a c.E. De Cristofaro e C. Saletti
Precursori dello sterminio
Binding e Hoche all'origine dell'"eutanasia" dei malati di mente in Germania
 
l'avvenire - 20 marzo 2012

La prima eutanasia: Hitler contro i disabili

di Lorenzo Fazzini

"C'è stata un'epoca, che oggi conside­riamo barbara, in cui l'eliminazione di chi era nato i­nadatto alla vita era considerata naturale, quindi è giunta la fase, at­tualmente in corso, in cui preser­vare ogni esistenza, anche del tutto priva di valore, è stato eretto a po­stulato morale più alto; verrà un'e­poca nuova in cui, secondo un punto di vista morale più elevato, si smetteranno di mettere in prati­ca, a costo di pesanti sacrifici, i po­stulati richiesti da una concezione eccentrica dell'uomo e, molto semplicemente, da una sovrastima del valore dell'esistenza umana". Ancora: "Il nostro dovere di tede­schi sarà per molto tempo questo: raccogliere al massimo grado tutte le possibilità, liberare ogni energia produttrice disponibile a fini utili. La realizzazione di questo obietti­vo è contrastata dagli sforzi mo­derni di tutelare il più possibile o­gni specie di debole, tutti, anche coloro che, pur se non morti men­talmente, per ragioni organiche so­no elementi di scarso valore". Quale fu una delle conseguenze di un programma simile, firmato nel 1922? Il programma Aktion T4, ov­vero il piano di eutanasia di malati mentali, disabili, persone affette da malattie genetiche ed ereditarie messo in piedi dal nazismo in Ger­mania e non solo. Nel centro di Hartheim, vicino a Linz, in Austria, nel 1945 gli americani scoprirono i casi di 70.273 'disinfezioni' effet­tuate in 6 centri predisposti per l'e­liminazione fisica di questi malati su espresso ordine di Adolf Hitler. Ma la scelta del Führer di sbaraz­zarsi di handicappati fisici e men­tali fu la decisione solitaria di un pazzo? Oppure fu la conseguenza di un clima culturale che ammor­bava il Vecchio Continente da tem­po, con il rifiuto, da parte di alcuni circoli culturali, di considerare pre­gna di dignità qualsiasi vita uma­na? Nel suo linguaggio glaciale, a­settico e improntato ad una razio­nalità unicamente strumentale, la lettura del testo "La liberalizzazio­ne della soppressione della vita senza valore. La sua estensione e la sua forma" fa restare ammutoliti. Ora che questo testo di un giurista e di un medico del tempo (intessu­to di feroci riferimenti anticristia­ni), rispettivamente Karl Binding e Alfred Hoche, viene pubblicato per la prima volta in italiano (contenu­to nel volume Precursori dello ster­minio. Binding e Hoche all'origine dell''eutanasia' dei malati di men­te in Germania, appena pubblica­to dall'editrice Ombre corte, pp. 94, euro 12), si possono cogliere le analogie e le ripercussioni che tale 'pensiero' filosofico può aver avu­to nella grande strage del Terzo Reich. Anche perché, come evi­denziano i curatori Ernesto De Cri­stofaro e Carlo Saletti, "l'omicidio in massa dei disabili precede quel­lo degli ebrei, degli zingari, dei de­portati nei campi di concentra­mento. I pro­tocolli speri­mentati negli istituti per la somministra­zione dell''eu­tanasia' sareb­bero serviti da modello per i centri di ster­minio dell'e­braismo polacco". Ma qual è l'assunto filosofico che il filosofo Karl Binding (1841-1920) reputava fondante per la sua 'libe­ralizzazione' degli esseri umani 'senza valore'? Sentiamolo espri­mere la sua "questione preliminare in chiave giuridica": "Essa sembra manifestare una grande durezza di cuore, ma in verità è frutto della più profonda compassione. Ci so­no vite umane che hanno a tal punto perduto la qualità di bene giuridico che la loro prosecuzione, tanto per il titolare della vita quan­to per la società, ha perduto ogni valore". Si capisce quindi perché tali esistenze devono essere sop­presse: "Relativamente all'aspetto economico, questi imbecilli totali, che rispondono innanzitutto a tut­te le condizioni di una morte men­tale integrale, sono anche co­loro la cui esi­stenza pesa maggiormente sulla comu­nità ". Alfred Hoche, il medi­co pro-eutana­sia, si premura di elencare in dettaglio i tipi di vite umane inde­gne (anzi, dannose) di esser vissu­te: chi soffre di degenerazione se­nile, chi di dementia paralitica, chi della "modificazione del cervello dovuto all'arteriosclerosi". Ancora: quanti sono affetti da dementia precox, chi ha gravi malformazioni del cervello, i ritardati nello svilup­po, chi ha decorsi di malattia della prima infanzia. E non si pensi che questo assioma "eutanasia dei disabili = risparmio per lo Stato" fosse semplicemente un vaneggiamento di qualche per­fido pensatore. I 70 mila casi di uc­cisioni di Stato praticate dai nazisti fecero 'risparmiare' (secondo i documenti rinvenuti a Hartheim) 885 milioni di marchi alla Germa­nia del Führer, come documenta Una ragionevole strage (Lindau), a firma di Mireille Hirsinga-Renno. Piccola chiosa: i curatori trascura­no la fondamentale opposizione cattolica alla barbara eutanasia di Stato. Scrivono: "Nell'agosto 1941 fu raggiunto il numero di soppres­sioni preventivate e le uccisioni su­birono un'interruzione su ordine del Führer, anche se è probabile che alla decisione avesse contri­buito la risonanza pubblica che es­sa iniziava ad assumere e le prese di posizione di taluni esponenti della chiesa protestante". Fu so­prattutto il vescovo cattolico di Münster, il futuro beato Clemens August von Galen, a levare alta la sua voce di protesta in tre sue o­melie dell'estate del '41, rimaste famose per le sue invettive contro "contro le persecuzioni razziali e folle eutanasia".



