Descrizione
Karen Pinkus
Carburanti
Dizionario per un pianeta in crisi
Un saggio in veste di dizionario, dalla A di Acqua alla Z di Zyklon B, Carburanti parla di una gran quantità di “cose” capaci di produrre energia, alcune reali e impiegate ogni giorno, altre verosimili o, come il dilitio di Star Trek, appartenenti al puro campo dell’immaginazione. Gli attuali sogni legati all’energia green – rinnovabile, pulita, addirittura gratuita… – e gli incubi di una modernità costruita sullo sfruttamento di carburanti dal devastante impatto sociale ed ecologico sono messi a confronto passando al vaglio una vasta letteratura che comprende testi poetici e narrativi di vari secoli e autori (Omero, Apollonio Rodio, Verne, Zola, Calvino e Pasolini tra gli altri), trattati scientifici, teorie filosofiche (dall’antichità a Hegel, da Bataille ad Agamben e Negri), documenti storici come le gustose proposte che inventori fai-da-te inviavano a Henry Ford per cercare di “vendergli” i loro carburanti prodigiosi.
Un libro sperimentale che ci spinge ad abbandonare false speranze nel futuro delle energie non-fossili, tentando al contempo di immaginare nuove possibili traiettorie di sopravvivenza su un pianeta in forte crisi. Carburanti intende sfidare il lettore invitandolo a ripensare il rapporto tra “sostanze” e “sistemi energetici” nell’età del cambiamento climatico.
Karen Pinkus, Docente di letteratura italiana e comparata alla Cornell University (Ithaca, New York), è autrice di numerosi studi di critica letteraria e cinematografica, scienze umane ambientali (environmental humanities) e arte. In Italia ha scritto su argomenti culturali per “il manifesto” e “Il giornale dell’architettura”. È redattrice della rivista “Diacritics”.
RASSEGNA STAMPA
Effimera
Aria – di Karen Pinkus
Presentiamo, con un commento di Mariaenrica Giannuzzi, la voce “Aria” tratta dal testo Karen Pinkus, Carburanti. Dizionario per un pianeta in crisi, traduzione di Riccardo Donati e Caterina Ragghianti, Ombre Corte, 2021, pp. 53-59. Ringraziamo autrici ed editore
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Dal Megodonte all’Elio-3. Tutto quello che serve per parlare di energia
di Mariaenrica Giannuzzi
È uscito in marzo Carburanti (2021), breve dizionario speculativo di Karen Pinkus. Immaginifiche e discontinue, le voci del dizionario spaziano dalla “A” di Acqua, Albatro e Alcol – anzi, “Alcol (vedi anche Patata)” – alla “Z” di Zoline e Zyklon B. In mezzo troviamo carburanti per macchine, come il cherosene e il metano, ma anche carburanti per imprese umane, come Graal, Vis Viva, Patriottismo e Pietra Filosofale; senza dimenticare i quasi-carburanti, oggetti un po’ magici, eppure decisamente attuali, come l’oro e l’uranio, il caffè e il tabacco; ma anche fantasie (o incubi) di lavoro eterno, come il moto perpetuo e lo stacanovismo.
In questo montaggio, tra carburanti reali come il petrolio e immaginari come l’aria, l’autrice ci ricorda una cosa fondamentale: l’energia che si produce attraverso i carburanti – fossili o “rinnovabili” che siano – non è (e non sarà mai) pulita, senza resti e senza scarti, senza danni collaterali. Per cui, l’ideologia energetica in cui si pulisce l’energia, la si rende sostenibile, sempre più efficiente e performativa, ha origini che vanno cercate altrove. Per esempio, nel re-branding dell’industria dei carburanti. E nella carenza di rappresentazioni culturali intorno a elementi chimici, composti, minerali, e pietre, più o meno preziose, rappresentazioni che di solito demandiamo al linguaggio specialistico degli esperti.
