Gabriel Tarde
Monadologia e sociologia
 
Universa. Recensioni di filosofia - Anno 3, Vol. 1 (2014)

Gabriel Tarde, Monadologia e sociologia, Introduzione e cura di Filippo Domenicali, Postfazione di Maurizio Lazzarato, Ombre Corte, Verona, 2013, pp. 166, € 15.00, ISBN 9788897522393
Girolamo De Michele, Università degli Studi di Padova

Gabriel Tarde (1843-1904) è noto soprattutto come uno dei fondatori della sociologia (in alternativa a Durkheim) e della criminologia. Meno noto è il suo pensiero filosofico, la cui summa è costituita da Monadologie et sociologie, pubblicato originariamente col titolo Les monades et la sociologie nella "Revue internationale de sociologie" (t. 1, 1893), e che ha avuto una profonda influenza sulla filosofia di Gilles Deleuze, come attestano le pagine a lui dedicate in Mille Plateaux (e anche in Différence et répétition e Le pli). Proprio all'ambiente deleuziano è dovuta la riscoperta del Tarde filosofo, con l'avvio della pubblicazione delle OEuvres di Gabriel Tarde coordinata da Éric Alliez, con la partecipazione a diverso titolo di collaboratori o allievi di Deleuze quali Maurizio Lazzarato, René Schérer, Jean-Clet Martin, Isaac Joseph, Jean-Philippe Antoine, François Zourabichvili, Bruno Karsenti, Bruno Latour. Dal primo volume delle OEuvres è tratta l'edizione italiana di Monadologia e sociologia, arricchita, oltre che dalla postfazione all'edizione francese di Lazzarato, da un'utile introduzione di Filippo Domenicali, traduttore italiano di questa e di altre opere di Tarde. Come argomenta Domenicali, la sociologia di Tarde è "il prolungamento della sua filosofia": una tesi già sostenuta da Alfred Epinas nella sua commemorazione di Tarde del 1909. Secondo Epinas, "così come nel XVII secolo ogni filosofia comportava una fisica e nel XVIII una biologia generale, nel XIX una filosofia contiene, necessariamente, una sociologia" (p.8). Domenicali mette in luce i rapporti fra Tarde, Antoine-Augustin Cournot e Théodule-Armand Ribot, il fondatore della "Revue philosophique" con la quale Tarde collaborò per oltre vent'anni, e che rappresenta una voce eretica rispetto all'egemonia esercitata sul pensiero francese dalle tre correnti del criticismo di Renouvier, dal positivismo comteano e dallo spiritualismo che ha la sua matrice in Maine de Biran. È in questo contesto che prende forma la proposta tardeana di una ripresa immanentista della monadologia di Leibniz, la cui attualità sembra essere confermata dalla teoria cellulare di Schwann, dalla teoria parassitaria della malaria di Pasteur, e dall'atomismo di Thompson, oltre che dall'evoluzionismo. L'esito più rilevante della monadologia di Tarde è, secondo Domenicali, la totale "decostruzione del cogito cartesiano" (p.34) che si manifesta nella scoperta che non solo la società, ma anche la coscienza e lo stesso Io individuale non sono altro che aggregati di monadi.
Dai tempi di Leibniz, afferma Tarde, le monadi "ne hanno fatta di strada. Per vie diverse e indipendenti esse si insinuano, all'insaputa degli stessi scienziati, nel cuore della scienza contemporanea. È singolare che tutte le ipotesi secondarie contenute in questa ipotesi principale in ciò che essa ha di essenziale, se non di leibniziano, stiano per essere stabilite scientificamente" (p.41). Lo scopo del saggio di Tarde è proprio quello di illustrare queste "ipotesi secondarie", a partire dalla affermazione della discontinuità degli agenti costitutivi della materia, e al tempo stesso la loro omogeneità. E quindi la fine di una serie di antitesi dovuta alla caduta delle cesure che separavano il movimento dalla coscienza, l'oggetto dal soggetto, la meccanica dalla logica, e soprattutto lo spirito dalla materia. I progressi della