Per una città senza paura

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a cura di Guido Di Fraia

pp. 115
Anno 2019
ISBN 9788869481338

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Descrizione

Per una città senza paura
Esperienze e vissuti femminili a Milano
a cura di Guido Di Fraia

Milano è una città percepita come sicura? Come la vivono le donne? Queste domande nascono dalla consapevolezza che le città non sono “corpi neutri”, ma vengono percorse da pratiche d’uso e da vissuti emozionali che mutano al mutare del genere.
Nella “società liquida”, priva degli stabili punti di riferimento del passato, vi è una diffusa impressione di insicurezza, amplificata dal clima socio-politico, che favorisce l’installazione di telecamere e gli appelli alla maggiore presenza di forze dell’ordine. La percezione del pericolo poggia solo in parte su cause oggettive: l’amplificazione sociale dei rischi avvertiti discende tanto dai media, che giocano un ruolo rilevante nelle rappresentazioni dell’ambiente che ognuno si costruisce, quanto dalla risposta emozionale a esperienze dirette e indirette di episodi di aggressione, violenza o microcriminalità.
Questo libro propone i risultati di una ricerca sul modo in cui la rappresentazione (cognitiva ed emozionale) che le donne di Milano hanno della città, dei suoi quartieri e dei suoi spazi, condizioni e limiti la loro libera circolazione attraverso di essi. L’obiettivo è quello di illustrare le pratiche femminili di appropriazione della città, ma anche di fornire uno stimolo alle istituzioni pubbliche per interventi di tipo comunicativo/informativo e azioni finalizzate ad aumentare la sicurezza di particolari aree cittadine, che possano consentire alle donne di vivere la città senza barriere e senza paure.

Contributi di Guido Di Fraia, Anna Manzato, Maria Angela Polesana, Riccardo Pronzato, Elisabetta Risi

Guido Di Fraia è Professore Associato in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso l’Università IULM di Milano, e docente di Metodologia e Tecnica della Ricerca Sociale.

Rassegna stampa

UN ASSAGGIO

Introduzione
di Guido Di Fraia

Numerosi sono i tentativi di descrivere le trasformazioni che negli ultimi decenni hanno interessato la città. Uno spazio sempre meno “compatto”, come era invece la città storica e tradizionale, e sempre invece più “dilatato”. La città è “infinita”, ovvero un “continuum urbano e suburbano fatto di insediamenti, poli produttivi e logistici e distributivi, infrastrutture e centri commerciali, spazi per il tempo libero e il divertimento di massa, di cui non si scorge la fine”. Nell’era della globalizzazione la città infatti si espande come “schiuma metropolitana” che sommerge l’ambiente inglobando vuoti e pieni. Apparentemente la città contemporanea sembra opporsi ai confini territoriali, sposta oltre i confini urbani fino a dissolverli gradualmente. Diciamo apparentemente poiché, in realtà, l’importanza di spazializzazioni nella contemporaneità “si manifesta nella tendenza a tracciare confini reali o simbolici, a definire articolazioni selettive, ordinamenti territoriali e gerarchie diverse”. Nella città contemporanea avviene un doppio movimento poiché da una parte essa mette in atto un processo di sconfinamento, inglobando porzioni sempre più vaste di territorio, mentre dall’altra, al proprio interno, è impegnata in una molteplicità di strategie di “confinamento [ovvero] in una produzione di confini materiali e immateriali, fisici e simbolici sulla superficie della città e nel suo immaginario”. Non solo il movimento di merci, persone e denaro, anziché abbattere le frontiere le moltiplica, dal momento che, nel contesto globale, i confini non scompaiono ma “sono continuamente ridisegnati, ricollocati sia fra gli stati, che negli spazi urbani”, ma, al suo interno, la città moltiplica e fortifica i confini attraverso azioni di sorveglianza e di controllo della vita quotidiana dei cittadini, della loro mobilità e dell’uso degli spazi. La paura rappresenta infatti un potente organizzatore della città e delle politiche urbane e sociali. In particolare, la paura della criminalità è in grado di determinare atteggiamenti e comportamenti che, “agendo cumulativamente, sono addirittura in grado di cambiare il volto e le modalità di uso delle nostre città. Lo stesso continuo oscillare tra pulsioni giustizialiste e una ridotta fiducia nell’amministrazione della giustizia è significativo indicatore di un profondo malessere”. Come nota Bauman “le occasioni di aver paura sono una delle poche cose che non scarseggiano in questi nostri tempi tristemente poveri di certezze, garanzie e sicurezze. Le paure sono tante e varie. Ognuno ha le sue, che lo ossessionano, diverse a seconda della collocazione sociale, del genere, dell’età e della parte del pianeta in cui è nato o ha scelto (o è stato costretto) a vivere”. In particolare, il concetto di genere va inteso quale esito di una costruzione sociale che della distinzione biologica si è servita per dar vita a una disparità storica che ha governato la divisone del lavoro, i compiti quotidiani, la fruizione stessa dello spazio: tradizionalmente quello pubblico maschile, mentre quello domestico femminile. Quanto dunque afferma Bauman, a proposito della varietà e numerosità delle declinazioni della paura, in relazione a una serie di variabili tra cui, appunto, quella di genere, è testimoniato da un vissuto della città che una volta ancora ci ricorda il suo essere “sessuata” e non corpo neutro: le donne cioè la vivono/fruiscono diversamente rispetto agli uomini.

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