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Nonostante Platone
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Figure femminili nella filosofia antica
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left, 44, 6 novembre 2009
Il logos e le donne In libreria la nuova edizione di "Nonostante Platone, Figure femminili nella filosofia antica".
A colloquio con l'autrice Adriana Cavarero
di Noemi Ghetti
Sè vero che dal terzo millennio
a.C., quando fu inventata
dai Sumeri, scrittura e ordine
patriarcale procedono di pari
passo, è un fatto che in letteratura
le donne sono state raccontate, quasi
sempre, dagli uomini. Dalla mitologia
alla filosofia, la galleria delle figure
femminili dell'antichità reca l'impronta,
quasi mai impregiudicata, della
prospettiva maschile da cui sono state
rappresentate.
A questa "ingiustizia patriarcale" si
ribellò, alla fine degli anni Ottanta, il
piccolo libro Nonostante Platone, Figure
femminili nella filosofia antica di
Adriana Cavarero, figura di spicco del
pensiero della differenza sessuale, nonché
autorevole esponente degli studi
arendtiani. Tradotto in molte lingue,
il libello viene riproposto dall'editore
Ombre corte oggi, quando l'esigenza
di passare dalla denuncia femminista,
sotto il cui segno fu scritto, alla proposizione
di una nuova identità femminile
si è fatta inderogabile. A venti anni di
distanza, il saggio offre un contributo
tuttora valido all'attuale dibattito culturale.
E anche al dibattito politico, se
consideriamo che la metafisica e l'etica
dei padri, filosofici o ecclesiatici che
siano, mostra quotidianamente la sua
inadeguatezza nella pretesa di regolamentare
questioni che, come l'aborto
e la fecondazione assistita, riguardano
le donne, e non possono più essere affrontate
con un pensiero che è lo stesso
di Platone ed Aristotele.
"Platone ci offre il vantaggio - dichiara
a left l'autrice, docente di Filosofia politica
presso l'università di Verona - di
misurarci con il momento fondativo
della metafisica, per sorprendere come
l'esclusione delle donne sia un elemento
scopertamente essenziale della costruzione
del logos greco".
Partendo dal filosofo delle idee, il saggio
passa in rassegna quattro emblematiche
figure femminili della letteratura
antica, Penelope la moglie, Demetra
la madre, Diotima la maestra e
l'irridente servetta di Tracia, "rubandole"
al loro contesto e rivisitandole
alla ricerca di un radicale rivolgimento
di prospettiva, nell'intento di restituire
un contenuto più vero a pensieri
e parole svuotate di senso dalla speculazione
filosofica. E dimostra come il
percorso derealizzante della filosofia
greca fin dall'inizio vada nella direzione
di un capovolgimento, secondo il
quale la vera realtà è quella che sta in
cielo, mentre la vita umana sulla terra
diventa mera apparenza. Angoscioso
annuncio di corruzione e morte, la
multiforme vita reale viene esorcizzata nel "non essere che non è" parmenideo, che "nientifica" - Cavarero
utilizza il termine di Severino - tutto
ciò che è corpo, movimento e trasformazione,
in opposizione all'"essere
che è", eterno ed unico. Che diventa in
Platone mondo delle idee. Alla stessa
intenzione rispondono processi di
progressiva astrazione semantica, finemente
indagati, per i quali ad esempio
si finisce col denominare tutti gli
esseri umani con l'etichetta universale
e indifferenziata "l'uomo". Che di fatto
fa sparire quella variante inferiore,
perché sprovvista di pene e di pensiero
astratto, che sono le donne.
La prima manifestazione dell'insanabile
conflitto tra il logos dei filosofi e
le donne è individuata dall'autrice
nell'aneddoto raccontato da Platone
nel Teeteto: "Talete, mentre stava scrutando
le stelle e guardava in alto, cadde
in un pozzo. Allora una servetta di Tracia,
garbata e graziosa, rise dicendogli
che si dava un gran da fare a conoscere
le cose del cielo, ma le cose che gli stavano,
dappresso, davanti ai piedi, gli
rimanevano nascoste".
