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Contro l'intercultura
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Retoriche e pornografia dell'incontro
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http://www.manifestiamo.eu/2013/04/27/razzismo-bipartisan/
Razzismo bipartisan
C'è un razzismo a destra, modello Lega, che divide gli immigrati in buoni (quelli che ci servono) e cattivi (quelli che non lavorano), ma c'è anche un razzismo di centro-sinistra che ritiene che lo straniero sia qualcosa di diverso e vada integrato a tutti i costi: dice proprio così Walter Baroni, sociologo*. Ha appena pubblicato "Contro l'intercultura - Retoriche e pornografia dell'incontro", (Ombre corte, 171 pagine, 17 euro). Il suo saggio scava nel nostro razzismo latente e benpensante. Mette l'Italia allo specchio e lo fa senza pietà. Perciò è un libro consigliato a tutti, e in particolar modo agli operatori culturali, ai mediatori, a chi fa informazione ma anche ai politici, se interessati a costruire un paese democratico.
Com'è nato il libro?
"Ho lavorato per molto tempo con una cattedra di pedagogia interculturale all'università della Bicocca di Milano. E mi ha sempre colpito il trattamento speciale riservato agli immigrati: da un lato abbiamo le campagne esplicitamente razziste della Lega (tipo il sito "Tutti i crimini degli immigrati"), ma anche nei mondi di sinistra c'è un razzismo sotterraneo, non dichiarato, più gentile, che s'incardina sull'idea di valorizzazione della loro cultura. E neppure ci accorgiamo che far suonare i bonghi a tutti gli africani perchè avrebbero (tutti?) il senso il ritmo, ha un effetto surreale. E' un po' come pretendere che tutti gli austriaci in Italia suonino il piano perchè lì è nato Mozart o prendendo un paragone nostrano, costruire un laboratorio interculturale sulle orecchiette pugliesi, che da noi, al massimo, finiscono in una corso di cucina".
Insomma l'idea di alterità è talmente radicata che dell'immigrato facciamo un diverso?
"Certo. Ad esempio in una campagna di Lettera 27 che analizzo nel libro, l'idea di fondo è che queste persone devono venire qua per arricchirci. Non ci passa neppure per l'anticamera del cervello che abbiano dei diritti universali e possano vivere dove vogliono. Così alla fine, a destra il discorso ha uno sfondo economicistico (l'immigrato è forza lavoro), a sinistra c'è un arricchimento simbolico, ma di fatto l'immigrato è sempre visto come qualcuno che deve darci qualcosa, avere una funzione. Quindi in sostanza il discorso non cambia".
Eppure abbiamo anche celebrato l'anno europeo dell'intercultura, l'argomento con cui apre il libro. Che cosa ha lasciato?
"Il 2008 è stato l'anno europeo dell'intercultura. Ottima cosa perchè l'intercultura dovrebbe servire a tutti. Invece i progetti sono finalizzati a minoranze e immigrati, perchè tu devi aiutarli, farli integrare e comunque giustificarne la presenza sul territorio".
Insomma l'immigrato va bene se si integra, tanto che in una delle campagne di comunicazione, quella del Progetto integrazione promosso dal ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, la badante parla veneto e il pizzaiolo napoletano. Quindi il migrante deve farsi spugna. O no?
"Si nega di fatto il concetto che l'integrazione sia una questione di diritti. Tutte queste campagne enfatizzano l'accettazione della cultura degli altri che è meritorio, ma alla fine diventa un compromesso freudiano. Tu non gli vuoi dare diritti a tutti gli effetti, li fai vivere da clandestini per un bel po', li chiudi nei cpt quando ti pare, per loro ottenere la cittadinanza è molto difficile anche se sono nati qui, così dai loro un contentino. Sono le chincaglierie per i selvaggi. Il percorso dovrebbe essere alla rovescia: iniziamo a parlare di diritti e solo dopo facciamo un discorso di accettazione culturale".
Il libro interroga specialmente gli operatori interculturali e i media. Quali sono le critiche?
"C'è da chiedersi che cosa fanno tutti i mediatori culturali. E' ottimo che ci sia qualcuno che parla la lingua e ti aiuti a districarti nella burocrazia. Ed è giusto che ci siano sportelli e accompagnamento ai servizi sociali. Ma allora facciamolo per tutti, anche per gli anziani soli. Per cui io preferirei che tutti i dipendenti pubblici parlassero una lingua straniera, a partire dall'inglese e lo spagnolo, piuttosto che costruire esperti che alla fine si parlano un po' addosso. Ad esempio, la cultura mussulmana o quella europea che cosa sono? Se prendi dieci mussulmani e conosci le loro vite, scopri mondi completamente diversi. Expertise, letteratura accademica, corsi d'intercultura: tutte queste cose mi pare che più che altro puntino a rassicurare noi stessi, gli autoctoni".
