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Erotica e retorica
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Foucault e la lotta per il riconoscimento
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il manifesto - 18 dicembre 2007
Una via di fuga sulle orme dei «classici»
«Erotica e retorica. Foucault e la lotta per il riconoscimento», un saggio di Mariapaola Fimiani. La resistenza alla società del controllo e l'azione tesa a definire la soggettività politica
di Sandro Chignola
In un testo che nel 1977 Gilles Deleuze affida a François Ewald perché questi lo rimetta a Foucault - un testo dalla particolare intonazione confidenziale, intima, che può essere letto in traduzione italiana nella raccolta di saggi deleuziani curata da Ubaldo Fadini per ombre corte (Desiderio e piacere, in Divenire molteplice. Nietzsche, Foucault ed altri intercessori) - viene evidenziato quello che a Deleuze appare il problema davanti al quale si trova Foucault nel punto di svolta tra Sorvegliare e punire e La volontà di sapere. L'idea, cioè, che «dispositivi di potere» e «resistenze» si fronteggino nel piano di immanenza del campo sociale sembra infatti a Deleuze rischiare di restaurare, da un lato, le funzioni unificatorie del principio di contraddizione e dall'altro evitare la vera questione che dovrebbe essere pensata: se le «linee di fuga» che il potere cerca di imbrigliare - il movimento delle migrazioni, quello delle donne, la circolazione della moneta, le insorgenze del desiderio, il puro disordine che fa scappare da tutte le parti l'«oggetto» del controllo, la nozione stessa di «campo sociale» - «non sono necessariamente rivoluzionarie».
Che cos'è, si chiede Deleuze, che fa di un evento un punto strategico di resistenza piuttosto che un'indecidibile traiettoria di non-tenuta, una pura deterritorializzazione? In termini molto più radicali: quali sono le condizioni di produzione etica e politica di un nuovo soggetto nel partage, nella separazione, che si spalanca tra dispositivi di potere e contropotere; tra il Potere e i poteri, plurali, singolari, puntuali, ai quali si incardinano le resistenze?
Il divenire del soggetto
Questione filosofica decisiva, si dirà. Alla sua elaborazione Michel Foucault prende a lavorare negli anni seguenti, e ad essa deve essere ricondotta la sua intera produzione della maturità. Il Foucault dell'Uso dei piaceri, de La cura di sé, de L'ermeneutica del soggetto, il teorico della biopolitica, non come colui che ripropone un'inaudita, e per molti versi sorprendente, centralità del soggetto, ma come colui che prende davvero sul serio la questione cruciale che gli pone il suo amico Deleuze.
È questo Foucault, un Foucault filosofo, che pensa, come egli ebbe del resto a dire, con i classici sui quali non scrive, ma nella cui traccia egli lavora (Heidegger, certo. Nietzsche, passione condivisa con Deleuze, ovviamente. Ma anche Kant e soprattutto Hegel, al quale Foucault dedica un inedito mémoire giovanile), quello preso in considerazione da un importante saggio di Mariapaola Fimiani (Erotica e retorica. Foucault e la lotta per il riconoscimento, ombre corte, euro 13,50).
Il soggetto e il suo sporgere sul mondo a partire dalla piegatura riflessiva del vivente, nella quale l'accadere si altera e si dispiega la contraddizione tra la coscienza e l'oggetto, è il quadro in cui Foucault pensa il ciclo dell'ermeneutica del soggetto.
L'apertura e la chiusura del Cours del 1981-1982 sono dunque poste sotto l'egida hegeliana della «spiritualità». Il legame circolare tra il «soggetto» e la «verità». A partire da ciò, l'idea del soggetto come di un divenire. Elaborazione della differenza e ritorno del sé al sé. E ancora: l'appello perché il pensiero raccolga di nuovo la sfida del mondo classico alla filosofia occidentale, quella di pensare un soggetto di esperienza capace di fare del proprio mondo il luogo di una prova.
Apprendere il proprio mondo come «appartenenza» e come un «compito» è ciò che marca, per Foucault, la specificità dell'ethos filosofico. Tagliare l'ordine delle cose per tenere assieme ontologia dell'attualità e potenza di trasformazione, il gesto che gli permette di pensare con Kant, Nietzsche, Weber. E soprattutto con Hegel. L'Erotica che chiude L'uso dei piaceri - il «duplice rapporto con la verità» che in essa si dischiude: «rapporto con il proprio desiderio interrogato nel suo essere», e «rapporto con l'oggetto del desiderio come vero essere» - come esplicita e diretta «riscrittura» della Fenomenologia dello Spirito e della logica hegeliana del riconoscimento.
È questa la tesi di Fimiani. Il farsi spirituale del vivente e il movimento della vita presa nel proprio sapere; l'attivazione del circolo che lega il soggetto alla verità in una trasformazione che è trasformazione attuale dell'uno e dell'altra; il farsi esistenza del divenire. Un'ontologia della forza in cui si intrecciano vita e soggettivazione e che Foucault pensa nel testo di Hegel.
