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Gilles Deleuze Félix Guattari
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Macchine desideranti
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Su capitalismo e schizofrenia
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il manifesto - 27 Ottobre 2004
Una rivolta all'incrocio tra politica e vita quotidiana
Raccolti nel volume "Macchine desideranti" alcuni scritti e interviste inedite di Deleuze e Guattari
di MASSILIANO GUARESCHI
Nel 1975 usciva Antiedipo, primo esito del sodalizio filosofico fra Gilles Deleuze e Félix Guattari. Nel clima incandescente del post '68 il libro lasciò il segno, non solo per la serrata critica alla teorie e alla prassi psicoanalitica, ma anche e soprattutto per la capacità di parlare un linguaggio in selvaggia sintonia con le pratiche di liberazione che, lungo un orizzonte sia politico sia esistenziale, scandivano quel tempo. In una fase in cui il proliferare eccentrico delle lotte e delle sperimentazioni sociali metteva a nudo i limiti dei tradizionali schemi teorici attraverso cui veniva pensata la trasformazione politica, Antiedipo proponeva una batteria di concetti che senza nulla cedere sul terreno della radicalità tracciava un inedito orizzonte lungo il quale articolare una complessiva riconfigurazione dell'agire politico e sociale. Dopo tre decenni quell'avventura concettuale, lungi dall'apparire una moda passeggera, continua a parlare al nostro presente, come dimostra il più recente numero della rivista "l'espressione" dedicato appunto a L'Antiedipo 30 anni dopo (Cronopio, euro 15), che raccoglie contributi di autori italiani e stranieri (Michel Foucault, Camille Dumoulié e Alain Badiou, a cui si deve una delle analisi filosoficamente più dense dell'opera deleuziana: Gilles Deleuze: il clamore dell'essere). L'auspicabile ripresa di interesse nel nostro paese per un'opera che ha fortemente marcato gli anni Settanta è confermato dalla pubblicazione di una raccolta di scritti di Deleuze e Guattari a cavallo di Antiedipo: Macchine desideranti. Su capitalismo e schizofrenia (ombre corte, € 10). Il volume, curato da Ubaldo Fadini, si apre con la trascrizione di una tavola rotonda, a cui parteciparono fra gli altri il filosofo François Châtelet e l'etnologo Pierre Clastres, che restituisce l'intenso dibattito suscitato in Francia, in ambiti disciplinari estremamente vari, dalle tesi espresse in Antiedipo riguardanti l'esigenza di sottrarre le "scoperte" di Marx e Freud alla sclerotizzazione del marxismo e della psicoanalisi, di elaborare un approccio analitico al capitalismo in grado di uscire dalle strette dell'economicismo, di proporre una concezione positiva del desiderio. Seguono quindi tre interviste e un testo di maggiore impegno teorico, Bilancio-programma per macchine desideranti, posto in appendice alla riedizione francese di Antiedipo e mai ripreso nella versione italiana (Einaudi).
La forma intervista, con i suoi tempi veloci, permette di presentare in forma sintetica i concetti, di calarli nei contesti, politici e culturali rispetto ai quali prendevano posizione. I testi raccolti in Macchine desideranti, quindi, oltre a fornire interessanti precisazioni a margine di Antiedipo rappresentano un'utile occasione per un primo approccio, più lineare e discorsivo, con le complesse trame di Deleuze e Guattari. Ma non solo, la lettura del volume permette anche di cogliere, nel loro farsi, le linee di ricerca che condurranno alla successiva grande opera dei due filosofi, Mille piani, uscita nel 1980 e accolta, in un clima politico e culturale ben diverso, con una certa indifferenza. Successivamente, il "figlio sfortunato", come lo definivano gli stessi autori, ha avuto modo di prendersi le sue rivincite, tanto da affermarsi, nel corso del tempo, come il testo di riferimento par excellence del pensiero di Deleuze e Guattari. Nel frattempo, di Antiedipo, quasi fosse vittima del suo impetuoso successo, si sono quasi perse le tracce. La concomitante uscita di Macchine desideranti e del numero monografico di "l'espressione" può rappresentare dunque un'utile occasione per ritornare su quel testo e sulle idee forza intorno a cui ruota, in primo luogo quella secondo cui l'inconscio funziona non come un teatro ma come una fabbrica. Sottrarre l'inconscio alla dimensione rappresentativa per consegnarlo a una funzione eminentemente produttiva significa per Deleuze e Guattari la possibilità di proiettare il desiderio, visto come componente eminentemente energetica, non solo oltre le perimetrazioni familiste della scena edipica ma anche al di là dei limiti della psiche individuale: macchine desideranti appunto. Una critica della psicanalisi, certo. Ma non solo.
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