Descrizione
Gianluca Gabrielli e Davide Montino (a cura di)
La scuola fascista
Istituzioni, parole d’ordine e luoghi dell’immaginario
Organizzato in trentotto voci redatte da dodici ricercatori, il libro cerca di articolare alcune risposte a una domanda solo apparentemente ovvia: è esistita una scuola propriamente fascista? L’indagine si sviluppa da una lato attorno agli elementi istituzionali e organizzativi che caratterizzarono gli interventi del fascismo: le peculiarità della Riforma Gentile, il Liceo Classico, l’Istituto magistrale, le Leggi razziste…; dall’altro attorno la cultura materiale della scuola del Ventennio, che si modificò e subì fortissime torsioni sotto una spinta volta all’indottrinamento e alla socializzazione politica delle nuove generazioni: quindi i paragrafi sugli Elaborati scolastici, la Befana fascista, gli Arredi, la Religione, la Festa degli alberi, l’Educazione femminile, il Razzismo… Ne emerge un quadro che mostra efficacia e limiti del progetto fascista nel formare le mentalità, le aspettative e, cosa forse più importante, l’attitudine etica e civile delle generazioni che sono state destinatarie di quella educazione scolastica ed extrascolastica.
Non più reperibile da anni, si è ritenuto utile rendere nuovamente disponibile questo lavoro nell’intento di fornire alle nuove generazioni, a fronte delle rinascenti retoriche sulla storia nazionale, uno strumento per affrontarne proprio gli aspetti più difficili da elaborare per la coscienza pubblica, convinti che la conoscenza del Ventennio – con la sua scuola – renda sicuramente comprensibile la nascita della Repubblica assai meglio dello studio dell’inno nazionale o della bandiera come prescritto dai nuovi curricoli di Educazione civica.
Davide Montino (1980-2010) ha insegnato Storia delle istituzioni educative presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Genova. Tra le sue pubblicazioni, Le parole educate. Libri e quaderni tra fascismo e Repubblica (Selene, 2005) e Bambini, penna e calamaio. Esempi di scritture infantili e scolastiche in età contemporanea (Aracne, 2007).
Gianluca Gabrielli, tra gli animatori del Cesp, si occupa di storia del razzismo fascista e ha pubblicato Il razzismo (con Alberto Burgio, Futura editrice, 2012), Il curricolo “razziale”. La costruzione dell’alterità di “razza” e coloniale nella scuola italiana (1860-1950) (Eum, 2016) e, per i nostri tipi, Educati alla guerra. Nazionalizzazione e militarizzazione dell’infanzia nella prima metà del Novecento (2016).
UN ASSAGGIO
Indice
7 Prefazione alla seconda edizione 2024
di Gianluca Gabrielli
13 Prefazione
di Gianluca Gabrielli e Davide Montino
19 Introduzione
di Monica Galfré
31 Archivi privati
32 Arredi e decorazioni scolastiche
38 Befana fascista
41 Bonifica
44 Carta della scuola
47 Colonia (libri di testo)
49 Colonia (scuola in)
52 Copertine dei quaderni
56 Cultura militare
63 Duce
66 Educazione femminile
72 Educazione fisica
76 Elaborati scolastici
80 Festa degli alberi
83 Giornata coloniale e celebrazione dell’impero
87 Guerra e militarismo
91 Grande guerra
95 Igiene
98 Istituto magistrale
101 Istruzione tecnica e professionale
105 Latino
109 Leggi razziste
112 Letteratura per l’infanzia
119 Liceo classico
122 Liceo scientifico
125 Ludi juveniles
129 Maestri e maestre
135 Matematica
139 Natale di Roma
141 Pagella scolastica
144 Razzismo
148 Registri di classe e cronache degli insegnanti
153 Religione
157 Riforma Gentile
162 Romanità
165 Scuole italiane all’estero
170 Testo unico di Stato
177 Venezia Giulia
181 Bibliografia
a cura di Davide Montino
192 Note bio-bibliografiche
195 Indice dei nomi
Prefazione alla nuova edizione 2024
di Gianluca Gabrielli
Sono passati quindici anni dall’uscita de La scuola fascista. Era il 2009, quando l’amico e curatore Davide Montino non poteva ancora prevedere il rapido decorso della malattia che l’anno seguente l’avrebbe portato a lasciarci, troncando insieme agli affetti una carriera di studioso già particolarmente produttiva e una serie di progetti di ricerca appassionanti sulla scuola italiana del Novecento.