Usando il termine coniato da Stephanie LeMenager in Living Oil (2014) e in seguito adoperato da Imer Szeman in On Petrucultures (2019), con cui Pinkus è in conversazione, potremmo definire Carburanti un catalogo delle “petroculture” occidentali: culture della pietra e del petrolio, insieme litiche e organiche, a volte (ma non necessariamente) petrolchimiche.
La prima edizione di Carburanti risale al 2016, quando il dizionario esce in inglese. Ad aprirlo era la voce Air e non Acqua, come invece l’autrice propone al pubblico di casa nostra (insieme a un’altra monografia su cinema italiano e autonomia). Mentre il manifesto e Le Parole E Le Cose hanno presentato, rispettivamente, la voce Acqua e l’introduzione italiana di Carburanti, vogliamo presentare qui la voce Aria. Come molte di queste voci, e nel solco dei dizionari meravigliosi di Isidoro di Siviglia e dei bestiari medievali, Aria si potrebbe definire un Lesestück, una drammaturgia della cosa. Il testo è un’esercizio di presenza, sia scientifico che letterario, ma né scientista, né fantastico, bensì analogico: un trascinare a riva le storie di “oggetti epistemici” – cioè quelli che fanno da modello alle teorie, per capirci, come il tubo di Torricelli o l’acceleratore di particelle – senza nostalgia e senza mistificazioni New Age. Sono quindi storie di tecniche e apparizioni molto concrete che Pinkus drammatizza, anche quando ci racconta solo e soltanto l’aria.
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FataMorgana – 28 marzo 2021
Nel sottosuolo dell’Antropocene
di Francesco Zucconi
Carburanti di Karen Pinkus.
Acqua, Albatro, Alcol, Alghe, Ambra, Anidride carbonica, Anima, Aria, Automa, Banana, Bismuto, Bitume, Caffè, Calamita, Capra, Carbone di legna, Carbone fossile, Carolino, Cherosene… Non è Borges e neppure l’incipit di Le parole e le cose (1966) di Michel Foucault. È l’indice di Carburanti, il nuovo libro di Karen Pinkus, appena uscito in italiano per Ombre Corte, nella traduzione di Riccardo Donati e Caterina Ragghianti. L’idea di partenza è semplice: concepire un dizionario di carburanti, ovvero di quelle sostanze che sono forze in potenza, attraverso una ricognizione della loro presenza nella cultura occidentale. L’orizzonte teorico e metodologico nel quale si inserisce questo libro sono le Environmental Humanities, le scienze umane ambientali. Il contesto è la crisi del Pianeta, il riscaldamento globale. Una serie di questioni tendenzialmente annacquate nel dibattito pubblico e, in buona parte, appropriate dal discorso politico, fino alla recente creazione, in Italia, del Ministero per la Transizione Ecologica. Anziché agganciarsi a tale contesto, trattandolo come un espediente di attualità o come un volano, Carburanti si qualifica attraverso due specifiche mosse teoriche.
La prima, esposta fin dall’introduzione all’edizione italiana che occupa le prime trenta pagine, è quella di concepire i carburanti come un prisma per distinguere ciò che comunemente chiamiamo energia dal potere e dunque dalla potenzialità. Attraverso una ricognizione filosofica che spazia da Aristotele a François Lyotard, da Giorgio Agamben a Toni Negri, si apre dunque la possibilità di evitare improprie sovrapposizioni semantiche. Troppo spesso, sostiene Pinkus, anche all’interno dei discorsi sull’ecologia, si tende a confondere i carburanti con i sistemi energetici, più o meno complessi, che si sono sviluppati a partire da essi. Tale confusione finisce dunque per avvantaggiare le compagnie o altri soggetti affini che – sotto la copertura di facili slogan pubblicitari incentrati sul colore verde e sul carattere sostenibile dell’“energia di domani” – perpetuano la propria egemonia culturale e il proprio business.
