Contro la frammentazione

 9.00

Salvo Torre

pp. 94
Anno 2018
ISBN 9788869480737

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Descrizione

Salvo Torre
Contro la frammentazione
Movimenti sociali e spazio della politica

Da oltre due decenni, i movimenti sociali, sorti ovunque nel mondo, stanno ridisegnando, con un’ampiezza e una forza che ha pochi precedenti, molte delle categorie tradizionali del conflitto politico. Il loro ruolo però si inserisce in un quadro molto più grande, in un profondo processo di mutamento della stessa presenza umana sul pianeta che comporta la fine della sovranità moderna e il pesante ridimensionamento delle forme della democrazia. I nuovi tipi di conflitto, soprattutto quelli ambientali, esprimono direttamente quel processo di cambiamento e concorrono a destrutturare un sistema sociale che affronta ormai una crisi irreversibile, dopo aver ridefinito l’intero sistema vivente. Uno dei risultati più evidenti è la progressiva nascita di un nuovo spazio della politica, che nei prossimi anni diventerà probabilmente il luogo privilegiato del confronto sulle possibilità di trasformazione. Una delle tesi di fondo di questo volume è che una parte consistente di ciò che potrà essere la nuova società globale si trova in quelle rivendicazioni che sono accomunate dall’opposizione ai processi di accumulazione, perché difendono biomi, culture, aree urbane dalla spoliazione ai fini di arricchimento e iniziano a rappresentare una possibilità alternativa che potrebbe essere costruita su un’etica politica del vivente.

Salvo Torre insegna geografia presso l’Università degli Studi di Catania ed è miembro titular di Flacso-España (Facultad Latinoamericana de Ciencias Sociales). Ha condotto studi sulle crisi ecologiche, sui processi di nascita della città contemporanea, i movimenti sociali e i conflitti urbani postcoloniali. Tra le sue pubblicazioni recenti: Dominio, natura, democrazia. Comunità umane e comunità ecologiche (Milano, 2012). Con Gennaro Avallone ha curato Abdelmalek Sayad: per una teoria postcoloniale delle migrazioni (Catania, 2013).

Rassegna stampa

Effimera
L’ecologia come spazio di ricomposizione politica. Un bilancio a partire da “Contro la frammentazione”, di Salvo Torre

Emanuele Leonardi recensisce il libro di Salvo Torre “Contro la frammentazione. Movimenti sociali e spazio della politica” da poco uscito per Ombre Corte. Occasione questa per un bilancio sullo stato dell’ecologia politica in Italia e sull’attività di Effimera in questo campo.> continua a leggere


 

il manifesto – 31.05.2018

Orizzonti globali contro la «necropolitica».
«Contro la frammentazione. Movimenti sociali e spazio della politica». Un saggio di Salvo Torre per ombre corte

di Gennaro Avallone

Contro la frammentazione. Movimenti sociali e spazio della politica è il nuovo libro di Salvo Torre, ricercatore di geografia presso l’Università di Catania, scritto per la casa editrice ombre corte (pp. 94, euro 9). Il confronto con la crisi della democrazia e con l’esaurimento delle forme politiche moderne costringe a cercare vie di uscita, che l’autore individua nella ricchezza dei movimenti sociali, contrapposti alla miseria della sovranità ridotta a dominio.

L’INEDITO SPAZIO POLITICO che i movimenti sociali recenti hanno e stanno cercando su scala mondiale definisce una vera e propria fase di transizione dalla modernità ad una «fase complessa di relazioni planetarie che stanno trasformando tutti gli aspetti della vita».

I movimenti individuati – da quello femminista anti-patriarcale a quello contro i processi di privatizzazione dei beni comuni e naturali, da quello contro lo sfruttamento lavorativo a quello per la casa e l’abitare, da quello antirazzista a quello in difesa delle forme di vita indigene – condividono un tratto politico: l’opposizione ai processi attuali di accumulazione capitalistica.
Questi movimenti si confrontano con riferimenti e problemi assenti nei movimenti del passato. Essi sono costretti a riconoscere la biosfera come attore politico, coerentemente con il modo di produzione ed i conflitti e le crisi socio-ecologiche in corso. Il loro orizzonte di riferimento è divenuto globale, dando vita ad uno spazio politico sovranazionale, che va oltre le strutture politiche ereditate dal passato.

È un nuovo universalismo, dal carattere plurale, quello che i movimenti sociali recenti hanno la potenzialità di sviluppare. Un universalismo che chiama in causa la vita del pianeta e non solo l’umanità, non più separabile, anche sul piano del progetto politico, dal resto della natura.

L’AZIONE dei movimenti sociali si svolge nello spazio politico globale ed incontra nei confini nazionali un limite alle loro rivendicazioni e proposte, per le quali lo Stato non è più la posta in gioco fondamentale, sebbene possa essere tatticamente conteso. Questo non significa dire che lo spazio sovranazionale è già a favore degli interessi espressi dai movimenti sociali. Questo significa riconoscere, però, che, mentre si costruisce uno spazio globale conteso tra le istanze dei movimenti sociali e la forza dei flussi e degli scambi economici e finanziari, i processi di rinazionalizzazione agiscono solo contro i primi.

I processi di chiusura nazionale sono diretti contro l’affermazione dei movimenti sociali, specialmente contro la popolazione migrante, senza mettere in discussione il comando e l’iniziativa dei grandi apparati ed interessi economici, finanziari e militari.
Kelsen contro Schmitt, si potrebbe dire. È questa la parte sviluppata nella parte centrale del testo. La democrazia universale del primo contro il potere territoriale del secondo. L’inclusività che libera contro la sovranità che uccide. Il potere costituente all’altezza dello spazio politico globale contro la forza della sovranità ridotta a puro esercizio di dominio.