L'arena - 9 febbraio 2012

Il Darwin di Hitler

INCUBI. La filosofia che portò ad assassinare i disabili e gli "incurabili" L'eugenetica, la scienza di migliorare il genere umano portata all'estrema conseguenza: la selezione della specie. Così il nazismo eliminò gli "inadeguati" DI HITLER

di Stefano Biguzzi
A cavallo tra Ottocento e Novecento, nell'Europa al vertice della potenza politica, economica e culturale, il sogno positivista di un inesauribile progresso guidato dalla scienza assunse molteplici forme. Tra le più inquietanti e complesse dal punto di vista etico vi fu certamente quella dell'eugenetica, la disciplina volta al perfezionamento del genere umano attraverso la promozione dei caratteri fisici e mentali positivi e l'eliminazione di quelli negativi. Coniato dall'antropologo inglese Francis Galton, il termine eugenetica occupò da subito un posto di rilievo sulla scena del dibattito scientifico e giuridico, ponendo la questione dei correttivi da mettere in atto per bilanciare la realtà di Paesi sviluppati in cui l'evoluzione della specie non poteva più contare sulla selezione darwiniana. L'enorme mole degli studi prodotti sull'argomento offre un panorama a dir poco angosciante perché, al di là delle sfumature, nessuna delle soluzioni proposte è scevra dal marchio di violenza e sopraffazione che sottende l'idea di poter dividere l'umanità in esseri superiori e inferiori. Non lo è l'eugenetica "positiva", che mirerebbe a indirizzare le scelte riproduttive favorendo il matrimonio tra soggetti sani, ma non lo è soprattutto quella "negativa", tesa a rimuovere gli elementi peggiorativi della specie. In questo secondo ambito il principale strumento doveva essere quello della sterilizzazione, prassi adottata peraltro fino alla fine degli anni Settanta del Novecento su decine di migliaia di soggetti ritenuti mentalmente o fisicamente inidonei alla riproduzione, in molte civilissime e democraticissime nazioni, dalla Svezia agli USA, dalla Norvegia al Canada. Ma c'era anche chi, anticipando i deliri dell'eugenismo, ovvero dell'ideologia che si propone di risolvere per via eugenetica questioni politiche, sociali ed economiche, si spingeva a teorizzare l'eliminazione fisica di handicappati mentali o di malati cronici qualificati come "vite-zavorra" o "vuoti gusci umani". L'unico sistema politico a realizzare l'eugenetica in tutte le sue forme, compresa quella estrema delle eutanasie di massa, fu il nazismo; per questo gli studi scientifici usciti in Germania prima dell'avvento al potere di Hitler si offrono come documenti straordinariamente utili per delineare il piano inclinato che condusse allo sterminio di "inutili" e "inferiori". Esemplare in tal senso è La liberalizzazione della soppressione delle vite senza valore, il saggio pubblicato nel 1920 dal giurista Karl Binding insieme allo psichiatra Alfred Hoche e da poco uscito nella prima traduzione italiana a cura degli storici Ernesto De Cristofaro e Carlo Saletti, autori anche di una dotta e interessantissima prefazione (Precursori dello sterminio, Ombre corte, 93 pagine, 12 euro). Il volume si offre come un eloquente e terribile manifesto del pensiero eugenetico sulle "vite non degne di essere vissute" di malati incurabili e disabili che trascinano le loro esistenze "senza scopo e senza