Descrizione
Alfio Neri
La forza dell’illusione
Industria culturale, finanza e grande politica
Nell’epoca del virtuale, l’industria culturale è il centro della produzione. Le immagini più belle, più felici, più rassicuranti, sono spesso il risultato di un processo di creazione e di elaborazione che va oltre la vecchia propaganda. Per tradizione culturale siamo abituati a mezzi di comunicazione manipolatori che ci propongono convincenti menzogne. Oggi, però, siamo di fronte a un salto di qualità. La realtà quotidiana ha perso la vecchia patina della bugia prezzolata attraverso la nuova forma seduttiva della duplicazione della realtà.
Il nuovo mondo liquido-mediatico ha invaso e ricostruito l’immaginario sociale, ricombinandosi nei modi più vari, ma conservando l’essenza della vecchia propaganda quale strumento al servizio di un fine. Il nuovo immaginario mediatico è molto più gradevole del vecchio, ma non per questo meno eterodiretto. La nuova industria culturale globale non forgia solo le nostre preferenze nei consumi e nei comportamenti quotidiani, ma anche le nostre aspettative sui possibili scenari. Questa nuova industria è un elemento decisivo per le strategie di profitto del capitale. La finanza, su cui si fonda l’accumulazione capitalistica della tarda modernità, riesce a predominare pianificando nuove dinamiche, prima ancora che i soggetti possano pensare di far parte di questa trama segreta. Questo meccanismo di creazione di illusioni planetarie è uno dei dispositivi più importanti alla base della gestione dell’attuale crisi economica mondiale.
Alfio Neri, laureato in Filosofia e Scienze Politiche, insegna Storia e Filosofia nei Licei. Ha pubblicato Pioggia di sangue. La guerra civile in Colombia (L’Harmattan Italia, 2001), Società e crisi politica nella Colombia contemporanea (L’Harmattan Italia, 2004), Architettonica della guerra. Modelli teorici, leggi concettuali e costituzione ontologica (L’Harmattan Italia, 2006). Collabora con la rivista on-line “Carmilla”.
UN ASSAGGIO
Prefazione
La tesi di questo libro è semplice. Dietro i movimenti della speculazione finanziaria, ci sono gli effetti di realtà prodotti dai fantasmi dell’industria culturale. Dietro i profitti della finanza, ci sono i movimenti di mercato prodotti dall’immaginario sociale. Non si tratta, banalmente, di profitti pubblicitari o televisivi. Il settore finanziario è forte perché utilizza immagini collettive inconsce che sospingono le fluttuazioni dei mercati. Nella sua immane crescita, l’industria culturale è andata molto oltre a quella che, un tempo, era chiamata propaganda. Il suo volume è tale da produrre una vera e propria duplicazione della realtà. Il martellamento cognitivo di questo dispositivo è stato efficace per molte ragioni. Per prima cosa rispondeva ai rapporti di potere già presenti nella società. In un certo senso era coerente con i consueti canoni della produzione ideologica. Agli occhi del pubblico, la duplicazione della realtà confermava l’egemonia sociale esistente. La vera ragione dell’efficacia di questo dispositivo era però un’altra. La nuova realtà fittizia, per quanto simile a quella “reale”, era infinitamente più bella e desiderabile e rispondeva ai desideri profondi del corpo sociale. La grande efficacia dell’industria dell’intrattenimento stava nell’immensa desiderabilità dei fantasmi che era capace di produrre. Infine il processo di creazione di una desiderabile realtà fittizia generava nuove preferenze sociali che potevano essere soddisfatte dalle dinamiche dei mercati più arretrati, quelli delle merci materiali.
Senza fare riferimento all’industria culturale, non si potrebbe capire il grande fascino mondiale degli Stati Uniti. Senza riferimenti all’immaginario, non si comprenderebbe il Dollaro come moneta di scambio internazionale e l’efficacia del dispositivo che sta alla base del sistema finanziario mondiale. Gli scambi internazionali avvengono in dollari anche perché il nostro immaginario sociale è stato colonizzato dall’industria statunitense dell’intrattenimento. I film hollywoodiani e le infinite serie televisive hanno predisposto il terreno dell’egemonia economica. Il nostro immaginario ha desiderato i nuovi rapporti di forza prima che questi fossero confermati dalle asimmetrie di potere sottostanti. La colonizzazione del pensiero ha preformato le nostre decisioni di mercato e ha reso indispensabile l’egemonia statunitense. Con la creazione di questa duplicazione della realtà, le aspirazioni del nostro immaginario hanno cessato di avere un rapporto vitale con un mondo sociale intersoggettivo. La finanza ha sempre avuto buon gioco perché i movimenti dei mercati finivano per seguire le fluttuazioni dell’immaginario sociale e non i calcoli economici basati su preferenze relative a oggetti “reali”. La duplicazione della realtà è avvenuta su scala così ampia da rendere obsoleta la vecchia nozione di menzogna. Con la nuova realtà immaginaria, lo stesso concetto di verità perde di consistenza e diventa opaco. Il movimento storico di trasformazione sociale finisce per avviare il tramonto dello stesso concetto di verità.
Il meccanismo ha funzionato fino al 2008. In precedenza si erano avute enormi tensioni dei mercati internazionali, ma il sistema era rimasto in equilibrio. Gli Stati Uniti, stampando l’unica moneta internazionale, avevano continuano a ricevere beni reali, mentre in cambio offrivano moneta fiduciaria (cartacea ed elettronica) e servizi finanziari. Per decenni, le classi dirigenti dei paesi satelliti si sono affidate alla superpotenza egemone, risparmiando in dollari e usandoli per il commercio internazionale. Alla fine si era creata una situazione paradossale. Da un lato gli Stati Uniti assorbivano le eccedenze di capitale degli altri popoli, dall’altro riciclavano le eccedenze di capitale, acquistando le esportazioni delle nazioni semiperiferiche e periferiche del mercato mondiale. Un poco come dire che la superpotenza egemone rendeva dinamico il mercato mondiale spendendo i risparmi di chi si era fidato della sua illuminata egemonia.