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Sovranità in frammenti
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La semantica del potere in Michel Foucault e Niklas Luhmann
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il manifesto - giovedì 15 febbraio 2007
La sovranità perduta del "Politico"
È a partire dei Corsi alla fine degli anni Settanta che l'attenzione si sposta sul neoliberlismo, in quanto risposta ai "processi di soggettivazione"
Due significativi saggi di Ernesto De Cristofaro e Ottavio Marzocca ricostruiscono il tentativo operato da Michel Foucault di decostruire il lessico che ha costruito l'idea di stato e di governo, cioè due delle categorie fondanti la modernità Nella riflessione del filosofo francese prende corpo un'analisi del potere emancipata dalla figura del sovrano per cedere il posto a un processo in cui
di Sandro Chignola
Potrebbe forse dirsi che uno dei più più evidenti segni della transizione in cui è presa la riflessione giuridica e teorico-politica contemporanea sia la difficoltà incontrata dai suoi concetti e dalle sue categorie quando ci si sforzi di pensare all'altezza delle trasformazioni del presente. Unità dell'ordinamento e gerarchia delle fonti normative, territorio come perimetro "nazionale" di vigenza e di applicazione della norma, sovranità come decisione fondamentale sulle forme e sulle regole dell'ordine sociale, sono i cardini di un dispositivo che viene messo a dura prova dai processi di decostituzionalizzazione e "amministrativizzazione" del comando che investono lo Stato. Neoliberalismo e globalizzazione trasferiscono altrove - e su altri terreni costringono dunque a pensarlo - il meccanismo di regolazione complessiva, di governo, della cooperazione sociale.
A due degli autori - il filosofo francese Michel Foucault e il filosofo del diritto tedesceo Niklas Luhmann - tra quelli maggiormente presi in considerazione tra chi sta lavorando ad un rinnovamento dei paradigmi della scienza della politica e del diritto e al modo in cui nella loro ricerca il paradigma della sovranità è stato rivisto, modificato, "risemantizzato", come scrive l'autore, è ora dedicato il saggio di Ernesto De Cristofaro (Sovranità in frammenti. La semantica del potere in Michel Foucault e Niklas Luhmann, ombre corte, pp. 159, euro 14). Al centro del lavoro, la "robusta torsione epistemologica" imposta sia da Foucault che da Luhmann al dispositivo analitico imperniato sul concetto di sovranità e l'apertura di un confronto con il Welfare State e con i dispositivi di cattura del vivente nella trama del "Politico", che costringe ad un profondo rinnovamento dei saperi e delle discipline a generale desinenza politologica.
La trama del potere
Da un lato, a partire da Foucault e da Luhmann, un serrato lavoro di decostruzione rispetto al lessico e alle categorie fondamentali per mezzo dei quali si è determinata, come processo fondamentale della storia costituzionale europea, una "giuridificazione" complessiva del problema politico (il sistema della costituzione e delle garanzie, il quadro delle aspettative esigibili dallo Stato, il popolo sovrano come soggetto costituente unitario e come referente indifferenziato, come puro terminale, dell'azione amministrativa e di governo); dall'altro la posa in opera di concetti e di categorie (il "governo della vita" e la governamentalità in Foucault; le "strategie immunitarie", la differenziazione sistemica, la "sociologia del rischio", in Luhmann), qui affrontate nel contesto dell'opera che le tiene a battesimo, che si sono dimostrate estremamente influenti nel dibattito contemporaneo. Basti ricordare la fortuna del termine "biopotere" e "biopolitica" per Foucault, oppure il modo in cui Luhmann è stato usato - in qualche caso senza nemmeno un adeguato riconoscimento - nelle teorie dell'autopoiesi normativa o del sistema giuridico globale.
Il volume di De Cristofaro si muove dentro questa transizione complessiva. Un primo capitolo si occupa così della definizione del paradigma della sovranità. Da Hobbes a Schmitt, classicamente. Il secondo si incarica di perimetrare il modo in cui, in quelle che si riveleranno essere le rispettive fonti di riferimento della "svolta" operata da Foucault e Luhmann, il tema del potere viene dislocandosi dal paradigma fondativo della modernità. Il terzo e il quarto, quelli centrali, di ricostruire gli effetti di quel decentramento in Foucault (dalla microfisica dei poteri alle trasformazioni governamentali dello Stato oggetto dei Corsi al Collège de France degli anni 1976-1979 pubblicati da poco in italiano da Feltrinelli) e in Luhmann (il potere come regolatore di contingenza e come mezzo di comunicazione; il ruolo "immunitario" delle norme non come interdizione, ma come ristabilimento della loro funzione di integrazione rispetto ad un ambiente costitutivamente conflittuale). Mentre l'ultimo capitolo cerca di testare sui fenomeni politici della contemporaneità il livello di tenuta delle categorie ottenute dalla progressiva "revisione" del paradigma hobbesiano trattata nelle sezioni precedenti.
Vale subito la pena di far notare come l'ampio spettro di questioni e di autori presi in esame non sempre permetta a De Cristofaro di controllare fino in fondo il problema. E come l'inserzione dei testi sull'arco di una progressiva "revisione" in cui quello originario di Hobbes diventa un semplice "modello" tra gli altri, via via considerati più esplicativi, non gli consenta di cogliere fino in fondo la rottura determinata dalla logica della modernità e dal dispositivo di sovranità rispetto a modi differenti e ulteriori di pensare la politica. Come, cioè, concetti quali quelli di "individuo", "diritti" o "potere", ad esempio, rappresentino di per sé snodi e prospettive dell'effetto di verità determinato dal discorso politico della modernità e consentano di "chiuderne" l'epoca identificandola con quella dello Stato.
La fragile disciplina
E tuttavia, il libro in oggetto ci sembra degno di essere segnalato. Almeno per due motivi. Prima di tutto per il suo riattivare un dibattito, quello su Luhmann e su Foucault, troppo velocemente accantonato, in Italia, all'inizio degli anni '80 per l'imporsi della svolta analitica in filosofia politica e in filosofia del diritto. E poi, per il tentativo di ricentrare l'attenzione sui meccanismi per mezzo dei quali il diritto, il sistema normativo, si interfaccia alla propria esteriorità: il conflitto, il rischio di una contingenza da elaborare, la libertà concreta di uomini e donne come il dato inafferrabile anche per la più infinitesimale e diffusa circolazione del potere.........
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