Sedotti dalla storia della ragazzetta
barbara che irride le speculazioni del
protofilosofo, proponiamo ad Adriana
Cavarero di commentare le vicissitudini
della parola psyché, che nell'antica
favola mediorientale "Amore e Psiche"
è il nome della fanciulla, in Platone
diventa anima spirituale. "Non mi
intendo del destino testuale della favola
- risponde -, ma ho molto studiato
il termine in Platone. Ha la radice del
verbo psychóo, che significa soffiare,
ma anche emettere qualcosa di fecondante,
e in Omero e nei tragici significa
soffio vitale e insieme simulacro, ombra
o doppio del vivente. Nel Timeo
di Platone, con una rappresentazione
fantastica e materiale insieme, psyché
è il contenuto dello sperma, racchiuso
nella materia cerebrale e nel midollo
del maschio, che nell'atto sessuale
viene "insufflato", grazie all'eros, dal
pene". E produce, come nel Simposio
spiega a Socrate la sacerdotessa Diotima
con la sua lezione sull'amore, una
fecondazione "noetica", ovvero di
pensiero filosofico, nel
caso dell'eros "celeste"
tra maestro e discepolo,
e una fecondazione corporea
nel caso dell'eros
"volgare" con le donne.
"Ridotte da Platone - osserva
con ironia la professoressa
- paradossalmente
proprio attraverso
l'insegnamento di una
donna, a semplice fornetto
che fa lievitare l'inseminazione
maschile". Mentre siamo affascinati
dall'acutezza della critica, meno convincente
ci sembra la parte propositiva
del saggio, condotta alla luce
delle categorie della nascita e della
differenza sessuale. All'"essere per la
morte" della filosofia, a cui corrisponde
un'origine dal nulla, Cavarero oppone
l'idea della nascita intesa come
riconoscimento dell'imprescindibile
fatto di essere "nati da madre". "La
nascita da madre è un fatto - risponde
alla nostra perplessità -. Si tratta di
riconoscere un debito simbolico, e di
raccontare diversamente il matriarcato
di Bachofen".
E individua nel mito di Demetra e
Kore, la fanciulla rapita dal re degli
inferi Ade, la rappresentazione del
passaggio violento dall'arcaico regno
delle madri al regno patriarcale. Sei
mesi nel buio degli inferi, sei mesi
tra le messi con la madre: obiettiamo
che nell'alternativa tra patriarcato e
matriarcato non vediamo alcuna speranza
di realizzazione di un'identità
femminile senza identificazioni. La
nascita umana non ci sembra rappresentata
dal continuum del ciclo biologico,
che l'autrice vede adombrato
anche nel fare e disfare la tela di Penelope,
interpretata come ribellione
al tempo dell'azione di Ulisse e al
tempo eterno dei filosofi.
Dal 1971, con la teoria di Istinto di morte
e conoscenza dello psichiatra Massimo
Fagioli, la nascita è separazione, emergenza
del pensiero dalla realtà biologica.
Chiediamo infine come sia possibile
concettualizzare un pensiero della
"differenza sessuale" restando all'interno
della ragione greca, che considera
l'irrazionale inferiore ed animale.
Un pensiero razionale
che esclude, con le donne,
anche bambini e
barbari, e si pone come
la radice di ogni razzismo.
Se non sia invece
necessario riconoscere
l'esistenza del pensiero
senza coscienza, il solo
che ha la capacità di sostenere
la contraddizione
dell'uguaglianza nella
nascita e della diversità nell'identità
sessuale tra uomo e donna. "Sono
contraria all'equazione tra logos, razionalità
e coscienza - risponde la professoressa
- Anche in Omero c'è un logos,
un "discorso" della narrazione, nel
quale io mi riconosco piuttosto che nel
"discorso" logico analitico dei filosofi.
Mi sento omerica, preplatonica. Sono
contraria al binarismo tra ragione e
irrazionale: appartiene al linguaggio
della metafisica che critico dall'esterno
e voglio decostruire. Per quanto riguarda
il pensiero inconscio, non lo riconosco,
sono ostile alla psicoanalisi.
Si tratta piuttosto di ritrovare il ruolo
dell'immaginario: un logos della narrazione
creativa, che costruisca senso
a partire dalle immagini, come quello
di Sherazade. Come quello di Psiche,
intorno a cui abbiamo svolto il nostro
discorso". Nonostante Platone
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