Davide era stato il vero motore di questo volume, sempre disponibile a mettere in comune le sue competenze di studioso e sempre interessato a relazionarsi con gli insegnanti, convinto non solo che un sapere maturato negli archivi non dovesse rimanere confinato alla ristretta cerchia degli studiosi esperti dell’argomento, ma soprattutto fiducioso di poter trarre dalla stretta relazione con la scuola (e i futuri e le future docenti che seguivano i suoi seminari) quelle sensibilità e quelle conoscenze di vita scolastica che gli servivano a comprendere e interpretare al meglio le fonti di storia dell’educazione, da quelle più burocratiche a quelle cariche di esperienze singolari, dalle circolari ai disegni ai “pensieri” scritti sui quaderni.
Come si può leggere nell’introduzione di allora – che abbiamo deciso di non modificare così come l’intero volume –, l’intento degli autori si situava infatti nel terreno intermedio tra la ricerca accademica e la divulgazione alta rivolta ai docenti delle scuole, con la consapevolezza che proprio la debolezza di questo anello intermedio da una parte allunga i tempi necessari affinché i risultati della ricerca giungano a dare nuova forma alla didattica nelle scuole, e dall’altra mantiene in una separatezza innaturale i docenti delle scuole e il mondo dell’università e della ricerca, rischiando di produrre una storiografia inconsapevole delle domande che emergono dalla didattica e una didattica non aggiornata agli ultimi esiti della ricerca.
Oggi come allora nell’approccio manualistico alla storia della scuola fascista rimangono in campo due atteggiamenti che, seppur attenuati rispetto a un tempo, polarizzano le valutazioni e le interpretazioni degli studiosi. Da una parte viene separata la riforma operata dal ministro Gentile – considerata il portato dell’Italia liberale – dall’idea di scuola attribuita al fascismo, identificata esclusivamente con i suoi aspetti bellicisti e rituali. In questo modo si finisce per minimizzare l’impatto del regime sulla scuola dell’epoca, soprattutto riferendosi alla didattica; si parla di “fascismo di facciata”, di efficacia della propaganda “solamente” sugli aspetti esteriori del comportamento di docenti e studenti, di “resistenza silenziosa” della scuola nazionale – ad esempio dei maestri e delle maestre – ai tentativi messi in atto dal regime di trasformare la didattica e le coscienze. In pratica si tratta dell’articolazione in campo educativo dell’idea crociana del fascismo come parentesi, dell’idea consolatoria di una riforma Gentile dalle caratteristiche liberali che avrebbe costituito un controcanto sostanzialmente efficace rispetto al tentativo del regime di innestare su questa struttura una pedagogia muscolare e futurista, con il corollario della sostanziale limitata eredità del ventennio sullo sviluppo della scuola repubblicana.
Dall’altra, e in sintonia con l’interpretazione che emerge in questo volume, si parla di “scuola fascista”, a partire dal pesante impatto della riforma Gentile sulla scuola nazionale e sulla costruzione stessa del regime. Il fatto che quell’idea di scuola non fosse nata dagli ambienti del fascismo non toglie che portasse con sé molti aspetti che coincidevano con le necessità del regime – Stato forte, gerarchizzazione, eliminazione degli aspetti elettivi nella struttura amministrativa, classismo, aperture alla chiesa cattolica – mentre gli aspetti del curricolo subirono negli anni successivi delle forti modifiche – spesso proprio grazie alle prerogative introdotte nel 1923 – che ne accentuarono le caratteristiche propagandistiche, belliciste, razziste.
D’altronde gli studiosi di storia contemporanea non attribuiscono al tema della scuola un particolare interesse. Se guardiamo ai volumi pubblicati negli ultimi anni ci accorgiamo che anche i più avvertiti esperti studiosi di storia del fascismo e dell’Italia nella prima metà del Novecento non assegnano all’istituzione scolastica un ruolo centrale nella costruzione del regime e sembra sottovalutino il tentativo di usare il suo apparato ideologico per costruire consenso. Per fare un esempio, significativo proprio per l’alta qualità del lavoro, anche la recente e importante raccolta curata da Giulia Albanese, Il fascismo italiano. Storia e interpretazioni, destinata agli studenti universitari, non include tra i saggi un testo dedicato al ruolo giocato dall’istituzione scolastica.