chimica, giunti all'affermazione dell'atomo, ci portano a negare la continuità della materia: con un'affermazione che sarà ripresa da Deleuze, Tarde afferma che "la scienza, dopo aver polverizzato l'universo, tende a spiritualizzare la sua polvere" (p.65). Nella crescente importanza che vanno assumendo il calcolo infinitesimale e la dottrina dell'evoluzione (che talora Tarde chiama ancora, come usava nell'Ottocento, "trasformismo") si manifesta la concretizzazione, nei diversi ambiti delle scienze, della "profonda convinzione che ha ispirato Leibniz": "l'origine, la ragion d'essere, la ragione del finito, del separato, è nell'infinitamente piccolo, nell'impercettibile" (p.46). La materia ha così perso i caratteri di passività e inerzia, oltre che la sua derivazione da una sostanza unica che avrebbe generato gli esseri particolari per scissione spontanea: "il carattere bizzarro e contorto della realtà, visibilmente stravolta da guerre intestine a cui fanno seguito zoppicanti transizioni, presuppone la molteplicità degli agenti del mondo. La loro molteplicità a sua volta attesta la loro diversità, in quanto soltanto quest'ultima può dare loro una ragion d'essere" (p.105).
Rispetto a Leibniz, la monadologia di Tarde inserisce un'unica, ma decisiva variazione: le monadi non vanno concepite come entità chiuse, prive di finestre, ma come monadi aperte che si compenetrano tra loro invece di essere esterne l'una all'altra. È importante chiarire che Tarde fa proprio il principio epistemologico del ragionamento ipotetico - Hypotheses fingo -come conseguenza dell'inaccessibilità del "fondo delle cose": nel modello tardeano, l'ipotesi che meglio spiega la struttura del reale è quella che individua la tendenza delle monadi a riunirsi. Così concepita, ogni monade è una società, ogni fenomeno un fatto sociale: come sottolinea nel suo contributo Lazzarato, "la monade è per sua stessa natura un 'fatto sociale', perché, per quanto lontano ci si spinga nell'analisi, si troveranno sempre rapporti, potenziali, variazioni tra forze" (p.141). Su questa ontologia delle relazioni che sono già presenti, come possibilità, dentro le monadi, Tarde costruisce un'ontologia dei fenomeni sociali fondati sulla natura sociale, ossia immediatamente politica, della vita. Chiedersi "che cos'è la società?" significa dunque chiedersi com'è possibile la continua produzione di novità, ossia come accade il passaggio dall'omogeneo all'eterogeneo. La risposta è nel doppio movimento di differenza e ripetizione. La monade di Tarde - ogni singola monade - è un progetto, una molteplicità, un rapporto tra rapporti; nondimeno, la monade è differente da ogni altra monade: la differenza è l'aspetto sostanziale delle monadi, la loro caratteristica più comune. "Esistere significa differire": l'identità, dalla quale erroneamente il pensiero parte per costituire un'ontologia, "non è altro che un minimo, e di conseguenza una varietà - e una varietà infinitamente rara - di differenza, così come il riposo non è che un caso particolare del movimento, e il cerchio una varietà particolare dell'ellisse" (p.84). Le somiglianze, le ripetizioni fenomeniche sono quindi null'altro che "degli intermediari inevitabili tra le diversità elementari più o meno cancellate e le diversità trascendenti prodotte da questa parziale immolazione [...]: in questa serie in cui l'identità e la differenza, l'indistinto e il caratterizzato, si utilizzano reciprocamente e ripetutamente". L'esempio delle società, nelle quali gli individui differiscono tra loro nel parlare con accenti, intonazioni, timbri vocali e gesti diversi tra loro, e però formano poi, "a partire da questa Babele confusa", abitudini linguistiche generali che si esprimono in regole grammaticali, "ci mostra che la differenza, il caratterizzato, costituisce sia il termine iniziale, sia quello finale, il bizzarro e l'inspiegabile che si agita al fondo delle cose, che riappare sempre più chiaro e vivace in seguito a una serie di cancellazioni successive" (pp.84-85).
