Descrizione
Stuart Hall
Cultura, razza, potere
Introduzione e cura di Miguel Mellino
La scelta di raccogliere i materiali proposti in questo volume nasce da una esigenza molto precisa: come ripensare razza, razzismo e antirazzismo nell’attuale contesto postcoloniale europeo, muovendo dall’approccio degli studi culturali e in particolare dagli studi di Stuart Hall. Si tratta di una scelta per molti versi indotta dall’urgenza politica del presente. In un’Europa sempre più stretta nella morsa della depressione economica, il discorso e la violenza razzista si stanno configurando come una delle risposte politiche più potenti per affrontare e governare la crisi. Inoltre, se è vero che la crisi ha innescato una nuova politicizzazione del razzismo, è vero anche che le pratiche teoriche e politiche antirazziste, incluse le più radicali, sembrano attraversare un momento di impasse nel nostro continente. È in questo senso che i materiali qui presentati appaiono estremamente attuali e utili per formulare una più adeguata riflessione sul razzismo e superare la crisi in cui versa l’antirazzismo europeo. In essi, infatti, Hall cerca di gettare le basi di una “teoria complessa del razzismo”, di un’interpretazione capace di andare al di là di ogni semplice “economicismo” o “culturalismo”, proponendo una teoria politicamente efficace per quelle che egli definisce “società razzialmente strutturate”, e dunque per un tipo di realtà che caratterizza oramai l’intero continente europeo.
Stuart Hall (1932-2014) è stato uno degli intellettuali più noti nella Gran Bretagna degli ultimi trent’anni, tra i fondatori della “New Left Review”, direttore del Centre for Contemporary Cultural Studies dell’Università di Birmingham e principale animatore degli Studi Culturali. In italiano sono uscite due raccolte dei suoi scritti: Il soggetto e la differenza (Meltemi, 2005) e Politiche del quotidiano (il Saggiatore, 2006).
Miguel Mellino insegna antropologia culturale e studi postcoloniali alla Università degli Studi di Napoli L’Orientale. Tra i suoi lavori, La critica postcoloniale (Meltemi, 2005) e Cittadinanze postcoloniali (Carocci, 2012).
RASSEGNA STAMPA
“il manifesto” – 9 gennaio 2024
Stuart Hall, sovvertire l’educazione coloniale
Scaffale Torna in libreria con ombre corte la raccolta di saggi «Cultura razza potere» dell’intellettuale nero, caraibico e britannico, a cura di Miguel Mellino. Con la sua interpretazione di Gramsci, ci porta al cuore di ciò che la politica di destra, in tutto l’emisfero settentrionale, evidenzia sempre di più: le operazioni di supremazia bianca
di Iain Chambers
Oggi, in Italia, ci sono corpi non bianchi ovunque: dai migranti che vengono portati a terra o lasciati morire in mare, a quelli massacrati nel genocidio di Gaza e poi ignorati dai media nazionali, fino alle migliaia di giovani nati in Italia a cui è stata negata la cittadinanza e agli scrutati membri neri della squadra di pallavolo femminile. Cultura, razza, potere di Stuart Hall (riproposto da ombre corte a dieci anni dalla morte dell’autore, con la cura e l’introduzione di Miguel Mellino, pp. 239, euro 20), è l’importante raccolta di saggi con cui l’intellettuale nero, caraibico e britannico, figura fondamentale nella formazione degli studi culturali e postcoloniali, ci invita a registrare e rispondere a queste scene in modo radicale e incisivo.
SEGNATA dalla convergenza di fattori contingenti e strutturali nella formazione dell’attuale congiuntura storica, l’opera di Hall consente di elaborare un rigore critico che mette in discussione l’autorità delle discipline accademiche tradizionali. Ma questa è sociologia? O storiografia? O antropologia culturale? O scienza politica? Proprio nella non adesione a questi protocolli e alle loro pretese di universalismo, elaborati al culmine della supremazia europea sul globo nella seconda metà dell’Ottocento, Hall taglia questi confini, liberando il pensiero critico per viaggiare in spazi non autorizzati e direzioni indisciplinate. Egli propone una forma di lavoro intellettuale che si concretizza in saggi che mirano a intervenire sulla situazione attuale piuttosto che in articoli scientifici che prospettano una chiusura paradigmatica. La fluidità del metodo risiede in un rigore critico disciplinato dalla complessità storica aperta piuttosto che dalla coerenza astratta.
