Descrizione
Atanasio Bugliari Goggia
La santa canaglia
Etnografia di militanti politici di banlieue
Prefazione di Emilio Quadrelli
L’immagine terrorizzante delle periferie francesi come ghetti urbani in preda a interminabili guerre intestine è funzionale alle autorità politiche per proporre “soluzioni” come la politique de la ville o il “Piano Marshall per le banlieues”. Le banlieues paiono non avere diritto a un esame minuzioso, oggettivo, meditato sul piano politico e mediatico oltre che, cosa forse più grave, sul versante della ricerca sociale. Eppure, il movimento collettivo politico di banlieue e il suo repertorio d’azione sembrano aver fatto scuola. L’acuirsi della crisi economica ha catapultato al centro della scena in tutta Europa un vasto proletariato giovanile metropolitano di cui nessuno oggi osa negare l’esistenza e la progressiva estensione.
L’autore di questa ricerca “militante”, svolta nelle periferie parigine, analizza le caratteristiche che contraddistinguono il movimento collettivo politico di banlieue oggi. Dall’eredità del passato di rivolta più e meno recente alle prospettive future, ciò che emerge dalle interviste e dagli interventi assembleari a cui il volume dedica un’ampia sezione è un quadro sorprendente che, a dispetto di gran parte delle teorizzazioni sociologiche degli ultimi quarant’anni, ci parla ancora di impegno, solidarietà e lotta di classe. Perché la banlieue è appunto il luogo di concentrazione dei figli della classe operaia, dei proletari e dei sottoproletari: uno spazio che, in una fase di crisi sistemica del capitalismo, diventa l’ultima frontiera del controllo sociale e, simultaneamente, della possibile rivolta sociale, rifugio di un capitalismo in crisi e dei suoi poteri ancillari e avanguardia di nuove schiere di proletari pronte all’azione.
“L’autore, e qui sta il vero ‘segreto’ del libro, compie un’operazione molto semplice: osserva il popolo di banlieue non come l’‘altro’ bensì come uno dei tanti ‘noi’ che popolano le metropoli imperialiste. Un passaggio apparentemente banale ma che, se posto a confronto con le varie narrazioni della e sulla banlieue, assume i tratti di una vera e propria rivoluzione copernicana” (dalla Prefazione di Emilio Quadrelli).
Atanasio Bugliari Goggia si occupa di temi relativi al mutamento sociale metropolitano, con particolare attenzione alle dinamiche di opposizione organizzata e alle tecniche di controllo sociale all’interno dei contesti urbani. Attraverso il metodo etnografico, con l’ausilio dell’osservazione partecipante e delle storie di vita, ha indagato le realtà antagoniste di Torino, Bologna, Parigi e Montpellier. Servendosi della tradizione orale e delle fonti d’archivio e giudiziarie, ha condotto ricerche sulle morti da amianto in Italia e Svizzera e sull’emigrazione italiana in Svizzera. Per i nostri tipi ha pubblicato Rosso banlieue. Etnografia della nuova composizione di classe nelle periferie francesi (2022).
RASSEGNA STAMPA
INFOAUT – domenica 9 luglio 2023
SPECIALE BANLIEUE “Una nuova classe operaia in formazione”. Intervista con Atanasio Bugliari Goggia
er aprire questo speciale sulla rivolta che sta infiammando la Francia in queste settimane abbiamo chiesto ad Atanasio Bugliari Goggia, autore di “Rosso banlieue. Etnografia della nuova composizione di classe nelle periferie francesi” e di “La Santa Canaglia. Etnografia dei militanti politici di banlieue” da poco uscito per Ombre Corte, di introdurci alcune chiavi interpretative per comprendere il fenomeno.
Qui l’introduzione allo Speciale Banlieue
Ci sono diverse letture di quanto accaduto negli scorsi giorni in Francia, ma per comprendere fino in fondo quanto sta succedendo dobbiamo analizzarne le premesse. Come è cambiato negli ultimi anni il panorama sociale delle banlieues?