utilità, imponendo alla comunità gli oneri di un inconcludente sostegno". L'eliminazione di questi soggetti viene giustificata e auspicata dal punto di vista medico definendone la qualità di "non vivi" o comunque di persone che non manifestano volontà di vivere, mentre sotto il profilo giuridico si riconosce allo Stato il diritto-dovere di sopprimere individui improduttivi che gravano sulla collettività peggiorando la qualità della stirpe. Una posizione quest'ultima su cui in Germania aveva pesantemente influito l'esperienza della Grande guerra, sia perché da più parti si era imputata la sconfitta alla scarsa determinazione nel liberarsi della parte malata della società, sia per l'opinione che in tempi di crisi economica, lo sperpero di risorse impiegate per l'assistenza di malati terminali e "idioti incurabili" compromettesse la nutrizione delle giovani generazioni e dunque il futuro della nazione. Il volume di Binding e Hoche fece tragicamente scuola e, tredici anni dopo la sua uscita, il totalitarismo nazionalsocialista con il mito della razza superiore e del sangue puro si offrì come laboratorio ideale per i tanti apprendisti stregoni ansiosi di tradurre in realtà la lucida follia di quelle aberranti teorie. PREPARATO con burocratica meticolosità da una legislazione in materia di eugenetica e da una martellante azione propagandistica, il progetto EU-Aktion, indirizzato al "miglioramento mediante sradicamento" (Aufartung durch Ausmerzung), portò nel biennio 1940-1941 all'eliminazione in massa, anzi alla "disinfezione" come dicevano i carnefici in camice bianco, di 70.273 disabili, uomini, donne, vecchi e bambini. Dopo la sospensione del progetto gli omicidi continuarono comunque, seppur con minore sistematicità, dando avvio a una fase di eutanasia selvaggia che portò il numero delle vittime a circa 200mila. Il personale addestrato per l'EU-Aktion, avrà poi modo di mettere a frutto la sua "professionalità" nei campi di sterminio dove si sarebbe attuata la "soluzione finale del problema ebraico". Nella scena finale di Vincitori e vinti, il magistrale film di Stanley Kramer sul difficile esame di coscienza della Germania post 1945, il giudice Haywood, presidente di una corte che ha condannato all'ergastolo quattro magistrati complici dei crimini nazisti, riceve la visita di uno dei loro difensori, l'avvocato Rolfe, giovane nostalgico dei fasti hitleriani. Alla provocatoria battuta del legale che prefigura per i condannati una scarcerazione a breve, come già accaduto per altri pezzi grossi collusi con il regime, e che gli fa notare come quell'esito fosse logico perché comunque la nazione avrebbe avuto ancora bisogno di loro, Haywood risponde: "Essere logici non significa essere giusti". Una massima che nella sua semplicità rende perfettamente i rischi connessi alle spaventose derive dell'eugenetica insieme al tema sempre attuale di quanto la razionalità possa o meno risolvere le categorie del bene e del male. Anche perché, con l'aria che tira, l'ipotesi che qualche brillante ingegno cominci a porre la questione di quanto costa assistere malati incurabili e disabili non è poi così remota; come in Inghilterra, dove secondo due terzi dei medici il servizio sanitario nazionale dovrebbe garantire gratuitamente agli anziani solo le cure essenziali.