Di qui una sorta di radicalizzazione del lavoro filosofico foucaultiano. Ciò che per lui è in questione non è più (soltanto) l'analisi dei sistemi di verità e il loro archivio, l'archeologia del sapere indagata nella ritmica di costruzione e decostruzione, ma l'istantaneità dell'atto di verità che chiede di essere imputato al soggetto agente in stretta coniugazione con la sua inserzione al mondo. L'etica della vita si lega così alla politica.
La «piegatura» in cui la vita si riflette attraverso il sapere che produce di sé, si fa linea di articolazione singolare tra etica e politica, tra la «cura sui» e il sistema degli effetti che la trasformazione in cui il soggetto è catturato determina sulla costituzione intersoggetiva del mondo e la tramatura dei poteri che la sottende.
Etica della rivoluzione
«Rileggo i Greci - avrebbe affermato Foucault - perché la Rivoluzione sarà etica». Non c'è resistenza alle pratiche di assoggettamento se non nella reinvenzione del rapporto in cui singolarità della soggettivazione e vita politica sono viecendevolmente costrette ad una decisiva rimodulazione dell'una e dell'altra. Ancora Hegel, probabilmente, colui che lavora nella lettura foucaultiana dello stoicismo. Ma ben prima dello stoicismo - e della pastorale cristiana che ne ritrascrive i codici in forma impolitica e disciplinare - l'Alcibiade di Platone: la conversione dello sguardo che trasforma la semplicità del processo vitale in esperienza soggettiva, potenza singolare radicata nella pienezza del piacere e non fondata sulla mancanza del desiderio, atto di verità che trasforma il mondo e il sistema di rapporti etici che lo fa mondo comune.
«Sarà rivoluzionario colui che potrà rivoluzionare sé stesso», ebbe a scrivere Wittgenstein. Coniugare il rapporto tra il reinventarsi vita singolare e il divenire della vita in comune, e quindi gettare una sfida permanente ai meccanismi pastorali del biopotere: è questo il compito etico e politico cui ci introduce Michel Foucault.
Il mattino di Napoli - 9.1.2008
L’erotismo e il potere di Foucault
di Corrado Ocone
Michel Foucault è stato sicuramente uno dei pensatori più originali e profondi del secolo scorso, la cui effettiva grandezza è venuta fuori solamente in questi ultimi anni con la pubblicazione di numerosi inediti e di una consistente messe di studi critici. Mariapaola Fimiani, docente di Filosofia morale all’Università di Salerno, si inserisce in questa vera e propria rinascita foucaultiana scegliendo un angolo visuale particolare: rileggendo l’etica e la politica soprattutto dell’ultimo Foucault, quello che ha insistito su concetti come la «cura di sé» e l’«estetica dell’esistenza», alla luce della categoria hegeliana del riconoscimento (Erotica e retorica. Foucault e la lotta per il riconoscimento, Ombre corte, pagg. 153, euro 13,50). Per Hegel l’individuo si definisce nel confronto-scontro con gli altri, da cui pretende di essere riconosciuto nella sua particolarità: non c’è singolarità senza comunità, interiorità senza l’esteriorità della vita nella polis. È interessante notare come Foucault faccia propria l’interpretazione hegeliana dell’antichità classica e dell’età ellenistica: la prima solamente ha conosciuto, seppure in modo immediato e non riflesso, quella sintesi di eros e polis che si è poi dissolta nell’età successiva. L’eros è ciò che più si avvicina all’idea che Foucault ha della politica e del potere in genere, inteso quest’ultimo come una modalità di soggiogamento diffusa o disseminata in cui ognuno è volta a volta schiavo e padrone (è questo il senso della sua «microfisica»). Nel rapporto ludico fra gli amanti si è appunto a volti signori e a volte servi dell’altro. L’importante è non rompere questa tensione: se scompare il rapporto, infatti, da un lato si instaura un potere autoritario, dall’altra una situazione individuale di solitudine, infelicità e inquietudine. È ciò che è successo appunto nel mondo classico, ma è ciò che sembra succedere, suggerisce Mariapaola Fimiani, anche nel mondo postumano in cui ci è dato vivere attualmente. Non è un caso che la retorica, cioè l’arte della persuasione e dell’adulazione, sostituisca oggi l’erotica come forma prevalente della politica. E non è nemmeno un caso che l’individuo viva una forma di disgregazione e di atomismo mai prima sperimentata. Non mancano i tentativi di soluzione a questa crisi, ma essi, essendo interni alla crisi stessa, finiscono per confermarla e aggravarla. Scrive Fimiani: «I presupposti e la tensione teorica che accompagnano l’etica foucaultiana della cura allontanano le pratiche greco-antiche ed ellenistiche dalle modalità contemporanee dell’attenzione a se stessi, dell’esaltazione del sé e della solitudine reale. (...) Da questo Foucault, che pure ha conosciuto da vicino le esperienze californiane, si dichiara esplicitamente distante». La soluzione prospettata è tutt’altra ed è, in definitiva, una consapevole non soluzione: solo se non si rincorre alcuna idea perfezionistica di comunità, sarà possibile infatti eroticizzare di nuovo la politica. Solo un «riconoscimento sospeso e trattenuto», come lo definisce l’autrice, permette infatti di non ridurre l’altro a sé, di mantenere la «differenziazione etica».
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