Descrizione
La linea del genere
Politiche dell’identità e produzione di soggettività
a cura di Roberta Pompili e Adalgiso Amendola
Questo libro è nato dall’esperienza di un convegno sul tema del “genere” organizzato dall’Associazione Libera…mente donna, una associazione femminista che gestisce due Centri antiviolenza in Umbria. Nella collettanea, che ospita il confronto tra studiosi e studiose di diverse discipline (antropologia, sociologia, filosofia, diritto), le autrici e gli autori si interrogano sul dibattito che nella contemporaneità assume questo significante e sulle tensioni politiche che lo attraversano. Il genere, principio di organizzazione economica e culturale, diventa una chiave fondamentale per rileggere non solo la produzione del maschile e del femminile, ma l’intero assetto della società e i rapporti di potere da cui la stessa è attraversata. Al di là delle opposizioni troppo semplificatorie tra “culturalismi” e “materialismi”, o tra “politiche dell’identità” o “politiche dell’uguaglianza”, leggere il genere come dispositivo cruciale della produzione di soggettività, apre un terreno di analisi e di lotta fondamentale per nuove pratiche di trasformazione. Contributi di Cristina Papa, Valeria Ribeiro Corossacz, Rita Laura Segato, Federico Zappino, Rosa Parisi, Maria Rosaria Marella.
Contributi di Cristina Papa, Valeria Ribeiro Corossacz, Rita Laura Segato, Federico Zappino, Rosa Parisi, Maria Rosaria Marella
Roberta Pompili è docente di Antropologia Culturale presso l’Università degli Studi di Perugia e responsabile dell’area Ricerca e Formazione dell’Associazione Libera…mente donna (Centri Antiviolenza Perugia e Terni). Tra le sue ultime pubblicazioni, La produzione del genere nelle televisioni locali umbre (aboutUmbria, 2016).
Adalgiso Amendola insegna Sociologia del diritto e Beni comuni della conoscenza presso l’Università degli Studi di Salerno. Il suo ultimo libro è Costituzioni precarie (manifestolibri, 2016). Collabora alle pagine culturali de il manifesto e fa parte del collettivo internazionale EuroNomade (www.euronomade.info).
RASSEGNA STAMPA
il manifesto – Cultura- 3.11.2018
La carica sovversiva dei corpi in contatto
di Francesca Maffioli
PERCORSI. Entrambi editi da ombre corte, «Genealogie Queer» di Federica Valentini e La linea del genere. Soggettività e politiche dell’identità a cura di Roberta Pompili e Adalgiso Amendola
politiche dell’identità» a cura di Roberta Pompili e Adalgiso Amendola
Per leggere le genealogie del gender e del pensiero queer occorrono strumenti capaci di orientare soprattutto nella confusione del presente. In questo senso vengono in aiuto due libri, entrambi editi da ombre corte, che si mostrano da subito come preziosi oltre che necessari. Si tratta di Genealogie Queer di Federica Valentini (pp. 118, euro 10, collana Cartografie) e di un volume collettaneo intitolato La linea del genere. Soggettività e politiche dell’identità a cura di Roberta Pompili e Adalgiso Amendola (pp. 190, euro 16, collana Culture).
I DUE TESTI descrivono come i gender studies e i queer studies concorrano all’analisi dell’assetto sociale e dei rapporti di potere da cui la società è attraversata, secondo un tentativo di decostruzione delle dinamiche che operano nell’ambito della produzione e del controllo delle identità sessuali e della sessualità degli individui. La disanima critica nei confronti dello sguardo patriarcale, occidentale e neoliberista, permette un’apertura transdisciplinare ai molteplici processi di soggettività sessuale e di genere.
Il testo di Federica Valentini dispiega in maniera molto chiara il ventaglio delle diramazioni delle teorie queer, presentate come teorie critiche che hanno tentato negli anni – a partire dalla radice del primo contributo di Teresa de Lauretis del febbraio 1990 – di tematizzare le relazioni che legano politica e sessualità.
