partito fuori dalla California
146 Capitolo terzo
L’egemonia incerta. Alleanze, genere e internazionalismo (1969-1970)
1. 1969: l’anno della Pantera?; 1.1. “Hunger in the land of plenty”. I servizi comunitari, il welfare state e il capitalismo Nero; 1.2. L’United Front Against Fascism e le alleanze del Partito; 2. Il genere della rivoluzione; 2.1. “We shall have our manhood”. Mascolinità e femminilità nelle Pantere Nere; 2.2. Figli per la rivoluzione: maternità e libertà riproduttiva; 3. Gli internazionalismi delle Pantere Nere; 3.1. Eldridge Cleaver da Cuba all’Algeria; 3.2. Eldridge e gli altri
204 Capitolo quarto
All’ombra del Monte Tai: verso la dissoluzione (1971-1982)
1. La fine delle illusioni; 1.1. Le Pantere Nere tra proletariato e sottoproletariato; 1.2. Dall’intercomunalismo rivoluzionario di Newton alla scissione; 2. Il sogno di una rivoluzione: Eldridge Cleaver, le Pantere di New York e la Black Liberation Army; 2.1. L’ora delle streghe: gli ultimi giorni della sezione internazionale; 2.2. Action is the Vanguard! Le Pantere di New York e la Black Liberation Army; 3. Sopravvivere al Partito; 3.1. Dalla riscoperta del capitalismo Nero alla campagna elettorale del 1972; 3.2. Gli anni della Chairwoman e la fine del Partito delle Pantere Nere
257 Conclusioni
263 Appendice
1 – Programma in dieci punti 1967; 2 – Programma in dieci punti 1972; 3 – Otto punti di comportamento e Regole fondamentali di disciplina; 4 – Regole del Black Panther Party
271 Riferimenti bibliografici
287 Indice dei nomi
Introduzione
We just some products of our environment
How the fuck they gon’ blame us?
You can’t fight fire with fire
I know, but at least we can turn up the flames some
Lil Baby, The Bigger Picture (2020)
Il 25 maggio 2020 a Minneapolis, l’afroamericano George Floyd, segnalato alla polizia dall’esercente del negozio Cups Foods perché sospettato di avere acquistato un pacchetto di sigarette con venti dollari contraffatti, venne bloccato a terra con un ginocchio sul collo dall’agente di polizia Derek Chauvin. Floyd ripeté almeno sedici volte “I can’t breathe” (“Non riesco a respirare”), chiedendo a Chauvin di lasciarlo andare. Dopo oltre nove minuti di pressione dell’agente sul collo, Floyd venne ucciso. In meno di quarantotto ore Minneapolis esplose in una delle rivolte razziali più violente della storia della città, che si diffuse a macchia di leopardo in tutti gli Stati Uniti.
A partire da quel tragico evento a emergere fu la continuità storica dello stato di emarginazione economica degli afroamericani e la brutalità della polizia che coinvolse non soltanto la città di Minneapolis, ma anche città come New York, San Francisco e Louisville. Il clamore suscitato dall’omicidio di Floyd indusse a denunciare numerose violenze precedenti da parte della polizia a danno degli afroamericani tra cui l’omicidio di Breonna Taylor, uccisa il 13 marzo 2020 a Louisville (Kentucky) durante una perquisizione in casa. Il nome di Breonna si unì alla lunga lista di afroamericani uccisi dalla polizia e il “I can’t breathe” pronunciato da Floyd accorciò simbolicamente le distanze tra il 2020 e il 2014, quando a pronunciare quelle parole era stato un altro afroamericano, Eric Garner, soffocato a morte dall’agente del New York City Police Department, Daniel Pantaleo. Nonostante gli afroamericani siano il 13% della popolazione statunitense, essi rappresentano il 24% delle vittime totali per mano della polizia.