www.60pezzi.it/2012/03/19/precursori_dello_sterminio/
60 pezzi.it

di Claudia Crocetta

"Precursori dello Sterminio" è il titolo del libro edito da Ombre Corte presentato il 16 Marzo presso la libreria Feltrinelli di Catania. Poche parole che lasciano poco spazio all'interpretazione: il riferimento allo sterminio nazista, sebbene sottinteso, è palese. Gli autori, Ernesto De Cristofaro e Carlo Saletti, hanno curato, facendola precedere da un pregnante breve saggio, la prima e unica traduzione in italiano di un documento estremamente significativo e di imprescindibile e inquietante valore storico in quanto primo studio sistematico delle questioni afferenti l'eugenetica e l'eutanasia programmaticamente studiate e predisposte per persone con disabilità psichica e fisica, La liberalizzazione dell'eliminazione di vite non degne di essere vissute (Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens), pubblicato in Germania nel 1920 dallo psichiatra Alfred Hoche e dall'anziano e affermato giurista Karl Binding.
Alla presentazione, gli interventi del Prof. Giuseppe Dolei, di Nino De Cristofaro e dello stesso Ernesto De Cristofaro hanno delineato, attraverso le parole , tra gli altri, di Thomas Mann, i fragili confini di Civiltà e Barbarie, di Zivilisation e Kultur (Considerazioni di un Impolitico,1918) ribadendo con Sigmund Freud la fragilità del velo della cultura rispetto alla brutalità degli istinti primordiali (Il disagio della civiltà, 1929).
Un'occasione di confronto, di conoscenzae di sviluppo di un dibattito critico, non 'solo' per non perdere la memoria storica, sebbene ciò costituirebbe già una ragione sufficiente per occuparsene, ma anche per approfondire la relazione con la stringente attualità dei temi che vengono chiamati in causa nelle argomentazioni. Lo studio di Hoche e Binding costituisce un tassello essenziale per la ricostruzione del mosaico ideologico e storico preparatorio all'avvento e all'affermazione del partito Nazionalsocialista Tedesco, un prodromo ideologico, una precoce e oscura pietra miliare, un testo guida che farà scuola negli anni del nazismo.
Il contesto è quello dei primissimi anni '20: le frustrazioni della sconfitta e le pesantissime riparazioni di guerra, l'inflazione inarrestabile, l''ansia di riscatto, la progressiva consapevolizzazione del fallimento della Repubblica di Weimar avrebbero coinvolto di lì a pochi anni ampie fasce della popolazione tedesca, esasperando il clima di tensione sociale. Le strutture e le figure giuridiche di uno stato democratico giovanissimo, ma istituzionalmente ben fondato, si sarebbero sgretolate in un inesorabile crescendo di negazione dello stato di diritto e di imposizione dell' arbitrarietà della forza e della violenza del "capo carismatico". Il sovvertimento delle istituzioni e dei riferimenti culturali e, se si vuole, ideologici su cui si era fondata la cultura europea, si insinuava lentamente anche in quelle che erano considerate le menti più lucide della classe colta tedesca.
I densi interventi si sono soffermati, tra l'altro, sulla perdita dell'innocenza della Cultura. La scienza sprofondava in un abisso di abominio nel tentativo di rendere asettici gli studi sulle categorizzazioni specialistiche del patologico e le osservazioni scientifiche volte a definire la linea di confine tra dignità e indegnità di una vita, nel tentativo di quantificare in termini numerici ed economici di aberrante precisione il rapporto costi/benefici dell'eliminazione di vite "indegne di essere vissute". L'eugenetica, la sua teorizzazione e la sua applicazione pratica, precedettero il nazismo. La scienza precorse l'ideologia, la plasmò, sradicando il problema morale della eliminazione di individui "indegni", di "gusci vuoti". Una nuova " scienza", mai più innocente, spianava la strada alle pratiche che furono sistematizzate ed estese su più ampio raggio negli anni del nazi-fascismo. In quelli che sono stati consegnati alla storia come i "processi secondari" di Norimberga, i medici del Reich, imputati delle efferatezze più sordide, assunsero un atteggiamento negazionista che, oltrepassando l'autodifesa morale dell'adempimento degli ordini dei superiori, palesava l'assoluta inconsapevolezza delle proprie azioni, decriminalizzate e giuridicamente e "moralmente" ineccepibili: la radice ideologica prima e profonda si ravvisa proprio negli accurati studi di Hoche e Binding.
Normalizzazione sociale e ottimizzazione delle spese: alleggerimento della spesa dello Stato per individui inutili e improduttivi. Tutto suona logicamente ineccepibile e rigoroso, ha l'asetticità sperimentale della condizione di vuoto. È decriminalizzato, si tratta anzi, di atti consentiti e socialmente "utili". La medicalizzazione e la patologizzazione dell'anomalia, la necessità di un'eutanasia compiuta ai danni di un soggetto non consenziente, rispondono a un quadro ideologico lucido e delirante che relega la diversità in un angusto spazio di coercizione e controllo e, quindi, di eliminazione. Strutture detentive come il carcere e il manicomio furono, se è opportuno usare il passato, luoghi di prefigurazione e celebrazione della società repressiva e massificata nel consenso.
La rappresentazione di una gestione tecnocratica nel rapporto tra lo Stato e la vita, tra la giurisdizione e le scelte individuali, conduce gli estremi della riflessione a uno dei punti nevralgici della discussione giuridica e del dibattito politico contemporaneo, ancora oggi dolorosamente irrisolto in Italia, e che passa attraverso la definizione del concetto di libertà, riassumibile nella formula onnicomprensiva di "testamento biologico". Una vexata quaestio la cui soluzione non può prescindere dal riequilibrio dell'"asimmetria" di una condizione di limitazione implicita e illegittima della libertà di scelta. La rimozione dell'assurdo modello di un "Grande Inquisitore" che, professando una libertà politica di fatto incompleta, estende le proprie ingerenze sulla sfera della libertà individuale in materia etica, e la restituzione delle vite e dei corpi alla giusta dimensione soggettiva, individuale e, infine, politica, ascriverebbero definitivamente l'individuo a unico titolare della propria vita.