Nella parabola descrittiva della giovane autrice il pensiero queer è presentato come uno dei mezzi teorici e politici più adatti ad accogliere quella scomodità che non smussa le ruvidità delle nostre esistenze ma le problematizza e disturba l’ordine delle categorie universalizzanti e di quelle che tentano di normalizzare e uniformare le identità sessuali e di genere. Le genealogie sono percorse attraverso i «pensieri fondativi» della già citata de Lauretis, di Monique Wittig, Gayle Rubin, Judith Butler, Eve Kosofsky Sedgwick, di Mario Mieli, Guy Hocquenghem, Leo Bersani, Lee Edelman in dialogo con Foucault, il freudomarxismo rivoluzionario, il costruttivismo radicale, le teorie antisociali ma anche con quelle culture politiche di matrice femminista che hanno avuto il merito di aver aperto la prima breccia epistemologica nel sistema dei valori della straightness eteronormativa.
IL VOLUME mette in valore anche la portata dell’attivismo queer, a fronte del più celebre pensiero teorico: l’attivismo queer della Queer Nation per esempio, organizzazione nata nell’aprile del 1990 con l’intento di criticare il discorso pubblico sulla sessualità, prefigura manifestamente questioni che saranno elaborate, nei termini della filosofia decostruzionista e post-strutturalista, nelle molteplici produzioni teoriche della queer theory. Il lavoro a cura di Roberta Pompili e Adalgiso Amendola, diviso in tre parti, si dipana attraverso gli interventi di Cristina Papa, Valeria Ribeiro Corossacz, Federico Zappino, Rosa Parisi, Maria Rosaria Marella e Rita Laura Segato.
NATO IN SEGUITO al convegno del 4 marzo del 2016 sul tema del genere (organizzato dall’Associazione Libera… mente donna, associazione femminista che gestisce due Centri antiviolenza in Umbria), riguarda diversi aspetti della propaggine epistemologica del gender e le sue conseguenti implicazioni politico-culturali.
Riesce così a tracciare delle linee di contatto nella sua continua evoluzione, a fronte degli attacchi più svariati: da parte dei fondamentalisti religiosi ma anche di coloro i quali pensano che il femminismo si sia definitivamente incistato all’interno del discorso neoliberale, depotenziato della sua carica eversiva e formattato a tal punto da essere integrato nei dispositivi di governo del capitalismo contemporaneo.
Cristina Papa nel saggio «Quale femminismo e quale soggetto politico?» traccia le linee che hanno definito i momenti del dibattito teorico sul tema del genere in relazione alla pluralità di posizioni dei femminismi. In «Omo – lesbo – transfobia/ Eteronormatività» Federico Zappino, partendo dalla semantica della lotta all’omofobia, svela invece la non neutralità del linguaggio, colpevole di incentivare le omissioni, di agevolare le lacune e di oliare l’ingranaggio che reitera le relazioni di potere. È da notare poi che la collettanea ospita le traduzioni di due saggi di Laura Rita Segato, nota antropologa e femminista argentina.
LA STUDIOSA, attraverso l’analisi della violenza di genere nel contesto delle «nuove guerre» ma anche quello delle guerre nella ex Jugoslavia e in Ruanda, fa riaffiorare la portata distruttiva dell’occupazione predatrice sui corpi femminili o femminilizzati, la cui giurisdizione ha luogo e si perpetra sui corpi-territori: «L’impressione che emerge da questo nuovo agire bellico è che l’aggressione, la dominazione e la rapina sessuale non sono più, come furono in passato, complementi della guerra, danni collaterali, ma hanno acquisito centralità nella strategia bellica».
Secondo Segato le mutazioni in seno alle nuove guerre esemplificano il cambiamento e la degenerazione di molte altre dimensioni della vita: territorialità, politica, economia e il patriarcato stesso.
UN ASSAGGIO
Introduzione
di Roberta Pompili e Adalgiso Amendola
Questo libro è il frutto di un incontro felice. Il 4 marzo del 2016, l’Associazione Libera…mente donna ha organizzato un Convegno sulle “Questioni di genere”: da quella esperienza e da quel confronto è derivata una serie di saggi. Il dibattito teorico-culturale e la cronaca in quel momento erano attraversati dalle tensioni politiche: si moltiplicavano, infatti, dichiarazioni e interventi di gruppi di cattolici integralisti antigender, con l’intento di mobilitare parte del paese contro la crescente significativa acquisizione di sensibilità e interesse sui temi di genere. Il Convegno ha avuto come obiettivo quello di evidenziare la nascita e l’evoluzione del concetto di genere negli studi delle scienze sociali, sottolinearne la dimensione epistemologica e le sue necessarie implicazioni politico-culturali. D’altro canto, l’approccio transdisciplinare dei gender studies e queer studies ha da tempo rimesso al centro dell’attenzione la soggettività sessuale e quella di genere in quanto identità non chiuse ma processi, offrendo un’importante cassetta degli strumenti per gli studi e la ricerca della società contemporanea. Inoltre il metodo intersezionale, mutuato dagli studi del femminismo post-coloniale, ha ancora di più contribuito a decostruire lo sguardo occidentale, mettendo in luce la complessità delle dinamiche di potere e le asimmetrie che attraversano la soggettività a partire dal genere.
