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Fabrizio Bertoli (a cura di)
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Una storia di Verona tra sette e ottocento
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La cronaca di Girolamo de' Medici, nobile veronese
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L'Arena - 23 Febbraio 2006
Cronache veronesi di 200 anni fa
Raccolte da Fabrizio Bertoli e pubblicate da Ombre Corte le poco note memorie del conte Girolamo de’ Medici. Documentato un periodo denso di fatti e significati tra ’700 e ’800
di Franco Bottacini
«Dal 1794 il regio conte di Provenza, sotto il nome di conte di Lilla, aveva fissata la sua dimora in Verona ove, sino ai 20 d’aprile del 1796, se ne visse privatissimo nel casino di delizie lunghesso l'Adige attacco le mura di Porta Nuova, vicino ai padri Capucini, di ragione della nobile famiglia de’ conti Gazola». Cominciano con l’allontanamento da Verona del fratello del re di Francia Luigi XVI (e fututo re egli stesso con il nome di Luigi XVIII) le memorie del conte veronese Girolamo de’ Medici (1774-1841), ora raccolte da Fabrizio Bertoli, direttore della biblioteca Meneghetti dell’università di Verona e pubblicate dall’editore Ombre Corte, «Una storia di Verona tra Sette e Ottocento. La cronaca di Girolamo de’ Medici nobile veronese». Il conte di Lilla era rifugiato a Verona (il palazzo che lo ospitò è quello di via del Fante, angolo via Montecchi) per salvarsi dalla decapitazione. Il compito di comunicare al conte che deve andarsene dalla città tocca al marchese Alessandro Carlotti, incaricato dal governo veneto.
Possiamo definire il manoscritto - l’originale si trova dal 1869 nella Biblioteca Civica - una versione più raffinata del coevo «Diario dell’oste delle Tre corone» di Valentino Alberti. Girolamo de’ Medici documenta uno scorcio della storia di Verona denso di fatti e significati: gli anni a cavallo tra Settecento e Ottocento, il passaggio cioè dalla Serenissima all’Austria attraverso la parentesi francese. Lo fa dall’osservatorio privilegiato della sua condizione sociale, attingendo a testimonianze dirette e a fonti orali di parenti (il padre Lodovico fa parte del consiglio cittadino), amici e conoscenti e a documenti, proclami, delibere di autorità pubbliche e istituzioni.
Ma chi era Girolamo de’ Medici? I Medici arrivano a Verona attorno al 1360 da Gavardo (Brescia), chiamati da Antonio della Scala, e si dedicano all’attività laniera nella contrada San Silvestro. La famiglia cresce via via di importanza sociale e politica, si arricchisce, acquista terreni nel Veronese e si stabilisce in una dimora consona alle proprie rinnovate ambizioni, sul Corso (oggi corso Cavour), vicino a Palazzo Carlotti. Ma l’ambizione di stare al passo della buona aristocrazia veronese è dispendiosa e mina le riserve della famiglia; quando si arriva a Girolamo le casse dei Medici sono esauste e a poco servirà nel 1834 il tentativo di aggiustare le compromesse solidità finanziare della stirpe attraverso il matrimonio del figlio Lodovico Bassano con una ricca Canossa, vicina di casa dei Medici.
Fabrizio Bertoli delinea con precisione e profondità il personaggio di Girolamo de’ Medici, definendolo di «lodevole moderazione» e «onorevole condotta». Girolamo de’ Medici è dunque un conservatore moderato, non reazionario, preoccupato che non vengano minati i privilegi derivatigli dalla sua nobile estrazione e da modeste conquiste sociali. L’autore delle memorie, infatti, rivestirà - se pure per periodi brevi - alcune cariche politiche, quali quella di vicepresidente e presidente del Municipio della città (1805) e, dopo la fine del regime napoleonico con la partenza dei francesi e il ritorno degli austriaci, quella di podestà (1815). In seguito, tramontate le residue velleità politiche, Girolamo de’ Medici concentrerà le sue energie nel tentativo di farsi riconoscere ex novo dall’autorità imperiale austriaca il titolo nobiliare di conte per riaffermare l'appartenenza all’aristocrazia veronese.
Nella esauriente premessa, Fabrizio Bertoli inquadra il turbinoso contesto storico dei fatti narrati, spiega lo stile del manoscritto, ne rivela le fonti e fornisce altre importanti informazioni e curiosità sulla stesura del testo. Il de’ Medici, che si dimostra attento e informato, non si limita a una registrazione meccanica dei fatti ma si sforza anche di interpretarli con sostanziale obiettività. E usa molto tatto e discrezione: quando deve narrare particolari delicati o muovere qualche appunto a personaggi e famiglie in vista (come il marchese Alessandro Carlotti, prefetto della città) lo fa ricorrendo a un fascicoletto a parte, chiamato «annotazioni secrete».
La cronaca, divisa in quattro parti (anche se l’autore, presentando il suo lavoro «ai pochi lettori» ne annuncia cinque, la quinta in realtà manca) comincia come abbiamo visto nell’aprile 1796, con l’allontanamento da Verona del conte di Lilla e l’arrivo il primo giugno dell’esercito guidato dal generale Napoleone. La seconda parte racconta i sanguinosi fatti delle Pasque veronesi (17 aprile 1797) ed è qui che l’autore rivela forse le sue convinzioni politiche. Non nutre particolari simpatie per i veneziani (come non le nutre in genere la nobiltà veronese) e parteggia apertamente per gli austriaci. Detesta i giacobini, specie quelli dell’ultima ora, ed è favorevole alla ribellione dei veronesi ai francesi (che giudica infidi, superbi sprezzanti), ma lo inquieta non poco la possibile emancipazione della plebe, perché ne verrebbe sconvolto l’ordine sociale e insidiati gli agi del privilegiato cui appartiene.
Il de’ Medici racconta poi l’ingresso in città degli imperiali (21 gennaio 1798) e le vicende seguenti il trattato di Campoformido (ottobre 1797), fino alla soglia dell’Ottocento.
Al contrario del «Diario dell’oste», pubblicato nel 1997 a cura di Maurizio Zangarini, questo di Girolamo de’ Medici è un testo finora poco conosciuto e male sfruttato come testimonianza di un breve ma significativo periodo della storia veronese. La scelta del Dipartimento di discipline storiche, artistiche e geografiche dell’Università di Verona e della Biblioteca civica di appoggiare la pubblicazione del manoscritto, costituisce dunque una importante iniziativa per divulgare un prezioso patrimonio locale fuori dello stretto circuito degli specialisti.
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