Sicuramente il panorama sociale ha visto grandi cambiamenti. Si tratta di cambiamenti che non costituiscono nuove tendenze, ma rappresentano un inasprimento di quelle che, a mio avviso, erano già delle condizioni proprie degli anni 2005-2010, il periodo che ho preso in esame per le mie ricerche. Ecco, io all’epoca avevo visto una banlieue i cui abitanti costituivano una vera e propria classe sociale, che era stata in parte protagonista del ciclo di rivolte, un proletariato e sottoproletariato dalle sfumature cromatiche assai più variegate di quel che si pensa, poiché la percentuale di proletariato bianco, soprattutto in alcune banlieues dell’area parigina, non era per nulla irrilevante: si vive in banlieue perché si è poveri e non perché si è neri. Questo era il contesto sociale che mi sono trovato di fronte all’epoca: una novella classe operaia che si ritrovava a vivere di lavori precari e malpagati, stretta nella morsa di processi di controllo sociale molto forti legati alla crisi economica galoppante. Nel dettaglio, mi ero fatto l’idea che nelle banlieues si stesse realizzando un test per nuovi modelli produttivi e nuovi modelli disciplinari. Per nuovi modelli produttivi perché in quella fase si manifestavano i primi segnali di una crisi economica che poi si è vista essere non congiunturale, aggravandosi nel tempo. Sul piano della trasformazione dei modelli disciplinari, emanazione diretta della crisi economica, il grande capitale, il potere, aveva bisogno di controllare masse che diventavano ogni giorno più indisciplinate a causa del peggioramento delle condizioni di vita e lavoro. Quello che ho visto nelle rivolte della settimana scorsa ha a che fare con l’acuirsi di queste tendenze: la crisi del lavoro, con i conseguenti problemi di sopravvivenza per ampie fasce della popolazione, si è aggravata, è un dato indiscutibile. Sempre più gente vive di espedienti, di lavori precari, una classe medio-bassa che all’epoca riusciva a sopravvivere e adesso non ci riesce più è concentrata innanzitutto in banlieue. Quindi, questa attitudine a vivere di stenti, in perenne difficoltà, si è sicuramente estremizzata. Di conseguenza si sono intensificate anche le pratiche di controllo sociale nei riguardi di questa classe che è necessario inserire in un mercato del lavoro ogni giorno più schiavizzante. A mio avviso, quindi, la scorsa settimana si è assistito a rivolte di stampo insurrezionale che sono la conseguenza diretta di condizioni di vita diventate ancora più miserabili e di forme di repressione che riconducono al concetto di stato d’assedio: in generale, quei pochi che hanno parlato di guerra civile non erano così lontani dalla realtà dei fatti. >>> continua a leggere <<<
“il manifesto” – 1 luglio 2023
Per un’etnografia dei rivoltosi
INDAGINI. Dopo “Rosso banlieue” (2022), sempre per i tipi dell’editore veronese Ombre Corte, Atanasio Bugliari Goggia pubblica ora “La santa canaglia. Etnografia di militanti politici di banlieue” (pp. 346, euro 25, prefazione di Emilio Quadrelli)
di Guido Caldiron
È quella che lui stesso definisce come «l’arte della resistenza», che nelle periferie di Francia si è messa in atto per arginare gli effetti dei processi sociali che hanno reso questi territori altrettanti laboratori dello sfruttamento, a fare da sfondo all’indagine che da tempo conduce Atanasio Bugliari Goggia. Dopo Rosso banlieue (2022), sempre per i tipi dell’editore veronese Ombre Corte, il giovane ricercatore e attivista pubblica ora La santa canaglia. Etnografia di militanti politici di banlieue (pp. 346, euro 25, prefazione di Emilio Quadrelli), un testo la cui uscita non potrebbe essere più puntuale rispetto a quanto sta accadendo oltralpe.
Tracciato con il precedente volume un quadro storico-analitico dello sviluppo e della formazione delle periferie francesi, l’autore si concentra ora sul profilo dei protagonisti dei diversi movimenti che caratterizzano tali territori. Attraverso un’ampia serie di incontri e interviste, verrebbe da dire di autentica condivisione più che di ricerca sul campo, emergono così i ritratti di quanti compongono quello «sterminato proletariato o sottoproletariato di banlieue, assegnato a lavori precari e malpagati, contraddistinto da solidi legami di solidarietà» e da un’altrettanto chiara «visione di classe».