Miguel Mellino, curatore del volume, e certamente il più coerente sostenitore di Hall in Italia, offre al lettore un’eccellente biografia critica dell’intellettuale, insieme a un’approfondita intervista.
SE LE ANALISI di Stuart Hall riguardano essenzialmente il periodo post-1945 della Gran Bretagna e sono significativamente attraversate dalla sua traiettoria dai Caraibi neri alla Gran Bretagna bianca, il loro itinerario sottolinea proprio la traduzione che accompagna tale transito. Non si tratta semplicemente del passaggio dalla cosiddetta periferia geopolitica al centro imperiale (intrapreso in quegli anni anche da Césaire, Fanon e Glissant), ma anche, e soprattutto, della traduzione della cultura bianca, occidentale – la sua lingua, i suoi canoni, la sua filosofia e i suoi presupposti – in versioni e interrogazioni che ne vanno oltre le premesse e le autorizzazioni. Si tratta del sovvertimento di un’educazione e di un’istruzione coloniali. In altre parole, di uno sradicamento e un reindirizzamento che ha un impatto non solo sul migrante, ma anche sull’ospite.
L’impatto di questo decentramento dell’Occidente, forse più immediatamente percepibile nella musica della diaspora nera in ogni angolo del pianeta, deve ancora essere riconosciuto e viene a malapena compreso. Dobbiamo ancora occuparci di questi fantasmi e delle coordinate oscure della modernità che essi portano con sé: schiavitù, estrattivismo brutale, ferocia imperiale, genocidio, ecocidio e campi di sterminio coloniali.
In questo senso, l’attualità di questa nuova edizione (pubblicata per la prima volta nel 2015) è aumentata negli anni successivi. I saggi raccolti sottolineano l’intreccio degli assi della cultura e della razza nella formazione della modernità occidentale. Qui la cultura non è considerata una sfera separata o un ornamento estetico della vita reale, né la razza è un concetto pseudo-biologico residuale che produce la patologia del razzismo da curare. Entrambe sono esaminate e valutate come strutture di potere. Entrambe dipendono l’una dall’altra per l’esercizio di una particolare egemonia storica, quella bianca e occidentale. Attraverso una critica costruttiva delle definizioni di cultura e razza, si rivelano gli intricati meccanismi di potere sedimentati nella nostra semantica quotidiana, nelle pratiche, nelle interpretazioni e nel modo in cui percepiamo la realtà attuale.
Si tratta, ovviamente, di una prospettiva profondamente gramsciana del funzionamento della cultura. Per molti versi, pensando all’Italia di oggi, il lavoro di Hall e la sua centralità negli studi culturali e postcoloniali riguardano soprattutto l’appropriazione critica di Gramsci e l’impatto dell’intellettuale e politico sardo su una tradizione marxista attraversata da preoccupazioni coloniali.
PENSANDO LA CULTURA, l’egemonia e la questione meridionale in un’ottica non ristretta ai confini di un inquadramento europeo e nazionale, il pensiero di Gramsci ritorna prepotentemente come cardine di una genealogia postcoloniale del pianeta. Nei due saggi centrali del volume sulla razza e sull’importanza di Gramsci per il suo studio, la centralità della razza nella costruzione della modernità viene proposta con forza come un persistente interrogativo politico e filosofico che mette in discussione le facili interpretazioni della cultura occidentale e della sua identità storica.