Attraverso una riflessione sull’etimologia della parola inglese fuel (dal francese foaile e dunque dal latino focalia, materiale utile ad accendere il fuoco), il carburante emerge dunque come la materia prima più facilmente reperibile e combustibile all’interno dello spazio domestico. Dall’Odissea fino alla rivoluzione industriale, ci dice l’autrice, l’oikos – identificato nel focolare – è lo spazio dei carburanti prima dell’energia, ovvero uno spazio di espressione e uso della loro potenza non sottoposto a infrastrutturazione. La sistematica uscita fuori dal domestico dei carburanti coincide dunque con l’ottimizzazione del potenziale, con la messa a punto di reti energetiche dislocate sul territorio e conseguenti risvolti geopolitici. L’esplorazione delle localizzazioni e dei percorsi dei carburanti all’interno della storia e, soprattutto, dell’immaginazione letteraria occidentale offre dunque l’occasione per riportare al centro del dibattito ecologista lo scarto teorico e politico che separa la facoltà di potenza dei combustibili dall’energia dispiegata, incanalata, capitalizzata.
Letta l’introduzione, resta da capire in che senso sia possibile parlare di un “dizionario di carburanti”. È dunque qui che troviamo il secondo tratto caratterizzante del libro. Come nell’elenco riportato in apertura, il volume si compone di una serie di ingressi corrispondenti a diverse tipologie di carburante. Beninteso, non si tratta soltanto di combustibili reali, di quei liquidi che posso mettere nel serbatoio del motorino garantendomi di arrivare a destinazione. Al contrario, l’idea è proprio quella di tenere insieme tanto quelle sostanze la cui efficienza è comprovata nelle pratiche energetiche della vita quotidiana, quanto quelle di fantasia o, quantomeno, non ancora testate e capitalizzate “realmente” e, dunque, proprio per questo potenziali. Si apre in questo modo la possibilità di riflettere su tutto ciò che nella letteratura e nella cultura occidentale ha assunto la funzione di carburante, ovvero ha costituito una forza in potenza. Per questa via, attraverso una ricognizione critica espressamente non esaustiva, il libro aggira l’essenzializzazione dei carburanti e i rischi di una deriva moralistica o malinconica del dibattito sull’Antropocene. >> continua a leggere >>
Lebenswelt – N. 12 (2018)
ClaudiaA Lombrardo (Università degli Studi di Roma Tre)
KAREN PINKUS, FUEL. A SPECULATIVE DICTIONARY
Che cosa hanno in comune la freccia di cupido, il vello d’oro, gli oceani e il santo Graal con elementi come legno, carbone, petrolio, Radio e Uranio? La risposta giace tra le pagine di Fuel. A Speculative Dictionary, una raccolta idiosincratica di combustibili reali e fantastici tramite cui Karen Pinkus ci invita ad immaginare nuovi modi di interazione con queste sostanze. Pinkus, docente di letteratura italiana presso la Cornell University, da oltre un decennio studia le dinamiche del rapporto tra studi umanistici e cambiamento climatico adottando l’approccio trans-disciplinare distintivo delle Environmental Humanities. Fuel è un’ambiziosa revisione lessicologica avanzata «not in order to demonize energy and not in order to create a new hierarchy in which certain renewables take over from fossil fuels» (p.10) bensì rivolta alla creazione di storie che affrontino il problema dei combustibili futuri a seguito della Grande Accelerazione che ha inaugurato l’Antropocene, l’era in cui viviamo e in cui tempo umano e tempo geologico procedono inesorabilmente in sincronia. Pinkus rivendica la natura speculativa della sua operazione, e con questo lavoro sembra rispondere al monito lanciato da Donna Haraway: «We need stories (and theories) that are just big enough to gather up the complexities and keep the edges open and greedy for surprising new and old connections». Le voci ibride di questo anomalo dizionario sono tratte da un eccentrico canone letterario e para-letterario che comprende racconti fantastici di Jules Verne, film di fantascienza come Moon di Duncan Jones, gli esperimenti dei fratelli Montgolfier e la corrispondenza commerciale di Henry Ford. Le storie estratte da queste fonti eterogenee narrano le modalità in cui l’essere umano ha esercitato la propria agency sulle risorse del pianeta declinando in funzione antropica lo stato in potenza dei combustibili.
