Descrizione
Gian Andrea Franchi
Il diritto di Antigone
Appunti per una filosofia politica: a partire dai corpi migranti
Il diritto di Antigone è il tentativo di elaborare alcuni spunti per un pensiero politico militante a partire dall’esperienza immediata con i migranti della cosiddetta rotta balcanica. L’autore ritiene che la tradizione ispirata principalmente all’elaborazione teorica dei movimenti della sinistra radicale degli anni Sessanta e Settanta, di cui è stato e si sente partecipe, abbia avuto un forte carattere “deduttivo”, che ha portato a una lettura spesso ideologica e riduttiva della drammatica complessità dell’esperienza politica, in particolare per ciò che riguarda il rapporto fra le dinamiche collettive e le singolarità individuali. Questo aspetto rimane il non pensato nella necessaria ricerca pratica e teorica di costruzione di forme sociali alternative a quella dominante, che oggi giunge a mettere in pericolo la stessa riproduzione della vita sulla terra.
L’intento di Franchi è quindi di proporre un metodo “induttivo”, che parte dall’incontro solidale con i “corpi di dolore” dei migranti. Su questa esperienza, intesa in senso benjaminiano, che racchiude e manifesta nella maniera più concreta un aspetto fondamentale della condizione e delle dinamiche in atto nel mondo, cerca di articolare un percorso, dotato anche di spessore teorico, senza rinnegare la ricchezza di una tradizione, ma accettando di addentrarsi in una selva oscura, esistenziale e politica, in cui il capitalismo appare come l’ultima ossessione storica del rifiuto della condizione mortale dell’essere umano.
Gian Andrea Franchi, per molti anni docente liceale di filosofia e storia, da tempo dedica il suo impegno ai profughi della rotta balcanica. Con Lorena Fornasir ha fondato l’associazione Linea d’ombra, che accogliendo i migranti che arrivano a Trieste. Tra le sue pubblicazioni, una biografia filosofica di Carlo Michelstaedter, Una disperata speranza (Mimesis, 2014) e i contributi ai due primi volumi de L’altro Novecento. Comunismo eretico e pensiero critico, a cura di Pier Paolo Poggio (Jaca book, 2010-2011).
UN ASSAGGIO
Indice
7 I. Andare in strada
19 II. Nessuno è a casa
27 III. Potere e diritti
37 IV. Verso un altro diritto
40 V. Cura, infanzia, alterità
46 VI. Il nostro specchio
54 VII. Morti senza sepoltura
59 VIII. Lotte per il riconoscimento
65 IX. Il diritto di Antigone
69 X. Corpo, linguaggio e politica
77 XI. Tempo, stupore ed esperienza
86 XII. Nostra violenza quotidiana
93 XIII. Resistere è esistere, esistere è resistere
98 XIV. Disperata speranza
104 XV. Abitare la morte
114 XVI. Che cosa lasciamo?
119 XVII. Politica e angoscia
122 XVIII. Abitare la tensione
127 Appendice
I. Andare in strada
Immagina di essere ancora in prigione fino ad oggi… Immagina di avere ancora paura in tempo di guerra… Immagina di essere ancora vagabondo per le strade della Turchia… o della Grecia, o di uno dei paesi che attraversano il Nord Europa… Immagina di essere ancora in uno di quei miserabili campi oscuri che praticano le peggiori forme di razzismo e odio contro di te… Il destino e le circostanze ti hanno costretto a vederti in un paese che non è il tuo paese, con un popolo che non è tuo, con lingue, usanze e culture, diverse per ritrovarti a trattare con persone che non conoscono che cosa significhi alienazione, bisogno d’asilo, guerra, che non conoscono il significato di essere soli in simili circostanze, con tutte le porte chiuse in faccia; non sanno che tutto ciò a cui pensi è un posto per dormire e un modo per poter mangiare… non vuoi attaccare nessuno o prenderne il cibo, vuoi la pace… solamente pace… sei in fuga da situazioni indescrivibili… non potrai mai descriverle, qualunque cosa tu dica. Solo perché sei diverso, razzialmente e religiosamente, incontrerai la violenza più violenta e l’odio più atroce che una persona possa avere nei confronti di un altro, che può giungere sino a por fine a una vita… con le lacrime di tua madre e il cuore di tuo padre.
Siriano, palestinese, iracheno, yemenita, pakistano, afgano o chiunque abbia problemi nel suo paese e si ritrova con te… cosa dovrebbe fare, cosa dovremmo fare? Ti scongiuro, dimmi cosa devo fare per vivere come chiunque nel tuo paese in sicurezza? Non basta affrontare ogni giorno povertà, paura, ingiustizia, uccisioni, senzatetto, freddo, umiliazione e insulti?
Questo mondo è solo per alcune persone e non per tutti?
È questo piccolo quaderno chiamato passaporto che definisce la personalità umana oggi? È ciò che determina se una persona merita di vivere in dignità o no?
Maledizione al passaporto, nazionalità e confini… Maledizione alle terre che tutti cercano di occupare e controllare, mentre i poveri vengono schiacciati sotto i piedi e muoiono sotto cascate di proiettili tra ambizioni espansionistiche e desideri di insediamento; e l’unica vittima sono i poveri di questo pianeta e, se sopravvivono alla morte, se la augurano mille volte ogni giorno.
Ingoiavamo l’ingiustizia e stavamo zitti, non parlavamo, perché non potevamo dire tutto, non volevamo essere imprigionati o uccisi per paura di addolorare i cuori che ci amano…
Queste domande chiamano a un impegno che precede il pensiero e lo produce.
L’unica risposta è andare sul confine. E starci.
Andare sul confine è anche andare in strada, sotto casa. Non solo perché la città in cui vivo è sul confine, ma perché in ogni luogo dove c’è un migrante, c’è anche il confine.
Andare in strada è avere un’esperienza diversa del proprio corpo e, quindi, pensare diversa-mente.
L’impegno con i migranti parte dal contatto e dall’incontro con corpi di dolore, di un dolore storico e politico, frutto di una profonda radicata ingiustizia storica.
Questo incontro ha tre aspetti, importantissimi: