a cura di A. Marroni e U. di Toro
Muse ribelli
Complicità e conflitto nel sentire al femminile
 
Il sole 24 orre - 19 febbraio 2012

Il riscatto intellettuale delle muse

di Anna Li Vigni

"Seilamiamusa!". Espressione che dovevasuonarenon propriolusinghiera al le orecchie di Asja Lacis, Colette Peignot, Nadia Baranden, Irma Seidler, amiche e amanti rispettivamente di Walter Benjamin, George Bataille, Carlo Michelstaedter e György Lukács. Per loro, il ruolo di angelo custode silenzioso al fianco del maschio creativo era limitante. Era l'inizio del XX secolo, e avevano da dire la loro. Per questo furono muse, sì, ma ribelli, e dalle vite drammatiche sovente spezzate dal suicidio. Il volume miscellaneo Muse ribelli, curato da Aldo Marroni e Ugo di Toro, narra la storia di molte di queste donne e rivela "chi" suggeriva, da dietro le quinte, idee fondamentali ad alcuni grandi (uomini) del '900.
Bataille non nascose il suo imbarazzo quando, in un testo postumo della sua Colette - la Laure con cui aveva condiviso una vita autentica e libertina -, si lesse la definizione di "sacro" da lei pensata, la stessa cui lui sarebbe giunto molto tempo dopo. La lettera che l'intellettuale russa Nadia lascia a Michelstaedter prima di suicidarsi, nella quale lo esorta a vivere autenticamente, avrà un ruolo nel suicidio del pensatore nel 1910. E che dire di Lukács, che nasconde in una cassetta di sicurezza della Deutsche Bank la lettera imbarazzante con cui Irma spezza il loro fidanzamento? Per lui l'amore è un esercizio metafisico e narcisistico, da compiere "per mezzo" della donna, alla ricerca della forma assoluta del sé. "Non siamo stati insieme - lo rimprovera - dove si svolgeva la mia vita terribilmente umana, fatta di sangue e materia". Irma non era la donna ideale, era una donna.



Intervista con Aldo Marroni
Fahrenheit - 24 aprile 2012



Lettera internazionale, 111, 2012

Recensione di Caterina Di Rienzo

Composto di dieci saggi più un'intervista, Muse ribelli offre un percorso critico sui termini che danno il titolo al lavoro. Al discorso unitario della tematica si affiancano motivi teorici che rimettono in discussione il tema stesso, in una dialettica di due secoli - Ottocento e Novecento, con una retrospettiva sulla polis greca - che rivela l'interna tensione della locuzione "muse ribelli". Innanzitutto perché, come chiarisce Aldo Marroni, si tratta di elementi in opposizione tra loro, ma anche perché vi è qui un binomio che, se nell'estetica ha il suo elemento unificante, al tempo stesso, fornisce più coniugazioni dell'aisthesis. Ipotizzo, cioè, tre piani di lettura - estetico-etico, estetico-politico ed estetico-psichico - come figure possibili della ribellione di donne che declinano il proprio sentire in forme esistenziali diverse: come ethos, rispetto a una morale ipocrita di tipo borghese, come progetto di sintesi tra arte, politica e paideia, come complessità/ambiguità psicologica in cui il conflitto, pur se inconsciamente, è prima di tutto una categoria interiore.
I saggi raccolti, di cui sono autori gli stessi curatori e, tra gli altri, Mario Perniola, Sergio Benvenuto, Simona Mitroiu, Franco Lolli, descrivono l'esperienza di donne legate a vario titolo a uomini artisti, scrittori, pensatori, la cui opera stimolano in un rapporto mai pacificato tra arte e vita, poiché non hanno più sembianze mitiche o di donne ideali, né di un fenomeno compensatorio per l'atto creativo, conseguente alla perdita dell'ispirazione divina. Non sono muse passive o, per così dire, agite dal bisogno maschile di trovare riparo e contenimento alle proprie pulsioni. Piuttosto, sono muse che agiscono e reagiscono, facendo scoppiare i margini di un amore per la contemplazione, trascorrendo da un'estetica della forma a un'estetica del sentire differente, per citare le categorie di Perniola (L'estetica contemporanea, Il Mulino, 2011). Se non sono figure appartenenti ai femminismi storicamente determinati poiché la ribellione alle disposizioni maschili, riflesse nelle strutture sociali, spesso non esce dall'individuale, tuttavia, esse si inscrivono nella tensione identità/alterità della soggettività femminile, dell'altro in quanto sé che rifiuta la riduzione ai ruoli costituiti, fino a poter estremizzare il sentimento della propria irriducibilità, rovesciandolo nella totale negazione di sé che è il suicidio. Da questa estetica femminile, nasce allora una nuova categoria umana di musa, che non entra nell'opera come conciliazione e armonia, piuttosto come conflitto, eros della differenza e, talvolta, soglia dell'eccesso.
M. Wollstonecraft Shelly, U. Levetzow, W. Sacher-Masoch, L. Salomè, I. Seidler, N. Baraden, A. Lacis, C. Peignot, D. Klossowski, R.-M. Pagnard, le etere greche, non sono semplicemente donne oggetto di ispirazione, ma donne soggetto di scrittura che, in un modo o in un altro, sono in un loro personale rapporto col segno scritto, come ricerca di autonomia o, potremmo dire, come pratica del sé.














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