Per molti la morte di Floyd e la rivolta di Minneapolis portarono indietro le lancette dell’orologio ben oltre l’anno della morte di Garner e ancora oltre la nascita nel 2013 di Black Lives Matter (blm) successiva all’assoluzione dell’assassino di Trayvon Martin. La violenza della polizia, gli incendi e le vetrine spaccate, unite al linguaggio dell’allora presidente Donald Trump richiamatosi al “law and order” di eredità nixoniana, ebbero come effetto, per alcuni manifestanti e commentatori, di guardare al 2020 come a un ritorno agli anni Sessanta, quando le rivolte razziali raggiunsero il proprio apice guidando l’orientamento di numerosi movimenti politici.
Come nel caso di questo libro, l’omicidio Floyd e quello che ne è conseguito ha reso necessaria una riflessione circa le idee dei movimenti politici che hanno lottato contro la violenza della polizia negli Stati Uniti, dando la possibilità di poter analizzare la profondità storica degli eventi del 2020. Ciò è valso anche per la società civile statunitense, la quale è riuscita a rendere simbolicamente attuale la storia di una delle organizzazioni che più di altre si è impressa nella storia e nell’immaginario politico degli Stati Uniti: il Black Panther Party (bpp). Il bpp fu una organizzazione afroamericana nata nel 1966 a Oakland per opera di Huey P. Newton e Bobby Seale, con lo scopo di difendere la comunità Nera dalla brutalità della polizia. Armati di fucili e codici di legge, le Pantere pattugliarono le strade della città per disincentivare gli agenti a usare violenza verso gli afroamericani, diventando in poco tempo una organizzazione facilmente replicabile in tutti gli Stati Uniti.
In questo senso, diventa chiaro come alcuni attivisti abbiano trovato delle congiunzioni simboliche tra il modello politico del bpp e la sua insistenza per la difesa armata della comunità Nera e la contemporaneità statunitense, in cui una polizia sempre più militarizzata ha ucciso 462 persone tra afroamericani, latini e nativi nel 2020. Ad esempio, il 7 giugno dello stesso anno, durante una manifestazione a Los Angeles organizzata da blm per sostenere la campagna Defund the Police, alcune organizzazioni pianificarono una discussione pubblica accanto alla tomba di Alprentice ‘Bunchy’ Carter, Pantera Nera uccisa nel 1969 da membri della United Slaves (us), una organizzazione nazionalista afroamericana, a causa di attriti fomentati da una lunga operazione di infiltrazione nei movimenti radicali afroamericani dell’fbi. Il parallelismo tra Floyd e Carter non appare qui un caso: a diventare simbolicamente rilevante per i manifestanti era l’immanenza della violenza da parte del braccio armato dello stato a danno degli afroamericani, accorciando le distanze tra gli anni Sessanta e il 2020. Ma non solo. Il Black Panther Party rappresentava quell’organizzazione politica che dalle macerie delle rivolte razziali della metà degli anni Sessanta era stata capace di unire sotto i propri vessilli centinaia e centinaia di afroamericani, bianchi, latini e membri di altre minoranze in tutti gli Stati Uniti, sottolineando come il razzismo negli Stati Uniti andasse di pari passo con le disuguaglianze economiche. Anche le proteste generate dall’omicidio Floyd hanno fatto emergere una partecipazione composita e razzialmente eterogenea in tutti gli Stati Uniti, un “mosaico” come l’ha definito Bruno Cartosio. La conflittualità generatasi a seguito degli eventi del 25 maggio sottolinea chiaramente una dimensione di discriminazione razziale, ma anche di classe. Nell’anno del Covid-19, la pandemia ha colpito maggiormente i lavoratori indispensabili appartenenti a classi di reddito basso, occupate nella maggior parte dei casi dalle minoranze. Non è quindi un caso che il 22% della popolazione nazionale che ha contratto il Covid nel 2020 sia rappresentata da afroamericani e che il 23% di essi sia morta a causa della pandemia. “A ucciderci o è il Covid o la polizia o l’economia”, disse ai giornalisti l’assistente sociale Priscilla Borkor in occasione di una tra le prime proteste per l’omicidio Floyd.