Lo scopo di Fuel è dilatare la semantica del referente per dimostrare come le odierne retoriche di sostenibilità e rigenerazione energetica – analogamente all’utopia di estrarre energia dal nulla, dall’aria, dai rifiuti umani, animali o da materiali sintetici senza conseguen- ze – nascano da un antico fraintendimento: la convinzione che i combustibili siano una manifestazione immanente dell’energia. La tesi della studiosa è che queste sostanze siano piuttosto potenzialità, cioè elementi presenti sul pianeta, e nell’immaginario collettivo, in varie forme, liquide o gassose, visibili o invisibili, non ancora fissate nelle rigide forme di potere delle infrastrutture energetiche.
La prima voce di entrata, Air, funge da introduzione al lavoro. In poche pagine Pinkus affronta le premesse teoriche del suo approccio speculativo, per discutere poi le coordinate metodologiche e gli strumenti retorici impiegati per (re)interpretare questa e le altre sostanze come potenziali combustibili. La studiosa suggerisce di leggere le voci in qualsiasi ordine e in modo discontinuo o addirittura inverso per favorire l’effetto di straniamento e l’emergenza di un pensiero critico. Lo strumento retorico principale che Pinkus utilizza per creare ponti tra le sostanze è l’analogia, una figura che contrassegna in un oggetto materiale la caratteristica peculiare che gli consentirà di agire come un combustibile, o di alimentare processi come un carburante nei contesti più disparati. Ad esempio, la voce Fleece ci propone di leggere le Argonautiche come un viaggio alla ricerca del vello d’oro, un oggetto leggendario che dal punto di vista simbolico alimenta il movimento della narrazione, mentre dal punto di vista materiale reca su di sé le tracce della trasformazione alchemica in oro; in entrambi i casi il vello «enjoys the status of a fuel» (p. 19). L’analogia permette di far riferimento alla trasformazione che investe la potenzialità della sostanza o ai processi alchemici che essa può innescare agendo come un combustibile. La voce Biomass affronta il tema della conversione dei biocarburanti a partire da un episodio tratto da L’Isola Misteriosa (1874), un romanzo in cui Jules Verne narra l’eroico tentativo di Cyrus Smith di creare nitroglicerina su un’isola deserta. L’autore descrive dettagliatamente le fasi della reazione chimica non come passaggi di trasformazione dello stato della materia, ma come formule di un misterioso rituale alchemico. Pinkus suggerisce l’analogia tra l’affabulazione narrativa di questo romanzo “chimico” e le retoriche delle infrastrutture contemporanee che promuovono nuove te- cnologie di estrazione energetica dalla biomassa omettendo i lunghi e spesso inquinanti passaggi necessari alla trasformazione.
Forse la voce più interessante di questo dizionario speculativo è Helium-3, un isotopo non radioattivo dell’Elio che – se non fosse così raro sulla Terra – potrebbe essere usato come fonte di energia pulita nelle centrali elettriche a fusione. Questo isotopo si trova in gran quantità sulla superficie delle rocce lunari, dove giace inutilizzato. Karen Pinkus ci racconta il lato oscuro di questo sogno di energia pulita attraverso una distopia cinematografica: Moon (2008) di Duncan Jones. Il giovane regista britannico immagina un futuro in cui è stato scoperto un combustibile non inquinante e talmente potente da risolvere il problema dell’inquinamento globale. Gli effetti negativi di questa rivoluzione non ricadono sull’ambiente e sulla popolazione terrestre soltanto perché il processo estrattivo è stato dislocato in colonie minerarie lunari affidate a cloni umani che vivono nelle stesse condizioni dei minatori del passato. Lo scopo di questa incursione nell’immaginario fantascientifico cinematografico non è quello di promuovere l’insegnamento della scienza del cambiamento climatico antropogenico o discutere sulle alternative ai combustibili fossili attraverso il cinema, quanto piuttosto usare la narrazione per destrutturare il racconto mistificatorio e dominante sull’uso dei combustibili.