Emerge lo scenario di periferie dense di azione politica, anche se di tipo nuovo, spesso lontano o in parallelo all’azione delle forze tradizionali, anche della sinistra, e dove le rivolte più che l’eccezione manifestano la parte emersa, anche se talvolta in forme contraddittorie, di un fermento quotidiano che attraversa le stesse forme della vita in questi vasti agglomerati che hanno preso forma oltre le vecchie metropoli.
UN ASSAGGIO
Indice
9 Prefazione
Non c’è nulla di più profondo di ciò che sta in superficie. Banlieusards, politica e teoria sociale
di Emilio Quadrelli
13 Nota dell’autore
Parte prima. Una teoria per il movimento sociale di banlieue
17 Capitolo primo. Movimenti sociali al tempo della crisi
1. La letteratura sui movimenti sociali: una breve rassegna; 2. Per una definizione dei movimenti sociali contemporanei; 3. Precarietà delle esistenze e movimenti sociali; 4. I movimenti dei poveri di ieri e di oggi; 5. Dalla vergogna alla rabbia, dalla “racaille” al proletariato
62 Capitolo secondo. Un movimento sociale di classe nelle banlieues francesi
1. Esiste un movimento sociale in banlieue?; 2. Gruppi, collettivi e “affinità senza egemonia” nelle banlieues parigine; 3. Evoluzione storica e lotte emblematiche dei movimenti sociali di banlieue; 4. Collettivi storici e degli anni Duemila; 5. Solidarietà, coscienza di classe e coscienza politica
94 Capitolo terzo. “Frère de cœur”: identità e organizzazione del movimento sociale di banlieue
1. Militanza di classe e logiche d’azione; 2. Il movimento di banlieue tra cooperazione e competizione; 3. Organizzazione in movimento; 4. L’identità di un movimento, tra azione individuale e noi collettivo
128 Capitolo quarto. La classe privata delle opportunità politiche
1. Banlieue e struttura delle opportunità politiche; 2. Opportunità politiche nella storia del movimento di banlieue; 3. Accesso politico e “momenti di follia”; 4. Rapporti con altri soggetti politici tra cooptazione e autonomia ad ogni costo
163 Conclusioni
Parte seconda. La parola al movimento: la ricerca sul campo
171 Capitolo quinto. “Parlami di noi”: note di ricerca e militanza in banlieue
176 Capitolo sesto. “Avrei voluto una rivoluzione, per il momento faccio movimento per il movimento”
1. Interventi assembleari in incontri nazionali del movimento collettivo politico di banlieue – Bisogna stare fuori, bisogna essere presenti; Questa è casa nostra; Qualsiasi alleanza che non sia basata sull’autonomia è subordinazione; La possibile convergenza; L’analisi concreta della situazione concreta: dalla parte degli oppressi; Abbiamo bisogno di kamikaze politici; La prospettiva di un nuovo incontro: “On dépasse le fameux cap de la Palestine”
2. Interviste ai militanti politici di banlieue – Nordin: “S’unir pour ne plus subir”; Zouina: “Fare la rivoluzione senza nominarla”; Rachid: “La violenza, la rivolta: chi ha esitato questa volta lotterà con noi domani!”; Boualem: “Nous c’est pas de ce pain-là qu’on mange”; Akim: “Come un assegno in bianco”; Garba: “Piovono pietre”; Fouad: “Un plafond de verre qu’on ne peut pas franchir”; Mohamed: “Né terroristi né riformisti, ma realisti”; Paolos: “Questo è un luogo di violenza”
265 Capitolo settimo. “Pas de justice pas de paix”: una storia del futuro nel presente senza storia
1. Interventi assembleari in incontri nazionali del movimento collettivo politico di banlieue – Esistere è esistere politicamente; Quando laggiù vincono, vinciamo anche qui; La memoria va trasmessa nella sua interezza, sia negli aspetti positivi che in quelli negativi; Les demandeuses d’emploi; Islamofobia sistemica; Il razzismo è prima di tutto funzione delle realtà economiche e sociali; Legare la questione sociale alla questione razziale
2. Interviste ai militanti politici di banlieue – Akim: “Chi semina hagra raccoglie intifada”; Nadia: “Siamo tutti solidali nella sofferenza”; Giuliano: “L’unica organizzazione era il riflesso del quotidiano”; Gabriel: “Il problema dei compagni francesi è che sono l’avanguardia del proletariato, però col proletariato non c’entrano un cazzo”
331 Bibliografia essenziale
Nota dell’autore
Lo sterminato proletariato e sottoproletariato di banlieue, assegnato a lavori precari e malpagati, contraddistinto da solidi legami di solidarietà nel solco di una chiara visione di classe, è stato in grado a più riprese negli ultimi vent’anni di produrre rivolta contro le strutture del controllo sociale in ogni loro manifestazione e diramazione.
