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Una minaccia interna
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Storia dell'opposizione ebraica al sionismo
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CARTA, 31, 2005
Si tratta di una storia dell’opposizione ebraica al sionismo, di grande attualità proprio nei giorni in cui le televisioni di tutto il mondo ci mostrano gli effetti dell’integralismo di fronte alla questione politica e non solo della restituzione dei territori occupati ai palestinesi. E anche occasione per una riflessione storica dell’autore, docente di storia all’università di Montreal, su un paradosso: e cioè che tra i sostenitori incondizionati dello stato di Israele ci sono più cristiani che ebrei. E che la contrarietà al sionismo, al di là dei ricatti di qualcuno e dalle facili accuse di antisemitismo a chi esprime critiche, va di pari passo nella cultura ebraica con l’opposizione all’esistenza stessa dello stato di Israele.
Rivista di Religione - 20/08/2005
DOPO GAZA, GLI EBREI E I PALESTINESI INSIEME VERSO IL FUTURO?
Intervista esclusiva allo storico Yakov M. Rabkin,
di Maria de falco Marotta
Lo smantellamento della Striscia di Gaza è un segno che il sionismo si sta evolvendo per fare dello Stato di Israele, il vero Israele biblico?
- Il vero Stato biblico” esisteva già da più di due millenni. Certi coloni sionisti dichiarano difatti che vogliono creare un tale Stato. Ora, ogni tentativo di ricostituire una realtà di un tempo può risultare solamente in un'entità moderna. Il disimpegno della Striscia di Gaza significa piuttosto che, per la prima volta nella storia, lo stato d’Israele evacua dei territori palestinesi. Il precedente è routine.
È possibile che gli israeliani e i palestinesi possano vivere in pace, sebbene la loro inimicizia risalga al tempo di re Davide?
- Gli israeliani di oggi hanno poco a che vedere con gli ebrei del diaspora, ed ancora meno con gli ebrei del regno di Davide. I palestinesi dividono solamente il nome coi filistei. L'odio di cui si parla è molto recente, prende la sua origine in un conflitto politico molto determinato e costituisce una rottura nella coesistenza piuttosto pacifica che caratterizza la storia delle relazioni tra gli ebrei e i musulmani. Sono ottimista in quanto alla possibilità di vivere in pace, purché lo spazio politico che occuperanno allora gli ebrei, i musulmani, i cristiani e gli atei della Palestina sia basato sull'uguaglianza e la giustizia.
Quali sono le condizioni attuali per la loro convivenza pacifica?
- Secondo parecchi osservatori israeliani, come Daniele Gavron, Ilan Pappe e Meron Benvenisti, Israele costituisce attualmente un spazio politico comune: infatti la divisa, il motto, l'esercito, le frontiere sono comuni. Ciò che manca per potere vivere in pace è quello di riconoscere e rimediare, probabilmente per i compensi monetari, le ingiustizie commesse contro gli arabi della Palestina e dar loro i diritti uguali. La segregazione attuale dovrebbe arrivare allora alla fine ed ogni cittadino della Palestina riunificata avrebbe il diritto di stabilirsi sul territorio dovunque tra il Giordano ed il Mediterraneo.
Si tratta, probabilmente, di un Stato post-sionistico dove la popolazione molto diversificata del territorio in questione, possa trovare dei mezzi per costruire un avvenire comune.
Lei nel suo libro "In nome della Torah", tradotto in italiano con il titolo "Una minaccia interna" presenta l'opposizione di molti intellettuali alla politica sionista, considerata come contraria alla Legge e quasi da accostare alla dittatura comunista: non è esagerato?
- Il mio libro analizza l'opposizione che il progetto sionistico ha provocato tra i pensatori ebraici da più di un secolo. Secondo lo storico israeliano Yosef Salmon, “ Il sionismo sfidava tutti gli aspetti del giudaismo tradizionale nella sua proposta di un'identità ebraica moderna e nazionale; nella subordinazione della società tradizionale agli stili di vita nuova; nel suo atteggiamento verso i concetti religiosi di diaspora e di redenzione. La minaccia sionistica ha raggiunto ogni comunità ebraica. era implacabile e frontale, e non si poteva opporgli che un rigetto senza compromessi.
Il mio lavoro offre una storia di questa resistenza alla minaccia “implacabile e frontale” del sionismo. Il libro apre una finestra su un atteggiamento vigoroso e duraturo che i sostenitori del sionismo considerano, a loro volta, come un sacrilegio. In esso miro a spiegare le ragioni di questa opposizione di cui il denominatore comune è l'impegno verso la Torah. Attualmente, il ritiro da Gaza ha colpito forte sulle credenze modernizzatrici del sionismo religioso. Ma, allo stesso tempo, ha rinforzato l'apprezzamento del giudaismo tradizionale che non compromette i valori morali ebraici di giustizia e di compassione.
Crede che questo fermento intellettuale possa ricondurre sui passi biblici tutti gli israeliani, affinché la loro terra possa tornare ad essere una "luce " per le Nazioni per ritrovare Dio "smarrito" nella secolarizzazione e nel consumismo?
- Difatti, il giudaismo tradizionale anti - o non sionistico che ha evitato largamente di identificarsi con l'intrapresa sociale e militare d’Israele, può offrire un conforto spirituale tanto agli ebrei secolarizzati, che ai sionistici religiosi delusi per la crisi.
Gli ebrei possono tornare, in altri termini, adesso alla loro funzione principale: fare la volontà divina e servire come "progetto pilota" all'umanità intera.
Sempre sul conflitto israeliani - palestinesi, è sperabile che cessi con lo smantellamento delle colonie anche in Cisgiordania?
- Evacuare le colonie sionistiche della Cisgiordania non mi sembra realistico. Non vedo un primo ministro israeliano capace di prendere una tale decisione. Sradicare delle centinaia di migliaia di persone in nome della separazione politica mi sembra disumano. La prospettiva di un Stato comune e democratico diventa allora, di nuovo promettente (Yakov M. Rabkin sostiene l’Associazione internazionale One Democratic State in Israele).
Lei afferma che il popolo ebraico nella sua storia spesso ha deviato dalla Legge del Signore (ha adorato Baal, Astarte, il vitello d'oro...). Tra queste deviazioni, si può includere il sionismo?
- Difatti, i pensatori ebraici di cui si tratta nel mio libro, considerano il sionismo una deviazione, un peccato, una negazione del giudaismo tradizionale.
Si può presumere che il cammino degli ebrei e dei palestinesi possa portare anche a degli scambi culturali?
- Le tre religioni monoteiste hanno molto in comune, ciò offre un campo propizio agli scambi interreligiosi molto ricchi. Auguriamoci che la coscienza di un Dio pieno di amore e di compassione invada i cuori di tutti coloro che abiteranno in Terra santa.
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