Il “nuovo” Cile dei militari

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Alessandro Guida

pp. 319
Anno 2021 (novembre 2021)
ISBN 9788869482052

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Descrizione

Alessandro Guida
Il “nuovo” Cile dei militari
Dottrina della sicurezza nazionale, guerra psicologica e propaganda, 1973-1975

Quando si pensa a dittature come quella che si affermò in Cile dopo il colpo di Stato che rovesciò Salvador Allende l’11 settembre del 1973, la prima cosa che viene in mente è, nella stragrande maggioranza dei casi, e comprensibilmente, la violenza. L’associazione con le uccisioni, le sparizioni, i campi di detenzione e le torture poste in essere da militari senza scrupoli risulta quasi immediata.
In realtà, quello cileno fu sì un regime del terrore dedito a pratiche di sterminio, ma fu tanto altro ancora, e questo invita a un approccio più problematico alla questione e, allo stesso tempo, amplia la portata delle ferite così come il campo delle responsabilità concrete di queste lacerazioni. Sul fronte interno, infatti, la popolazione venne letteralmente conquistata anche attraverso una manipolazione che fu implacabile, permanente e che venne condotta attraverso tutti i mezzi disponibili. La guerra psicologica del regime si fondò sul lavoro di esperti della comunicazione, tecnici dell’influenza, psicologi, sociologi, e su analisi di tipo scientifico. Sul fronte esterno, quella messa in campo dalla dittatura cilena fu, probabilmente, una delle più grandi e dispendiose campagne di propaganda del periodo della Guerra fredda, dopo, naturalmente, quelle realizzate da Stati Uniti e Unione Sovietica. Il tutto si produsse nel quadro di una versione specifica e originale dell’“ideologia della sicurezza nazionale”, accanto alla quale iniziò a farsi largo, nella seconda metà degli anni Settanta, l’“ideologia del mercato”, che avrebbe a sua volta contribuito al disciplinamento della società.

Alessandro Guida è assegnista di ricerca e professore a contratto di Storia delle relazioni interamericane presso l’Università di Napoli “L’Orientale”. Tra i suoi principali lavori ricordiamo La lezione del Cile. Da Unidad Popular al golpe del 1973 nella stampa italiana di sinistra, Università degli studi di Napoli “L’Orientale”, 2015.

RASSEGNA STAMPA

UN ASSAGGIO

Indice

7 Introduzione

15 Capitolo primo. La dittatura cilena

1. Le Forze Armate al potere in America Latina negli anni Sessanta e Settanta; 2. Il Cile; 3. Le origini della Dottrina della sicurezza nazionale; 4. Le principali traiettorie ideologico-programmatiche; 5. Problemi di definizione

94 Capitolo secondo. Il fronte interno

1. Sradicare il male; 2. L’inizio della guerra psicologica; 3. Nuova indipendenza e ricostruzione nazionale; 4. Gremios, donne, gioventù: la mobilitazione controllata; 5. La Sfida 1974

154 Capitolo terzo. Il fronte esterno

1. Il problema dell’immagine; 2. Inesperienza, approccio ideologico e sindrome da accerchiamento; 3. Lo sforzo dei militari per convincere il mondo; 4. Il Sistema Condor

207 Capitolo quarto. Plasmando menti e cuori

1. Guerra all’indottrinamento; 2. Le basi di una nuova Educazione; 3. Blackout culturale; 4. La colomba bianca

255 capitolo quinto. Alla ricerca della normalità

1. Cambio della strategia comunicativa tra fronte interno ed esterno; 2. Retorica dell’istituzionalizzazione; 3. Vendere il prodotto Cile

297 Conclusioni

303 Fonti e bibliografia


Introduzione

Quando si pensa a dittature come quella che si affermò in Cile dopo il colpo di Stato che rovesciò Salvador Allende l’11 settembre del 1973, la prima cosa che viene in mente è, nella stragrande maggioranza dei casi, e comprensibilmente, la violenza. L’associazione con le uccisioni, le sparizioni, i campi di detenzione e le torture poste in essere da militari senza scrupoli, risulta quasi immediata. Una percezione, questa, diffusa sin dagli anni Settanta del Novecento, quando i crimini realizzati dai regimi civico-militari che si affermarono in America Latina in quel periodo incominciarono ad essere oggetto dell’attenzione mondiale. Occorre dire che c’è tanta verità in questo modo, che, in parte, perdura tutt’oggi, di interpretare la questione, ma probabilmente non vi è tutta la verità.
L’impiego sistematico della violenza rappresentò indubbiamente un elemento che contraddistinse il regime cileno. Del tutto eccezionali e senza ritorno, si potrebbe dire, anche per il panorama latinoamericano, sarebbero stati, infatti, il carattere apertamente sanguinario della Giunta militare e la distruzione del sistema politico, sociale ed economico vigente cui il nuovo regime avrebbe dato luogo. L’istituzionalizzazione di un vero e proprio Stato del terrore, mediante il ricorso sistematico ai più diversi metodi repressivi, rappresentò un tratto tipico della dittatura cilena. La chiusura del Parlamento, la messa al bando dei partiti di opposizione, la cancellazione della libertà di stampa e il controllo quasi totale su mass-media, istruzione e cultura, l’azzeramento dei diritti dei lavoratori e di qualsiasi forma di Stato sociale, vennero preceduti e, in un secondo momento, accompagnati da un’azione repressiva costante, che avrebbe caratterizzato il regime militare per tutta la sua durata.
L’esercizio della violenza fu immediato e manifesto, sebbene caratterizzato inizialmente da un certo grado di disorganizzazione. Le immagini dello stadio di Santiago trasformato in un immenso centro detentivo a cielo aperto suscitarono l’orrore e le proteste di gran parte dell’opinione pubblica internazionale e di molti governi. Soprattutto nelle settimane immediatamente successive al golpe, l’azione delle Forze Armate (ff.aa.) presentò tutte le caratteristiche di un’invasione.