L’impalcatura speculativa di Fuel si regge sulla convinzione che lo sguardo trasversale delle scienze umanistiche possa aiutarci a pensare ai combustibili come potenzialità di futuro e di speranza. In questa prospettiva, un testo come Fuel si prefigura un potente alleato per degerarchizzare le diverse forme di queste sostanze e ridefinire le dinamiche della nostra relazione con esse.
Karen Pinkus, Fuel. A Speculative Dictionary, Minneapolis, University of Minnesota Press, 2016.
UN ASSAGGIO
Introduzione all’edizione italiana
Quel che segue è un dizionario di carburanti – alcuni noti a tutti e di uso comune, altri immaginari; alcuni plausibili, altri che sono roba da fantascienza. Come in ogni dizionario, chi legge è libera, o libero, di affrontare una sola voce, scegliersi un percorso, seguire l’ordine dalla A alla Z. Oppure, lasciare il libro sullo scaffale senza manco aprirlo.
Cosa accadrebbe se potessimo alimentare il nostro mondo, ottenere la potenza necessaria per farlo funzionare, con risorse energetiche libere, pulite, illimitate come l’acqua o l’aria? Ecco che abbiamo già impiegato due termini – energia e potenza – che presuppongono l’esistenza di un sistema. L’energia è la capacità fondamentale di compiere un lavoro. La potenza misura la quantità di energia impiegata. I carburanti, che è mia intenzione distinguere dai sistemi energetici, sono potenzialità – ossia, forze in potenza: una nozione complessa e controversa su cui tornerò a più riprese – che forse scorrono da qualche parte, o se ne stanno intrappolate nella roccia, allo stato di gas e invisibili, sfuggenti o malsane, non ancora irrigidite nella forma di combustibili. Potenzialità forse già scoperte, monetizzate, prospettate nella forma di futuri guadagni, o forse bilanciate da imposte e azioni risarcitorie, esternalizzate dalle compagnie energetiche, messe a sconto dai modelli climatici mentre ancora giacciono nel sottosuolo.
Dunque cos’è (un) carburante, distinto, in particolare, da (forme di) energia anche se, nel parlare quotidiano, i due termini si mischiano? La parola impiegata nel mondo anglosassone, fuel, discende dall’antico inglese feuel, e dal francese fouaille o feuaile, che a sua volta deriva dall’antico francese foaile, usato all’inizio del xiv secolo per indicare un fascio di legna da ardere. Andando ancora più indietro, foaile viene da un termine del diritto latino, focalia, concernente il diritto di domandare del materiale utile per accendere il fuoco; per andare, cioè, a procurarsi carburante. Questo diritto, ciò che Marx chiama “diritto consuetudinario” del povero, verrà duramente messo in discussione nel periodo di transizione verso il capitalismo. Focalia è il neutro plurale del latino focalis, ciò che ha a che fare col focolare, da focus. Si ricordi che il greco, il latino stesso e poi le lingue romanze, possiedono altre parole per dire la materia che ha a che fare col fuoco, in primo luogo pyr, pyròs (per il greco) e ignis (per il latino). Inoltre la parola italiana “carburante” deriva dal latino carbo, che significa carbone di legna e viene dalla stessa radice indoeuropea, *ker-, “bruciare”, da cui deriva anche l’antico termine inglese hearth, “focolare”.