Notevole è il fatto che Tarde anticipi i fondamenti della critica che Bachtin muoverà a Saussure e a Meillet: laddove questi (nel caso di Meillet, attraverso la lezione sociologica di Durkheim) vedono nella lingua un sistema di norme linguistiche stabile, che agiscono come un vincolo, Bachtin vede nella lingua un fenomeno sociale che agisce come un processo. Questa critica consente di affrontare la controversia che ha opposto Tarde a Durkheim, sulla quale torna nella sua Postfazione Lazzarato. Il nodo centrale è l'indipendenza, asserita da Durkheim, delle relazioni sociali rispetto alla dimensione individuale: così facendo, però, le relazioni sociali finiscono con l'assumere un carattere impersonale, indipendente dalle persone che da queste vengono governate. L'autonomia del sociale posta da Durkheim, sottolinea Lazzarato, tiene distinto il "sociale" dal "mentale", dallo psichico, dall'affettivo: di conseguenza, "la sociologia durkheimiana non riesce a definire né come le relazioni sociali si costituiscono né soprattutto come esse possono evolvere, cambiare, diventare una cosa diversa da quello che sono" (p.151). In tal modo, secondo Tarde, tra collettivo e individuale si instaura un rapporto di costrizione esercitato da uno spirito sociale ipostatizzato, le cui azioni sulle menti individuali risultano in definitiva misteriose. Al contrario, Tarde ipotizza e ricerca una doppia serie di associazioni, la cui descrizione è tracciata in Les trasformations du pouvoir: l'associazione delle diverse menti individuali riunite in società, e quella, all'interno di ciascuna di esse, degli stati di coscienza che vi sono aggregati, e che provengono prevalentemente da altre menti. Questo diagramma tardeano delle forze richiama alla memoria, secondo Lazzarato, analoghi movimenti concettuali in Nietzsche (che non conobbe Tarde), per il quale il problema non è tanto il carattere illusorio o rappresentazionale del mondo esterno, quanto "affermare che esiste una realtà che è dello stesso ordine dei nostri affetti" (p.127). Ma anche la durata bergsoniana, intesa come un processo di creazione e accumulazione di forze, può essere ricollegata a Tarde: "ciò che in Tarde è solo annunciato - cioè che il rapporto tra attuale e virtuale è la forza stessa - in Bergson diventa il nucleo della produzione del potere di essere soggetti e oggetti di affetti" (p.161) In Tarde, conclude Lazzarato, "le forze affettive operano contemporaneamente come elementi costituenti e analizzatori del sociale" (p.165): la sociologia degli affetti di Tarde si inscrive, con un elemento di profonda originalità, in una tradizione materialistica che da Spinoza giunge, attraverso Nietzsche, fino a Deleuze.

Bibliografia
Éric Alliez (sous la direction de), OEuvres de Gabriel Tarde, Vol. I: Monadologie et sociologie, Institut Edition Synthelabo, 1999.
Éric Alliez (sous la direction de), OEuvres de Gabriel Tarde, Vol. II, t. 1: La logique sociale, Institut Edition Synthelabo, 2003.
Éric Alliez (sous la direction de), OEuvres de Gabriel Tarde, Vol. II, t. 2: Les trasformations du pouvoir, Institut Edition Synthelabo, 2003.
Éric Alliez (sous la direction de), OEuvres de Gabriel Tarde, Vol. III: L'opposition universelle, Institut Edition Synthelabo, 1999.
Éric Alliez (sous la direction de), OEuvres de Gabriel Tarde, Vol. IV: Le lois sociales, Institut Edition Synthelabo, 2002.





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