LA SOVRANITÀ divenuta necropolitica, «potere e capacità di decidere chi può vivere e chi deve morire», non ha più il problema del consenso, tendendo a generalizzare la logica del modello coloniale, indifferente alle voci che le si oppongono, verso le quali è sempre possibile l’esercizio della violenza.

E questo è tanto più vero quanto più non si vedono alternative alla crisi in corso del progetto democratico, di cui l’Unione Europea è espressione evidente.

SI CONTRAPPONGONO, per tanto, due strade radicalmente in opposizione, delineate nell’ultima parte del libro. Da un lato c’è la risposta violenta, quella basata sui confini, la cui unica funzione, ormai, è quella di «regolazione generale del mercato del lavoro e della divisione planetaria della produzione di valore». Dall’altro lato c’è il campo aperto delle alternative prodotto dai movimenti sociali e dai conflitti socio-ecologici in corso, in cui è il vivente a porsi come progetto di ricomposizione basato su una nuova etica politica. È dentro quest’ultima prospettiva, in divenire anche sul piano teorico, che si individuano le alternative al puro dominio del potere necropolitico.

UN ASSAGGIO

1. Un nuovo contesto politico

Da diversi anni ormai i movimenti sociali che sono emersi in tutto il pianeta hanno dimostrato di poter rappresentare una grande novità politica e di possedere la capacità di agire in modo determinante in grandi contesti di trasformazione. Il mio ragionamento parte dal presupposto che nella fase storica attuale si stia realizzando una transizione di lungo periodo determinata dalla crisi irreversibile del sistema economico globale e dall’apertura di prospettive inedite per l’organizzazione della vita sul pianeta. Si tratta di un assunto, condiviso da molti, che deriva dal grande dibattito che da diversi anni ormai considera l’insieme di ciò che sta avvenendo sul pianeta come un complesso tracollo che segna la fine della modernità e di quel sistema economico che ha determinato una radicale trasformazione della biosfera e della storia delle società umane.
Negli ultimi anni, seguendo i tanti pensatori che rappresentano una parte consistente della critica alla società globale, mi sono posto il problema di inquadrare all’interno di questa fase alcuni dei processi che coinvolgono relazioni ecologiche, differenti soggetti politici e modelli di organizzazione sociale, cercando di identificare, quando possibile, gli elementi di novità e di conflitto. Specificamente quelle tensioni che, secondo una lettura marxista tradizionale, possono essere individuate come i «semi della dissoluzione», quegli elementi che partecipano alla destrutturazione dei rapporti sociali consolidati e che rappresentano al contempo i luoghi in cui si inizia a costruire la società futura. Secondo un principio analogo, anche l’analisi decostruzionista, che guida i metodi di applicazione degli studi postcoloniali, presuppone che nella loro successione storica le società si trasformino a partire da elementi che emergono al loro interno, per poi disseminarsi e concorrere alla loro trasformazione.
Gli studi postcoloniali e in generale tutto il dibattito sull’esigenza di decolonizzare il pensiero politico negli ultimi anni hanno posto la questione in termini molto più ampi e profondi di quanto non fosse avvenuto nel corso del secolo precedente. Quel dibattito ha presentato in modo chiaro la necessità di ricostituire alcuni elementi fondamentali dell’interpretazione della nostra storia, così come alcune idee, a partire dalla stessa categoria di libertà, che hanno sostenuto i movimenti sociali. Tutto ciò in realtà ci permette di analizzare il contesto attuale al di fuori dell’esigenza della ricerca di un gruppo sociale di riferimento o di uno schema storico ineludibile, al di fuori della costruzione tipicamente occidentale in cui la storia è necessariamente indirizzata verso una finalità precisa. Gli elementi di mutamento non si trovano infatti solo nell’ambito della destrutturazione del potere, ma anche nel cambiamento di quelle forme di opposizione che seguono l’intera storia dei conflitti che animano un modello sociale. Per il materialismo storico, il problema era interpretabile chiaramente nelle forme assunte dalla contraddizione tra le forze produttive e le modalità attraverso cui i rapporti di produzione erano regolati, soprattutto nelle loro forme giuridiche. Secondo Marx (1968), in un dato momento i rapporti tradizionali diventano un ostacolo per l’affermazione di nuove forze produttrici, ciò genera un conflitto che si risolve con la nascita di nuove forme sociali, come è avvenuto nel caso del sistema della proprietà feudale. In effetti i vecchi vincoli nazionali sono diventati un ostacolo ai processi di globalizzazione e il conflitto che si è generato contribuisce a ridefinire la nostra epoca. Tutto ciò però implica anche un’esasperazione del tradizionale conflitto tra forme dell’economia e forme della politica, tra capitalismo e democrazia, che pone una questione sostanziale all’interpretazione delle forme del conflitto politico. Una questione che riguarda necessariamente la maggioranza della popolazione del pianeta, destinata ad essere definitivamente esclusa dalla ricchezza. Si può riproporre anche la dicotomia generatrice di conflitto che esiste nel pensiero di Aimé Césaire (1955) e Franz Fanon (1961), tra i colonizzatori bianchi e i colonizzati neri. Secondo quell’analisi, la massa indistinta che non possiede più le diverse culture di provenienza e che è stata prodotta dalla colonizzazione adesso cerca di ricollocarsi nelle società colonizzatrici.