Con Rosso banlieue si è tentato di descrivere i mutamenti in atto nella composizione di classe delle periferie francesi, a partire dall’ipotesi che il potere economico avesse testato in banlieue sia nuovi modelli di lavoro in una fase di caduta dei profitti sia gli effetti che questi modelli, associati a originali paradigmi di controllo sociale, avrebbero prodotto in termini di capacità di reazione della classe.
Il presente lavoro vuole invece tracciare i contorni di quell’“arte della resistenza” che il mondo delle banlieues mette in atto nel tentativo di arginare i processi in corso e che dà forma e sostanza a quello che abbiamo definito “movimento collettivo politico di banlieue”. Attraverso la viva voce delle militanti e dei militanti si è dunque cercato di evidenziare quei tratti che contraddistinguono il movimento sociale delle periferie francesi rispetto alla sua evoluzione nel tempo, all’identità e ai legami di solidarietà, alla trasmissione della memoria delle lotte, all’organizzazione interna, ai repertori d’azione, alle opportunità politiche, ai processi di repressione e cooptazione, alle relazioni con altri movimenti.
Il tentativo di indagare la presenza di un movimento delle periferie francesi si è scontrato a più riprese con una letteratura sui movimenti sociali che in generale sconta una grave carenza di indagine etnografica attorno ai conflitti urbani e che, a seconda della corrente di riferimento, guarda con ritrosia all’identità di classe degli attori come possibile fattore mobilitante o, in altri casi, assegna un peso eccessivo alle organizzazioni di movimento nonché alle ricompense materiali come spinta alla partecipazione. Questo saggio vuole dunque anche essere un monito contro l’eccessivo specialismo, meccanicismo e accondiscendenza nei riguardi dell’ideologia dominante che spesso contraddistinguono gli studiosi dei movimenti sociali.
Mostrare le caratteristiche del movimento sociale delle banlieues francesi ci sembra fondamentale anche in virtù del fatto che dall’orizzonte contemporaneo paiono scomparire non solo la memoria delle lotte e la divisione in classi della società ma anche la legittimità stessa delle masse senza volto e dei loro repertori d’azione. L’ideologia dominante pare aver cancellato l’idea stessa del conflitto come mezzo legittimo di mutamento sociale, riconducendo tutto al tema classico delle classi pericolose, paradigma del potere che trasforma le vittime in colpevoli.
Se questo è lo scenario che contraddistingue l’“infame civiltà”, a maggior ragione chi propone conflitto sociale a partire dai legami di solidarietà che prendono corpo dalla condivisione di una medesima condizione di classe, sullo sfondo di una appartenenza territoriale che si vorrebbe miserabile, non può che assumere per il mondo legittimo i tratti della classe “canaglia”. Si tratta della classe pericolosa, di quella fetta di miserabili storicamente incubo dei dominanti, spesso incompresa nel suo incedere anche dal resto del “mondo dei vinti”, poiché precorritrice di nuovi sentieri di lotta.
Una classe canaglia delle periferie che nell’epoca delle passioni tristi si prefigura ai nostri occhi come “santa” poiché in possesso per sua natura di quelle caratteristiche di appartenenza, identità e solidarietà che lasciano sperare di poter intravedere all’orizzonte un mutamento dei rapporti economici e sociali.
Una santa canaglia composta dai fratelli di miseria e dalle sorelle di fatica, ovvero gli indispensabili, coloro che con il loro esempio di lotta restituiscono speranza e dignità a tutti i dannati della terra, mostrando come la strada del riscatto, seppure in apparenza impervia, possa essere percorsa dai diseredati, senza mai dimenticare che ogni tempesta inizia con una singola goccia.
Una classe in movimento costretta oggi sulla difensiva, impegnata a non soccombere di fronte alle ricadute sociali di una crisi economica senza fine, ma che in tempi forse non troppo lontani potrebbe marciare compatta, assieme ai dannati di ogni luogo, verso il sole dell’avvenire.