Attraverso la sua interpretazione e «traduzione» di Antonio Gramsci, Hall ci porta al cuore di ciò che la politica di destra in tutto l’emisfero settentrionale evidenzia ogni giorno di più: le operazioni di supremazia bianca. Non si tratta solo di sostenere che anche la cultura è di interesse politico. Si tratta di ribadire la centralità della cultura per la riproposizione dei rapporti sociali di produzione; senza il linguaggio e i regimi discorsivi e le istituzioni che ne permettono la circolazione, la politica non avrebbe voce e l’economia non si svolgerebbe.
DALLE TRAME del senso comune alle tecnologie dei media e alle loro ideologie di equilibrio e neutralità, il mondo è codificato per rispondere a specifiche agende politiche piuttosto che ad altre.
Questo è proprio l’obiettivo dell’economia politica della modernità. Ciò che potremmo chiamare «realtà», o «verità», emerge da questi processi (e non da universali astratti, che non sono così universali come potremmo pensare). Questo preciso punto politico è l’oggetto del lavoro di Hall, nelle molteplici manifestazioni proposte in questo volume: dalla rilettura di Marx, Gramsci e Althusser alla riflessione sulla schiavitù, sulla postcolonialità e sulla risposta ai linguaggi delle arti nere in Gran Bretagna e alla poetica delle sue identità diasporiche.
Oggi assistiamo alla piena emersione dalle tenebre della modernità delle premesse sepolte e negate del potere occidentale e delle sue pretese planetarie. Cominciamo a vedere nel buio i cinque secoli di dominio storico che ora si sta ripiegando su se stesso. Sempre in cerca di riscatto nell’accumulo di capitale, ha iniziato a colonizzare e cannibalizzare se stessa. L’egemonia sta crollando. Le narrazioni significative della sua agenda liberale – lo Stato sociale, i diritti umani, il diritto internazionale – si stanno mettendo a tacere. La catena di equivalenze tra capitalismo, colonialismo e la loro costituzione razziale è diventata spudoratamente esplicita.
È IN QUESTO MOMENTO, ormai piegato, attraversato e approfondito nei contorni dell’attuale congiuntura storica, dove passati resistenti e ribelli si riversano nel presente e propongono altri futuri, che il lavoro di Stuart Hall risuona più profondamente e ci fornisce una bussola critica essenziale. Sempre attento alle strutture profonde del potere che acquistano senso nell’intreccio culturale della politica dell’immediatezza del presente, il lavoro di Hall è oggi più che mai pertinente. In questo momento, come avrebbe detto il suo musicista preferito Miles Davis, le note possono essere sbagliate, ma quello che conta è ciò che si fa con esse.
UN ASSAGGIO
Indice
7 Introduzione. Per una teoria complessa del razzismo e delle società razzialmente strutturate: cultura, razza e potere secondo Stuart Hall – di Miguel Mellino
Parte prima
25 Presentazione – di Miguel Mellino
27 La cultura e il potere
1. Cultural studies “at large”; 2. Teoria senza disciplina; 3. Diaspore e multiculturalismo ai tempi del New Labour
Parte seconda
67 Razza, articolazione e società strutturate a dominante
Tendenza economica e tendenza sociologica; Eccezione sudafricana, marxismo classico e norma capitalistica: l’analisi di John Rex; Le critiche del marxismo classico all’analisi di Rex: Wolpe e la deviazione del capitalismo coloniale; Capitalismo, colonialismo e schiavitù: l’analisi classica di Gunder Frank e la critica di Laclau; Un nuovo approccio nell’analisi delle società razziali: modi di produzione “strutturati a dominante”; Articolazione: un concetto centrale nei nuovi approcci alle società razzialmente strutturate; Le critiche al concetto di articolazione; Capitalismo postcoloniale e critica dell’eurocentrismo: la svolta althusseriana verso Gramsci; Classe e ideologia: interpellazione e corrispondenza non-necessaria secondo Laclau; Per una nuova teoria del razzismo e delle società razzialmente strutturate
125 L’importanza di Gramsci per lo studio della razza e dell’etnicità
161 Identità culturale e diaspora
177 L’arte della Black Diaspora nel Regno Unito. Tre “momenti” nella storia del dopoguerra
205 Bibliografia