http://francorotondi.blogspot.it/<

Ho conosciuto Ernesto De Cristofaro un paio d'anni fa quando mi propose di collaborare a "Scarti di Umanità" , un libro curato da Francesco Migliorino e scritto a più mani, il cui tema conduttore era la liaison dangereuse tra sapere e potere, abituale e perverso connubio alla radice delle teorie e delle politiche razziali.
La ricerca di De Cristofaro continua lungo questo percorso ed è di questi giorni la pubblicazione di "Precursori dello sterminio. Binding e Hoche all' origine dell'eutanasia dei malati di mente in Germania", libro scritto a quattro mani con Carlo Saletti ed edito da Ombre Corte.
Gli autori hanno commentato e tradotto per la prima volta in italiano Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens (Il permesso alla distruzione delle vite indegne di vita), testo pubblicato in Germania negli anni '20, in cui il giurista Karl Binding e lo psichiatra Alfred Hoche, teorizzavano la necessità dell'eliminazione fisica dei malati di mente, considerati inutile "zavorra" per la nazione.
Questo saggio, insieme ad altre produzioni analoghe, costituirà il substrato pseudoscientifico e pseudogiuridico alla base delle ossessioni eugenetiche e all'attuazione del programma eutanasia, indiscutibile prius logico della successiva politica razziale della Germania nazista
Ernesto De Cristofaro è ricercatore di Storia del diritto medievale e moderno presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Catania. Tra le sue ultime pubblicazioni: Sovranità in frammenti. La semantica del potere in Michel Foucault e Niklas Luhmann (ombre corte, 2007), Codice della persecuzione. I giuristi e il razzismo nei regimi nazista e fascista (Giappichelli, 2008) e Il senso storico della verità. Un percorso attraverso Foucault (Il Melangolo, 2008).
Carlo Saletti svolge attività di ricerca storica. Ha recentemente pubblicato, con Frediano Sessi, Visitare Auschwitz. Guida all'ex campo di concentramento e al sito memoriale (Marsilio, 2011) e Fine terra. Benjamin a Portbou (Ombre corte, 2011).






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