Descrizione
Gianluca Gabrielli
Educati alla guerra
Nazionalizzazione e militarizzazione dell’infanzia nella prima metà del Novecento
Cosa si studiava in classe durante la conquista della Libia? Cosa si leggeva sui giornalini durante la Grande guerra? Come riuscì il fascismo a mettere in divisa la gioventù italiana? Come venne spiegata a scuola e in piazza la conquista dell’Etiopia? Quando divenne materia scolastica la cultura militare?
La prima metà del Novecento ha visto l’apice dello scatenamento bellico di tutta la storia dell’umanità. I due conflitti mondiali non solo hanno provocato milioni di vittime ma hanno reso la guerra un’esperienza quotidiana per gran parte della popolazione europea e mondiale. In questo contesto, l’infanzia è stata precipitata sul campo di battaglia. Per il futuro della nazione, la costruzione del sentimento nazionale doveva passare anche attraverso i bambini e le bambine, che vennero quindi progressivamente fatti oggetto di propaganda e di educazione patriottica.
Gran parte di questa nazionalizzazione avvenne sotto il segno del militarismo e del bellicismo: mentre i padri e i fratelli combattevano al fronte, in famiglia e a scuola i bambini e le bambine venivano coinvolti in vario modo affinché dessero un loro peculiare contributo – che fosse la corrispondenza con i soldati al fronte o la raccolta di metalli per la nazione in guerra.
In Italia, che in questo periodo fu responsabile anche di due guerre di conquista coloniale e visse l’esperienza del fascismo al potere, tale processo di nazionalizzazione dell’infanzia fu sicuramente tra i più continui e intensi di tutta Europa.
Il volume intende ripercorrere le tappe di questo coinvolgimento dei bambini tra scuola ed extrascuola, nelle aule e nelle piazze, sui libri scolastici e nell’associazionismo.
Gianluca Gabrielli è dottore di ricerca in Storia dell’educazione all’Università di Macerata. Con Davide Montino ha curato La scuola fascista (ombre corte, 2009) e con Alberto Burgio è autore di Il razzismo (Ediesse, 2012). Ha inoltre pubblicato Il curricolo “razziale”. La costruzione dell’alterità di “razza” e coloniale nella scuola italiana (1860-1950) (Eum, 2015). Ha contribuito alla realizzazione delle mostre La menzogna della razza (1994), I problemi del fascismo (1999), Il mito scolastico della marcia su Roma (2012).
RASSEGNA STAMPA
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Il lavoro culturale – 25 ottobre 2016
Educati alla guerra per nazionalizzare l’infanzia. Dai tamburi al silenzio (1911-1945)
di Marco Ambra
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Euronomade – 7 marzo 2017
L’onfanzia militarizzata tra i banchi
di Girolamo De Michele
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UN ASSAGGIO
Indice
7 Introduzione
11 1. La nazionalizzazione dell’infanzia
18 2. La guerra per la Libia
28 3. La Grande guerra
38 4. Pedagogia patriottica
49 5. Il fascismo prende il potere
I libri scolastici
58 6. L’Opera nazionale balilla: l’infanzia in divisa
L’educazione fisica; La divisa
70 7. Primi anni Trenta: tra libri e immagini
75 8. L’insegnamento della “Cultura militare” e la protezione antiaerea
83 9. La guerra per l’Etiopia
96 10. Gli anni dell’impero e del bellicismo
106 11. Seconda Guerra mondiale: la guerra in classe
120 12. Pesanti eredità
126 Indice dei nomi
Introduzione
La prima metà del Novecento ha conosciuto l’apice dello scatenamento bellico di tutta la storia dell’umanità. I due conflitti mondiali non solo hanno provocato milioni di vittime ma hanno reso la guerra un’esperienza quotidiana per gran parte della popolazione europea e mondiale, sia militare che civile. In questo contesto anche l’infanzia è stata precipitata sul campo di battaglia. La costruzione del sentimento nazionale doveva passare anche attraverso i bambini e le bambine, futuro della nazione, che quindi vennero progressivamente fatti oggetto, in modo sempre più mirato, di propaganda e di educazione patriottica.