L’aumento di studi e iniziative di ricerche in questo settore, nel nostro paese e non solo, fa eco e deve essere letto in stretta relazione con l’emergere di ampi spazi di politicizzazione della realtà sociale, di nuove mobilitazioni delle donne per l’autodeterminazione e contro la violenza maschile (vedi Non Una di Meno), di un rinnovato e radicale protagonismo dei movimenti Lgbtqi.
Costruire il reale o gerarchizzare i soggetti?
Le mobilitazioni antigender che diversi gruppi neofondamentalisti hanno condotto e continuano a condurre, prendendo di mira soprattutto il campo dell’educazione, hanno avuto il paradossale merito di tornare a sottolineare il potenziale sovversivo che la nozione di gender ha svolto, rompendo con le strategie che avevano, in modi molto diversi, in un certo senso normalizzato l’uso del concetto di gender. Concetto, in effetti, che ha esso stesso una storia molto complicata, e non univoca, ma che evidentemente ha dentro più che un elemento che ancora disturba e mette in moto posizionamenti critici. Così, con quel fiuto che i reazionari spesso hanno per quegli elementi “sovversivi” che il discorso progressista tende invece a nascondere o comunque ad edulcorare, gli antigender hanno fatto riemergere un portato corrosivo, non assimilabile, contenuto nello stesso concetto di gender.
Del resto, quasi tutte le genealogie del concetto hanno sottolineato che il primo emergere dell’attenzione per quella faglia, che distingue il corpo presunto biologico dalla sua costruzione sociale, e che il concetto di gender in modi diversi richiama, è stato intensamente politico e subito correlato alla discussione dei limiti costitutivi del concetto di cittadinanza giuridica e politica. La Déclaration des droit des femmes e des citoyennes di Olimpia de Gouges nel 1791 e la Vindication of Rights of Woman di Mary Wollstonecraft del 1792 fissano già la questione nei termini della critica ai confini di quella cittadinanza moderna, che nella versione istituzionalizzata dalla rivoluzione francese era appena nata. Ed era nata costruendo, insieme, un’idea di razionalità universale del soggetto moderno (“tutti i cittadini”) e l’esclusione delle donne da quell’universalismo: collegando quell’esclusione al riferimento alle supposte caratteristiche del sesso femminile, che lo rendevano marginale rispetto a quello spazio pubblico che si andava costruendo. A una cittadinanza moderna che si costruiva come artificio, e che però ricorreva al ricorso ad una supposta natura femminile per bloccare il processo egualitario che essa stessa aveva messo in moto, si contrapponeva, nelle dichiarazioni di Olimpia de Gouges e di Wollstonecraft, il disvelamento dell’ingiustizia di quei limiti, la presa di parola di un soggetto escluso proprio dalla pretesa neutralità del “nascente” soggetto universale. Allo stesso tempo, però, queste rivendicazioni, mentre denunciavano l’ineguaglianza nascosta nella pretesa eguaglianza della “nuova” cittadinanza, non mancavano di sottolineare, in ogni caso, le differenze del sesso, a cominciare dalla capacità di generare. In quello che Carol Pateman definì come Wollstonecraft dilemma, già si delineava una tensione specificamente politica messa in moto dal progetto moderno: da un lato, l’artificializzazione della cittadinanza giuridico-politica metteva in discussione la pretesa naturalità delle gerarchie tra i generi, dall’altro la stessa contestazione della parzialità di quella cittadinanza e del suo falso universalismo richiamava la pretesa naturalità di alcune differenze, e in primo luogo della maternità, nello stesso momento in cui cercava di forzare i confini della cittadinanza stessa.