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Vencidos
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Violenza e persecuzione politica nella Spagna di Franco
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Liberazione - 18.07.2006
Fascismo in salsa soft? Falso storico
di Valeria Magnani
Javier Rodrigo è studioso impegnato da tempo a documentare la cornice storica meno appariscente in cui si è mossa la repressione franchista in Spagna dal 1936 al 1948. Anche il suo ultimo lavoro, Vencidos. Violenza e repressione politica nella Spagna di Franco, uscito il giugno scorso per l’editore Ombre Corte (pp. 205, euro 18,00), lancia nella bibliografia sulla guerra spagnola il senso di un approfondimento di rigore, la demarcazione di zone d’ombra verso le quali la divulgazione storica è ancora debitrice. Rodrigo documenta la capillare organizzazione dei campi penitenziari e concentrazionari che il caudillo predispose intorno al suo progetto di rieducazione politica. Così facendo smantella i numerosi luoghi comuni che archiviano il franchismo in un limbo di minor responsabilità ideologica rispetto alla perversione del fascismo italiano e del nazionalsocialismo tedesco. Il franchismo, dunque, non è stato il fratello povero degli altri totalitarismi europei, al contrario serrò le fila di un progetto di violenza politica di connotazione segnatamente spagnola, una miscellanea di cattolicesimo, nazionalismo e anticomunismo che prese il nome di nazionalcattolicesimo, e che postulava l’esistenza di una “razza ispana” caratterizzata non tanto da aspetti fisici quanto dalla condivisione di un sentimento di esclusivo nazionalismo politico.
L’articolazione dei campi fu studiata nei minimi particolari. La gerarchia spagnola controllava lo status di ogni prigioniero di guerra, lo categorizzava e lo destinava alla morte o ai lavori forzati in base alla sua capacità di redenzione. Furono quasi 5.000 i prigionieri di guerra detenuti nei campi in condizione di denutrizione e sottoposti ad una pesante rieducazione ideologica e “morale”: questo era infatti l’inquietante prezzo da pagare per rientrare nei ranghi della vera comunità spagnola patriottica, anticomunista, antirepubblicana. Questa la connotazione terroristica che differenzia, ed esalta per così dire, il franchismo rispetto agli altri regimi.
Commissioni per la “classificazione dei prigionieri”, “Comando di istruzione e recupero”, apparato legale e giuridico che determinava i criteri di classificazione: tutti gli organi ufficiali, razionalmente predisposti, stringevano le maglie di una regolamentazione statale sempre più mirata a isolare l’alterità dell’individuo come degenerazione del sistema psichico, incanalare le persone verso l’omogeneizzazione mentale tanto indispensabile allo standard di regime. Team di psichiatri ed esperti dell’Accademia militare intrapresero addirittura studi e ricerche, applicati poi nei procedimenti di indottrinamento e riabilitazione, sulla “biopsicologia del fanatismo marxista”. Con questo strumento fu ufficializzata una serie di parametri che avevano il preciso compito di diffamare l’ideologia marxista stereotipandola al rango di malattia psichica: si stesero statistiche sul rapporto tra il fanatismo marxista e l’inferiorità mentale e sulla presenza di psicopatici nelle masse marxiste. Se tutto questo è raccapricciante, non meno lo è il fatto che il clero comparisse ufficialmente tra le entità patriottiche locali; se infatti la chiesa, ai livelli più alti del suo potere gerarchico, fu sempre connivente con i regimi, solo in Spagna affiancò il proprio nome a quello del dittatore con un fanatismo ufficialmente connotato che lascia sconcertati. Fu la chiesa a fornire moltissimi dei nomi che comparvero sulle liste nere, fu lei stessa che concordò direttamente con Franco i termini della repressione o della rieducazione, fu sempre lei che collaborò ad impostare un manifesto nazionalcattolico dove la violenza del nazionalismo e quella del cattolicesimo fossero in perfetta osmosi. Lo strumento cardine di tale concertata rieducazione fu lo sfruttamento del lavoro. I lavori forzati erano il mantice che riattizzava il fuoco del grande capitale, ovviamente alleato anch’esso con la dittatura: mentre la retorica ufficiale magnificava il lavoro come terapia per la ricattolicizzazione e remissione dei peccati ideologici, i Battallones de trabajadores materialmente ricostruivano il paese, impiegati nei cantieri e nelle infrastrutture militari e civili, nelle miniere e nelle industrie della guerra.
Alla luce di questo e di molto altro ancora che il libro di Rodrigo lascia emergere dalle forme dell’omissione, risulta significativo il dibattito politico accesosi al momento della rimozione della statua del generalissimo Francisco Franco da Plaza San Juan nel cuore di Madrid. La dittatura franchista è ancora oggi motivo di diatriba in una Spagna non troppo attiva nel recupero della memoria oggettiva rispetto a un flusso storico concluso. In tal senso, la proiezione fedelmente fattuale di opere come Vencidos e attivazioni editoriali come quella di Ombre Corte, possono aiutare un ragionare e un pervenire più profondo sui percorsi insiti in ogni processo totalitario.
IPERSTOTIA recensione
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