Gran parte di questa nazionalizzazione avvenne sotto il segno del militarismo e del bellicismo: mentre i padri e i fratelli combattevano al fronte, nelle famiglie e nelle scuole i giovani venivano coinvolti in vario modo nel discorso bellico affinché dessero un loro peculiare contributo – che fosse la corrispondenza con i soldati al fronte oppure la raccolta di metalli per la nazione in guerra.
In Italia tale percorso di nazionalizzazione dell’infanzia attraverso la militarizzazione fu sicuramente tra i più continui e intensi di tutta Europa. Questo periodo infatti vide l’Italia gettarsi in due guerre di conquista coloniale (Libia e Etiopia) mentre le altre potenze imperialiste europee cercavano faticosamente di uscire dal periodo di espansione per trarre vantaggi economici dalla messa in valore dei territori. Il dopoguerra vide uno scontro pesantissimo e violento che contrappose le forze fasciste a quelle socialiste e alle leghe e che si risolse con la presa del potere da parte del fascismo. Dal 1922 il dominio divenne progressivamente appannaggio esclusivo del regime che intervenne sulla scuola e sul tempo libero dell’infanzia per introdurre elementi di militarismo e di bellicismo – considerati profondamente connaturati alla propria visione del mondo – con un’intensità sconosciuta in precedenza.
A queste caratteristiche, peculiari dell’Italia, si aggiunsero gli elementi comuni alle altre nazioni che colpirono e condizionarono pesantemente tutta la popolazione: le carneficine della Grande guerra, la lunga e difficile elaborazione dei lutti, il rafforzarsi delle dinamiche di costruzione dei nemici interni ed esterni per effetto dei razzismi e dei nazionalismi, fino alle nuove carneficine della Seconda guerra mondiale.
Quella che è stata definita “età del ferro e del fuoco” quindi condizionò fin nelle pieghe più sottili la vita dell’infanzia, mutandola pesantemente. L’immagine della guerra cambiò di segno, divenne quotidiana, fu insegnata e additata come luogo simbolico e concreto di realizzazione più piena dell’individuo, entrò nelle scuole e nel tempo libero, nei pensieri e perfino nei desideri dei ragazzi e delle ragazze.
Il presente volume, prodotto in relazione ad una esposizione dallo stesso titolo indirizzata alle scuole e ai centri culturali, accompagna il lettore lungo questo percorso di trentaquattro anni che trasformò l’infanzia italiana. A partire dagli studi fondamentali di Andrea Fava e poi di Antonio Gibelli, si è cercato di tratteggiare una sintesi di questo percorso di nazionalizzazione bellicista che guardasse all’infanzia tra scuola ed extrascuola, cercando di dare conto sia del ruolo dell’istituzione educativa, sia di quello delle associazioni esterne alla scuola che coinvolsero bambini e bambine organizzandone il tempo libero, sia infine esplorando l’immaginario che accompagnò queste trasformazioni.
Lo sguardo che ci è dato applicare su questo passato, distante culturalmente e temporalmente, come antropologi che osservano mondi che sentono estranei, non ci deve ingannare. Noi, nipoti, non siamo certo gli esponenti di una società che ha affrontato e risolto il problema. Osservando il presente ci si accorge senza troppa fatica che il tema della guerra è caduto non perché risolto ma perché rimosso dal nostro tempo, o per usare il termine scelto da Alessandro Dal Lago in un suo volume recente: “neutralizzato” (Carnefici e spettatori, Raffaello Cortina, Milano 2012). Studiare come venne affrontato dalle maestre durante la conquista della Libia, o analizzare l’uso che ne fece il fascismo come valore positivo e fondamento per la formazione personale dell’individuo, non ci pone nella comoda condizione di chi siede sul pulpito. Sediamo su fosse comuni, bombe intelligenti, vittime civili e respingimenti di profughi, e forse non sappiamo da che parte iniziare per tentare di riconquistare l’efficacia della parola nel contrastare le guerre del nostro tempo.
La mostra è curata da Gianluca Gabrielli e distribuita da Pro Forma Memoria – www.proformamemoria.it