Certo che se si parte dallo stereotipo dell'albanese e poi il marocchino, tunisino, rumeno, ecuadoriano che ti ruba il lavoro, le donne, l'acqua, è difficile contrastare dicendo che l'alterità è ricchezza. Se metti un linguaggio chiamiamolo ottimista sembri un visionario. Forse il centro-sinistra ha cercato di mediare davanti a un'opinione pubblica italiana tutto sommato razzista, accettando la segregazione neoliberista di una società ancora provinciale e poco internazionale?
"Certo. Si è applicata una mediazione sul discorso leghista. Vent'anni di Lega hanno scandito il metro del discorso pubblico sulle politiche immigratorie. Così si è cercato di depotenziare il discorso, spostandolo in un'altra direzione. Partendo dal binomio immigrato-lavuradur o immigrato-delinquente, la sinistra resta nello stesso orizzonte e deve giustificare la presenza dell'altro sul territorio, all'interno di una logica inquisitoria in cui l'altro deve spiegarti perchè è qui, che cosa porta, che intenzioni ha, che storia ha. Quindi alla fine il discorso interculturale prende la matrice leghista e nasce dal sospetto che lo straniero porti qualcosa di oscuro".
C'è da dire che il passante non ragiona neppure tanto sulle campagne sull'immigrazione. Vede il cartello e passa. Forse l'operazione culturale, prima che sui cittadini, andrebbe fatta sui comunicatori, i pubblicitari, i sociologi e soprattutto i politici. Ma come?
"Da un lato bisogna avere ben presente la matrice del discorso razzista. Dall'altra bisognerebbe spazzar via il discorso "utilitaristico" che chi viene qui deve servire a qualcosa. La Lega è scomparsa ma perchè il lavoro sporco lo ha già fatto, oggi il razzismo non meraviglia più nessuno. Però la questione di fondo non è solo dare dei criminali, dei portatori di pericoli allo straniero che viene qua, è far chiarezza anche tra le associazioni cattoliche o le ong. Che uno che viene qui deve rispettare la legge come tutti noi, è talmente implicito che non andrebbe neppure detto. In giro non ci sono cartelloni per gli italiani con scritto: "scopri i tuoi diritti e apprendi i tuoi doveri". Agli immigrati invece va sottolineato".
Insomma c'è il mito del selvaggio che arriva in un paese tanto civile…
"Esatto. Sei nel posto in cui non dovresti essere e quindi mi devi spiegare che cosa fai qui. Raccontaci la tua storia personale. Per altro su questi fenomeni non c'è neppure tanta consapevolezza, quelli che si occupano del lato educativo dell'immigrazione sono tutte persone in buona fede. Ne ho conosciute tante".
E i media? Nel libro si parla dell'approccio ai cpt, dello scavo nella storia personale degli immigrati con cui si costruiscono articoli strappalacrime o criminalizzanti, a seconda dei casi. Anche i media stressano poco sui diritti effettivi, universali…
"Su quello c'è poco da dire. I media sono stati la cassa di risonanza, hanno partecipato attivamente alla costruzione del discorso razzista, alla criminalizzazione dell'immigrato. E continuano a farlo. Basta pensare alla bufala del pane che arrivava dalla Romania. Insomma da noi l'immigrato è il delinquente oppure l'eroe (penso al senegalese che salvò dall'annegamento dei bagnanti in Toscana). Da alcuni punti di vista il discorso è disperante. La normalità di queste persone è irrapresentabile, visto che notiziamo sempre il regime eccezionale".
Come si esce da questo loop?
"E' giusto che ci siano mediatori linguistici. E' ottimo che piccoli comuni facciano corsi di intercultura, l'assistenza burocratica è utile. Ma, appunto, vorrei che negli uffici pubblici ci fosse qualcuno che parla delle lingue straniere. Di recente ero in un ufficio delle imposte, è arrivato un rumeno che non riusciva a leggere le multe, per altro difficilmente comprensibili anche per un italiano. Non c'era nessuno che gli desse una mano. In compenso però facciamo la Settimana dei diritti. L'enfasi sull'accoglienza ci mette delle cortine che ci impediscono di vedere cose elementari".
Walter Baroni collabora col dipartimento di scienze della formazione dell'Università di Genova, fa corsi di fomazione per giovani lavoratori a Milano e ha appena ultimato una ricerca su homeless e servizi sociali col Ministero del lavoro.
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